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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 22-08-2016

Un ictus su tre nel mondo legato all’inquinamento



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Identificati i dieci fattori di rischio più comuni per l’ictus. Cresce il peso dell’inquinamento, oltre a ipertensione, fumo e dieta. Tre quarti dei casi si potrebbero prevenire

Un ictus su tre nel mondo legato all’inquinamento

L’inquinamento atmosferico, compreso l’inquinamento dell’aria che si produce in casa, si è rivelato corresponsabile di un terzo dei casi di ictus nel mondo. Lo ha accertato un’analisi sistematica dei dati del Global Burden of Disease Study, studio multicentrico condotto dal 1990 al 2013, pubblicata su The Lancet. Un responso impressionante accompagnato da un’altra indicazione impressionante che tuttavia può volgersi in speranza: il 90 per cento dei fattori di rischio registrati sono modificabili e il 74 per cento sono fattori legati al comportamento individuale, come fumare, seguire una dieta povera, fare scarsa attività fisica. I ricercatori hanno concluso che ben tre quarti di tutti gli ictus nel mondo si potrebbero prevenire. Per la prima volta è stata condotta un’indagine così generale e, pure, dettagliata per regioni coinvolgendo 188 Paesi, passati al vaglio di 17 fattori di rischio. Sono 15 milioni le persone che ogni anno nel mondo vengono colpite da un ictus: di queste 6 milioni muoiono, 5 restano segnate da disabilità permanenti di vario tipo e grado.


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I 10 RISCHI MAGGIORI

A livello globale i primi 10 fattori di rischio sono risultati: ipertensione, scarso consumo di frutta, alto indice di massa corporea (sovrappeso e obesità), dieta con troppo sodio, fumo, scarso consumo di verdure, inquinamento ambientale, inquinamento domestico da impiego di combustibili solidi, dieta con pochi cereali integrali, alti livelli di zucchero nel sangue. «Colpisce nel nostro studio che ci sia una così alta percentuale ambientale, che non ci si aspettava, e che si verifichi in particolare nei paesi in via di sviluppo», ha osservato il professor Valery L Feigin dell’Università di Aukland (Nuova Zelanda), leader del gruppo dei ricercatori. «Le nostre scoperte possono ispirare le politiche governative di promozione della salute pubblica, considerando anche che gran parte dei fattori di rischio dipendono da stili di vita non corretti. Possono aiutare sia le tasse sui beni nocivi sia l’educazione a comportamenti sani».

 

IL RISCHIO FUOCO DI LEGNA 

Per entrare in qualche dettaglio su The Lancet si legge:

- L’inquinamento dell’aria in casa è un fattore di rischio importante soprattutto nei paesi africani del sub-Sahara e del sud dell’Asia

- La scarsa attività fisica si manifesta come forte fattore di rischio per le persone sopra i 70 anni e che abitano nei Paesi sviluppati

- Globalmente si è molto ridotta l’esposizione al fumo passivo, in particolare nei Paesi sviluppati

- Sempre in questi Paesi è parecchio aumentato come fattore di rischio per l’ictus l’alto consumo di bevande ricche di zucchero

- L’inquinamento ambientale, il fumo, la pressione alta del sangue e i rischi legati all’alimentazione hanno un peso maggiore nei Paesi in via di sviluppo.

- Nessuna differenza si è rilevata tra i vari fattori di rischio relativamente alla tipologia di ictus, ischemico oppure emorragico.

 

NON E’ UN PROBLEMA DI CITTA’

Due commentatori inglese e iraniano osservano: «Sapevamo del danno che l’inquinamento dell’aria provoca ai polmoni, al cuore, al cervello, ma che sia addirittura alla base di un terzo degli ictus è molto allarmante. Tanto più che non si tratta di un problema delle grandi città, l’aria circola attraversando oceani e continenti, quel che accade a Pechino conta anche a Berlino. L’inquinamento dell’aria è uno degli aspetti dell’uso di combustibile fossile e del riscaldamento globale, i quali a loro volta sono un esito dei processi di occidentalizzazione e di urbanizzazione, specie in India e in Cina. Si pensi che nel 1900 il 15 per cento della popolazione mondiale viveva in città, oggi più della metà».

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PIU’ A RISCHIO LE DONNE

«Anch’io ho partecipato a questa ricerca», esordisce Valeria Caso, neurologa presso la Stroke Unit dell’Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, da maggio Presidente dell’European Stroke Organization. Anche lei manifesta stupore per la grandissima importanza riscontrata sul peso dell’inquinamento atmosferico. E specifica: «Nei Paesi della zona subsahariana la cucina viene fatta con il fuoco di legna dentro le case, e questo crea un inquinamento domestico cui sono esposte in particolare le donne sia perché cucinano sia perché passano più tempo in casa. Sono loro le più a rischio». Quanto ai Paesi occidentali, è avvenuto un grande cambiamento: «Si è di molto abbassata l’età classica dell’ictus: non è più tipico del grande anziano, evidentemente è stato educato bene e si cura, fa prevenzione. Oggi sono a rischio le persone tra 45 e 64 anni. Un tempo per chi lavorava troppo, si stressava, l’incubo era l’infarto. Oggi meno, sono diminuiti gli infarti, ma è avanzato l’ictus».


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NECESSARIO PREVENIRE

Perché? «Non si sa, secondo me perché abbiamo lavorato bene sulla prevenzione riguardante il cuore, ora ci stiamo interrogando su che cosa dobbiamo fare per contrastare lo stroke, in modo che non si verifichi. Perché c’è una bella differenza: dopo l’infarto la persona, se ben curata, può riprendere la sua vita, il suo lavoro; non così, se non in alcuni fortunati casi, con l’ictus: lascia delle disabilità. Sì, i farmaci sono migliorati, ma bisogna fare in modo che non si verifichi». Un confronto emerso dallo studio in 188 Paesi: «Abbiamo molti più ictus nei Paesi in via di sviluppo (io temo una vera e propria “bomba”) e abbiamo un’età più bassa per l’ictus nel nostro mondo. Però… però siccome l’ictus è scientificamente definito “una malattia prevenibile”, qualcosa possiamo fare. Vogliamo, e possiamo, cambiare la storia delle malattie prevenibili», conclude Caso.

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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