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Cardiologia
Serena Zoli
pubblicato il 16-08-2016

Tracce di materiale genetico nel sangue per predire l’esito di un arresto cardiaco



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I livelli di microRNA possono indicare il danno neurologico e la sopravvivenza dopo un arresto cardiaco. E permettere cure e personalizzate

Tracce di materiale genetico nel sangue per predire l’esito di un arresto cardiaco

In presenza di un arresto cardiaco un intervento immediato ed efficace è basilare sia per scongiurare un esito nefasto sia per contenere i danni in chi sopravvive. Grazie alle conoscenze sul Dna, la medicina va divenendo sempre più personalizzata e sta avvicinandosi alla meta di poter predire quale esito avrà quell’arresto cardiaco in quel tale paziente così da permettere di ottimizzare l’assistenza medica e terapeutica, costruendo rapidamente una cura “su misura”. 


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UNA SPIA DAL DNA

Sulla rivista Jama Cardiology è comparso uno studio di vari centri europei indicante la possibilità che più alti livelli di microRna “miR-124-3p”, frammenti genetici presenti nel sangue, possano predire la sopravvivenza e gli esiti neurologici dopo l’arresto cardiaco. La ricerca è stata fatta su 579 pazienti e in quelli con maggiore presenza di questo microRna la prognosi si è rivelata peggiore. Altri studi sono necessari su questa scia, dicono gli autori della ricerca e lo conferma Gualtiero Colombo, responsabile dell’Unità di ricerca di Immunologia e Genomica funzionale al Centro cardiologico Monzino di Milano. «Il richiamo alla medicina personalizzata sta in questo: capire che patologia sottostante o evento ha causato l’arresto cardiaco vuol dire scegliere una certa terapia piuttosto che un’altra. Punto due: anche se la cura applicata è la stessa, diverso è ciascuno di noi e può avere qualche patologia», spiega il dottor Colombo. Non si sa, aggiunge, perché questi piccoli prodotti del Dna si trovino nel sangue: può essere che costituiscano “segnali” tra le cellule dei vari distretti corporei.

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I DANNI RESTANO

E quali possono essere gli esiti in chi sopravvive a un arresto cardiaco? Ci sarà chi ne esce anche senza conseguenze… «E’ difficile», è la risposta. «Il cervello resiste pochissimo senza ossigeno e a seconda delle zone che ne sono rimaste prive si possono manifestare paralisi, infarti cerebrali, la perdita della parola. Certo, se si interviene subito col defibrillatore, i danni saranno contenuti». Il defibrillatore deve il suo nome al fatto che l’arresto cardiaco si manifesta quando il cuore inizia a vibrare e a battere a forte velocità (fibrillazione), senza più riuscire a pompare il sangue in tutto il corpo.


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GLI INFARTI? ALMENO 5

Il dottor Gualtiero Colombo informa che altri tipi di microRna presenti nel sangue sono allo studio in vari centri per ottenere diagnosi e previsioni più veloci e accurate. Anche al Monzino. «Noi stiamo studiando specifici piccoli prodotti di Dna per le malattie coronariche: in presenza di infarto o dolore da angina i loro valori si innalzano rapidamente. Siamo ancora lontani dal poter prevenire, ma sulla diagnosi siamo molto avanti. Si consideri», conclude il dotto Colombo, «che si dice genericamente infarto, come fosse uno solo. Invece di infarti ce ne sono almeno cinque tipi differenti».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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