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Alimentazione
Fabio Di Todaro
pubblicato il 09-07-2013

Dimmi come mangi e ti dirò quanto vivi



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Uno studio internazionale dimostra come le abitudini alimentari scorrette aumentino i rischi per la salute e accorcino l'attesa di vita. Nel confronto tra diverse diete quella mediterranea rimane l'elisir di lunga vita

Dimmi come mangi e ti dirò quanto vivi

Per diventare vecchi nel migliore dei modi, mantenendo l’integrità fisica e una buona capacità di memoria, le prime correzioni devono essere apportate a tavola.

Se è ormai noto il ruolo preventivo della dieta mediterranea, oggi sappiamo che alterare la nostra storia alimentare  peggiora l’invecchiamento, considerato come un processo determinato da più componenti.

COME QUEL CHE MANGIAMO PUO' RENDERCI SANI O MALATI?

L’EVIDENZA 

Sempre più spesso anche nel Meridione, dove la dieta mediterranea è nata, le abitudini alimentari stanno cambiando.

Non esistono alimenti buoni o cattivi, ma sono i rapporti a essere spesso invertiti: a vantaggio di cibi fritti, carne rossa, condimenti, bevande zuccherate e cereali raffinati, che nella nostra piramide alimentare occupavano in origine le posizioni più alte (erano dunque assunti con minor frequenza).

Perciò diversi studiosi si stanno concentrando sugli effetti di questi cibi sulla nostra salute. Uno studio multicentrico condotto tra diversi atenei europei e pubblicato su The American journal of Medicine ha dimostrato quale sia l’impatto della dieta sui fenotipi di invecchiamento. Risultato: dei 5.350 adulti (tra i 35 e i 55 anni) coinvolti nell’indagine, quelli con abitudini alimentari “occidentalizzate” erano invecchiati peggio, al controllo effettuato dopo 16 anni. «È l’ultima pubblicazione che corrobora, anche se indirettamente, i dati a sostegno della dieta mediterranea - spiega Lorenzo Maria Donini, docente di scienze dell’alimentazione all’università Sapienza di Roma -. Lo studio non indaga a fondo tra i pazienti che rientrano in età geriatrica, mentre oggi invece sappiamo che la dieta mediterranea può essere utilizzata con funzione preventiva anche negli over 65».

Nell’indagine i ricercatori hanno anche valutato il valore di AHEI, un indice alternativo di sana alimentazione utilizzato in alcuni casi per la stesura delle linee guida. Alti punteggi (fino a 85) corrispondono a un ridotto rischio di insorgenza del diabete di tipo II e della sindrome metabolica.

LE COMPLICANZE 

Quando si parla di invecchiamento ideale, si intende la possibilità di ridurre i rischi cardiovascolari, metabolici, respiratori, funzionali, mentali e cognitivi.

Tutti aspetti che risultano tutelati dall’adesione a un regime alimentare di tipo mediterraneo.

Fondamentale, però, è abbinare a una corretta alimentazione una sufficiente attività fisica, alla base di un salutare stile di vita. Consumare alimenti stagionali prodotti nelle zone in cui viviamo e condividere i pasti sono comportamenti che ci aiutano ad avvertire meno i segni degli anni che passano.

Dei 159 soggetti dello studio che avevano dichiarato di non consumare carne o di farlo in rare occasioni, nessuno ha fatto rilevare differenze significative in termini di invecchiamento. Due le possibili spiegazioni: bassa potenzialità statistica o ridotto effetto preventivo di una dieta strettamente vegetariana.

Donini: «Nel soggetto sano la carne rossa non deve essere eliminata, ma consumata al massimo due volte alla settimana». Le altre raccomandazioni le ha ribadite il gruppo di ricercatori: «La dieta modello si caratterizza per l'assunzione di verdura, frutta e pesce.

Un effetto benefico sull’invecchiamento è dovuto all'elevato contenuto di antiossidanti nei vegetali e di acidi grassi omega-3 contenuti nel pesce azzurro».

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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