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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 19-02-2015

Glioblastoma: una speranza chiamata immunoterapia



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Al via uno studio per valutare gli effetti di una cura che stimola il sistema immunitario a combattere il tumore. L'obbiettivo è quello di ripetere i risultati straordinari del melanoma

Glioblastoma: una speranza chiamata immunoterapia

Nonostante la lotta al cancro abbia fatto passi da gigante ci sono tumori su cui purtroppo la medicina può fare poco. Uno di questi è il glioblastoma, una delle neoplasie più aggressive che colpisce il cervello. Eppure qualcosa comincia a muoversi. La speranza viene da un'innovativa branca dell'oncologia: l'immunoterapia. A testimoniarlo è l'avvio del primo studio al mondo per l'utilizzo di questo approccio nel glioblastoma. Una sperimentazione tutta italiana che avverrà a Siena sotto il controllo del professor Michele Maio, direttore dell'Immunoterapia Oncologica dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese e considerato uno dei pionieri della disciplina.


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NON PIU’ ETERNA PROMESSA

«Negli ormai vecchi libri di medicina la lotta al cancro era rappresentata da tre cerchi: chirurgia, radioterapia e chemioterapia. Una visione ormai antica che deve essere aggiornata con l'aggiunta di un ulteriore cerchio rappresentato di diritto dall'immunoterapia. Non più un'eterna promessa ma una realtà». spiega il professore. Non è un caso che l'ultimo convegno ASCO di Chicago, il più importante appuntamento mondiale per l'oncologia clinica, abbia visto proprio questa disciplina come protagonista indiscussa dell'evento.

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POTENZIARE LE NOSTRE DIFESE

Tecnicamente l'immunoterapia sfrutta ciò che il nostro corpo, quando funziona, riesce a fare alla perfezione: difenderci da tutto ciò che è estraneo e potenzialmente dannoso. Diversi studi nel passato hanno dimostrato che il sistema immuntario in presenza di cellule tumorali si attiva per cercare di eliminarle. «Partendo da questo presupposto l'idea che ci è venuta in mente è stata quella di aiutare e potenziare il sistema immunitario al fine di eliminare il tumore. Un'intuizione che solo qualche anno fa veniva vista con poco entusiasmo da parte degli oncologici. A Siena siamo stati i primi a crederci», spiega l'esperto. Un piccolo gruppo destinato però a cambiare radicalmente la storia dell'oncologia.


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IMPARARE DAL MELANOMA

Il tumore che ha fatto scuola è il melanoma: prima dell'avvento dell'immunoterapia la sopravvivenza - in caso di metastasi - non superava 3-4 mesi. Oggi, grazie a questo approccio, ci sono persone addirittura vive a dieci anni dalla diagnosi. Ma è osservando l'andamento del melanoma che il professor Maio ha deciso di concentrarsi sul glioblastoma. «Una delle sedi più comuni dove è possibile localizzare le metastasi di melanoma è il cervello. Trattando i malati con ipilimumab, il farmaco che ha fatto da apripista in campo immunoterapico, abbiamo sorprendentemente visto che in alcuni casi le metastasi si stabilizzavano e in alcuni casi regredivano. Un risultato straordinario e inaspettato poiché mai avremmo pensato che un farmaco potesse raggiungere il cervello e agire con successo», continua Maio.


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IL CASO DEL GLIOBLASTOMA

Ed è partendo proprio da questo dato, dalla scuola melanoma, che ora si proverà a verificare la bontà di questo approccio anche nel glioblastoma. Per fare ciò verrà utilizzato un nuovo anticorpo, ideato partendo dagli ottimi risultati ottenuti nell'utilizzo dell'immunoterapia in altre forme di tumori come melanoma e cancro al polmone, diretto contro una molecola chiamata PD1 implicata nello spegnimento della risposta immunitaria. Ciò che si verifica in questo modo è una maggiore risposta da parte delle cellule del nostro sistema immunitario. «Abbiamo trattato i primi quattro pazienti a gennaio e ne inseriremo altri nei prossimi mesi», spiega Maio. I pazienti che potranno essere inseriti nella sperimentazione sono quelli che hanno già effettuato, senza successo, il trattamento standard previsto per questa malattia e cioè una combinazione tra radioterapia e chemioterapia. «Nella lotta ai tumori non c'è una ricetta precisa e standard. Molto contano le terapie combinate, il cancro va affrontato su più fronti. La speranza è che il glioblastoma possa ricalcare quanto fatto con il melanoma», conclude il professore.


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PROSPETTIVE FUTURE

Ma le novità non finiscono qui perché la ricerca nella cura del glioblastoma sta facendo ulteriori passi. Questa settimana la prestigiosa rivista Science Translational Medicine, in uno studio ad opera dei ricercatori della University of Pennsylvania, ha dato notizia dell'avvio di uno studio di fase I che utilizzerà alcune cellule immunitare ingegnerizzate nel trattamento del glioblastoma. Un ulteriore tassello nella lotta a questo tumore ancora difficile da affrontare.


Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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