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Oncologia
Donatella Barus
pubblicato il 27-10-2015

La carne non è «come» il fumo



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Paragonare il rischio dei salami (meno ne mangiamo meglio è) a quello delle sigarette non è un approccio corretto. Ecco perchè

La carne non è «come» il fumo

Il dubbio è venuto dopo la comunicazione dell’Istituto per la Ricerca sul Cancro di Lione (IARC), che ha reso noto di avere incluso le carni processate nel gruppo 1 di prodotti cancerogeni per l’uomo, cioè quelli che hanno dimostrato con certezza di essere associati allo sviluppo di tumori. E ha classificato le carni rosse nel gruppo 2°, ovvero “probabili” cancerogeni per l’uomo.

 

Anche la carne processata fra le cause di tumore - Il documento IARC, i consigli degli esperti

 

LA CLASSIFICAZIONE

Nel gruppo dei cancerogeni certi, oltre a insaccati e simili, si possono trovare il fumo di sigaretta e l’amianto, come da più parti ricordato dai mezzi di informazione. Ma anche le radiazioni solari e quelle delle lampade abbronzanti, il papillomavirus, le terapie estroprogestiniche per la menopausa, le aflatossine, le polveri sottili, la polvere di legno. In quelli probabili oltre alle carni rosse, il lavoro notturno. In tutto oltre 400 sostanze su 900 esaminate da 45 anni a questa parte sono risultate cancerogeni certi, probabili o possibili per l’uomo. Traduzione offerta da molti: la carne è pericolosa come l’amianto, come il fumo. Non è un approccio corretto e cerchiamo di capire il perché.

 

COSA DICE LO IARC

Cosa accomuna i prodotti inclusi nelle classificazioni IARC? Sono elementi eterogenei fra loro (di natura chimica, fisica, ci sono stili di vita, virus, farmaci…) e per tutti è stato provato un legame con l’insorgenza di tumori, più o meno evidente a seconda del livello: 1 (legame certo), 2A (probabile), 2B (possibile), 3 (non classificabile), 4 (probabilmente non cancerogeno). La domanda a cui rispondono i ricercatori dell’IARC è: questa cosa causa il cancro? Esaminano la letteratura scientifica esistente e cercano di dare una risposta, che può essere: sì, probabilmente sì, forse sì, non si sa, no. E’ un’informazione importantissima, necessaria per ridurre al massimo i rischi oncologici da esposizione ambientale. Ma non significa che questi prodotti siano tutti pericolosi allo stesso modo, ed è bene esserne consapevoli per non finire ad appiattire e svalutare i corretti messaggi di prevenzione.

 

MISURARE IL RISCHIO

«Si parla di rischi enormemente diversi», commenta Roberto Boffi, medico pneumologo, responsabile della Fisiopatologia respiratoria e del Centro antifumo dell’Istituto nazionale dei tumori (INT) di Milano. «Tanto per cominciare, una sigaretta contiene circa 62 cancerogeni certi secondo l’IARC». Ma si possono confrontare una bistecca e una sigaretta? Ha senso? L’operazione è ardua e probabilmente più di uno statistico alzerebbe un sopracciglio, ma ci pare importante. Non tanto per stilare una classifica dei rischi (la salute si protegge tanto curando la dieta e evitando il consumo eccessivo di carne, quanto stando alla larga dal tabacco). Piuttosto per dare un significato equilibrato in chiave di prevenzione.

 

IL RISCHIO RELATIVO

Per confrontare una bistecca e una sigaretta, dicevamo, dobbiamo ricorrere al concetto di “rischio relativo”, RR o risk rate. Esprime il rischio di sviluppare una data malattia di un soggetto esposto a un fattore x, in confronto a un altro soggetto che invece non è esposto al fattore x. Ad esempio, ci spiegano dall’INT, «stando ai dati del One Million Women Study, pubblicati su Lancet nel 2013, il rischio relativo di tumore al polmone di una fumatrice media è di 21,4 rispetto a quello di una non fumatrice (pari a 1)». Sulla carne, «dal grande studio EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition) emerge un RR pari a 2,2 per il tumore del colon per le carni conservate e non, mentre da una metanalisi del World Cancer Research Fund (WCRF) l'RR è di 1,18-1,19». Roberto Mazza, referente dell'Ufficio relazioni con il pubblico dell'INT, aggiunge: «Da molti anni cerchiamo di tradurre le ricerche in consigli per la prevenzione del cancro, per il benessere e la qualità della vita dei pazienti. Sul tema diamo come Istituto i consigli del WCRF, molto chiari sulla carne e gli insaccati (da limitare gli uni ed evitare gli altri) e terminano con un comunque non fare uso di tabacco». 

 

ANCORA TROPPA CARNE

Detto ciò, è importante cogliere l’avvertimento che arriva dalle istituzioni di ricerca internazionali e riflettere sulla lista della spesa, tenuto conto che secondo i dati resi noti da Assocarne gli italiani consumano ancora circa 78 kg di carne pro capite l’anno, secondo quelli dell’ex Inran molti meno, circa 40 kg l’anno. Comunque ben oltre la soglia dei 500 grammi a settimana raccomandati dagli esperti.

 

Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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