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Alimentazione
Fabio Di Todaro
pubblicato il 13-03-2017

Riso rosso fermentato utile per il colesterolo alto? I dubbi degli esperti



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Si usano per controllare i livelli di colesterolo nel sangue. Ma gli integratori a base di riso rosso fermentato possono dare effetti collaterali e la loro efficacia resta da provare

Riso rosso fermentato utile per il colesterolo alto? I dubbi degli esperti

Gli integratori a base di riso rosso fermentato sono largamente utilizzati anche in Italia per tenere sotto controllo il livello del colesterolo nel sangue, che se troppo elevato rappresenta un fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, prima causa di morte nei Paesi occidentali.

Ma pur non essendo riconosciuti come veri e propri farmaci, ciò non toglie che possano dare origine a effetti collaterali. Motivo per cui la loro assunzione, esattamente come accade per le statine, deve essere tenuta sotto stretto controllo da parte di un medico.

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

Alzare il colesterolo buono non serve a contrastare il cattivo

 

IL RUOLO DELLA MONACOLINA K

Da qualche anno gli integratori contenenti riso rosso fermentato sono entrati a far parte della strategia di prevenzione cardiovascolare. Merito di una sostanza in esso contenuta, la monacolina K, che come spiega Roberto Da Cas, ricercatore del centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità, «ha un effetto paragonabile a quello delle statine, sostanze che invece sono contenute nei farmaci anticolesterolo». Con tutti i pro e i contro di questi ultimi, però: compresi gli effetti indesiderati.

Colesterolo nel sangue: come interpretare correttamente i valori

 


LO STUDIO

Su questi si sono concentrati gli scienziati italiani, che in una ricerca pubblicata sul British Journal of Clinical Pharmacology hanno approfondito il profilo di rischio degli integratori contenenti riso rosso fermentato attraverso l’analisi delle segnalazioni spontanee di sospette reazioni avverse pervenute al sistema di fitosorveglianza dell’Istituto Superiore di Sanità. Nel lavoro sono stati riportati i dati raccolti dal 2002 al 2015.

Sono state documentate 55 reazioni avverse provocate dagli integratori a base di riso rosso fermentato: consistenti in dolori muscolari, rabdomiolisi (rottura delle cellule muscolari), reazioni gastointestinali, danni epatici e reazioni cutanee. L’età media dei pazienti - il settanta per cento di loro donne - era di 64 anni e in quasi la totalità dei casi l’associazione con il consumo di integratori a base di riso rosso fermentato è risultata certa, probabile o possibile.

Un’evidenza peraltro non nuova, se già nel 2013 l’Agenzia per la sicurezza alimentare francese, citando alcuni dati nazionali, aveva invitato alla prudenza nell’assunzione di questi prodotti, reperibili anche nelle parafarmacie e nei supermercati. 

QUANDO E COME CONTROLLARE
I LIVELLI DI COLESTEROLO? 

 

INTEGRATORE NON E' SINONIMO DI SICUREZZA

L’utilizzo degli integratori a base di riso rosso fermentato è di norma di due tipi: spontaneo (il meno prudente) o indicato dallo specialista dopo aver verificato l’intolleranza di un paziente al farmaco. Dalla ricerca emerge come il profilo di rischio di questi prodotti di origine naturale - - sia del tutto paragonabile a quello delle statine, che assieme agli antipertensivi (sartani e Ace-inibitori) rappresentano i farmaci più prescritti in Italia.

Un’evidenza che, secondo i ricercatori, suggerisce di «continuare a monitorare la sicurezza degli integratori alimentari, al fine di definire meglio il loro profilo di rischio».


Il colesterolo cattivo si vince con una buona alimentazione 
 

 

LA MONACOLINA K

A ciò occorre aggiungere che ulteriori riscontri sono richiesti anche in merito alla presunta capacità della monacolina K di elevare i livelli del colesterolo Hdl. Anche in questo senso l’utilizzo degli integratori, al fine di raggiungere il miglioramento del profilo lipidico, sarebbe stato sdoganato in assenza di prove oltremodo solide.

È quanto si evince dalla lettura di una metanalisi pubblicata sulla rivista BioMed Research International, da cui emerge che «l’unico studio che mostra evidenze solide è stato condotto su un gruppo ampio di pazienti cinesi che avevano già avuto un infarto del miocardio - spiega Mariangela Rondanelli, docente di scienze e tecniche dietetiche applicate all’Università di Pavia -. Ciò non esclude un possibile effetto protettivo nella prevenzione primaria, ma l’uso di questi integratori nella pratica clinica dipenderà dall’identificazione, dalla caratterizzazione e dallo sviluppo di preparati a base di riso rosso fermentato formulati dopo aver provato in maniera solida un’efficacia nel miglioramento dell’assetto lipidico».

 

 

FITOTERAPIA E SALUTE DEL CUORE

Un disco giallo nei confronti dei prodotti di origine vegetale usati per la prevenzione cardiovascolare - con indicazioni per il trattamento dell’ipertensione arteriosa, dello scompenso cardiaco, della cardiopatia ischemica, e dell’arteriopatia periferica - è giunto infine dai ricercatori del centro di medicina dell’invecchiamento dell’Università Cattolica, che in un lavoro apparso sull’American Journal of Cardiology hanno documentato la scarsa efficacia e sicurezza di 42 sostanze erboristiche: tra cui l’aglio, il cardo mariano, il biancospino, l’olio di lino, la soia, il verde e il ginseng. Il loro impiego, secondo gli estensori del documento, interferirebbe inoltre con l’assunzione dei farmaci tradizionali e potrebbe determinare un «allontanamento» dalle terapie convenzionali. «L’utilizzo dei fitoterapici per il trattamento delle malattie cardiovascolari non è supportato da adeguate evidenze scientifiche - conclude Rossella Liperoti, geriatra del policlinico Gemelli e autore della ricerca -. I medici devono comunicare adeguatamente con i pazienti, poiché in molti casi l’utilizzo non viene dichiarato».
 

I miei livelli di colesterolo sono un po’ alti. Posso intervenire con la dieta senza ricorrere ai farmaci?

Se i valori di colesterolo non superano di molto le soglie raccomandate, è possibile correre ai ripari lavorando sulla dieta e cercando di limitare soprattutto i nutrienti capaci di aumentare i livelli di colesterolo LDL, quello che viene definito “cattivo” e che si contrappone al colesterolo HDL (“buono”).

Attenzione quindi ai grassi in generale, ma soprattutto a quelli saturi, presenti in cibi come carne, cioccolato, dolci e alimenti fritti o lavorati, e a quelli trans, che si trovano per esempio nelle in alcuni grassi solidi come le margarine e nei prodotti che li contengono. Via libera invece ai cibi ricchi di fibre solubili che aiutano a ridurre l’assorbimento dei grassi a livello dell’intestino: cereali integrali, frutta e legumi sono adatti allo scopo.

Il pesce è importante con il suo contributo in acidi grassi buoni (Omega-3) che aiutano a migliorare i livelli di colesterolo HDL. La strategia TLC (Therapeutic Lifestyle Changes) è un programma utile per gestire i livelli di colesterolo e si basa su dieta, attività fisica e gestione del peso.

Scarica il manuale "Alimentazione e salute" per saperne di più

 

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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