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I nostri ricercatori
Chiara Segré
pubblicato il 30-10-2016

Una vita attiva fa bene anche al Dna



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Il movimento influenza positivamente la nostra salute, andando ad agire fin sul nostro Dna, rallentando i processi di invecchiamento. Come? Capirlo è l’obiettivo di Ivan di Mauro, biologo sostenuto dalla Fondazione Umberto Veronesi

Una vita attiva fa bene anche al Dna

Cento anni. Secondo alcune stime, oltre la metà dei nati dal 2000 in poi nei paesi sviluppati festeggerà un secolo di vita, e questo grazie alle migliori condizioni di vita rese possibili dai progressi di scienza e tecnologia. Il cambiamento demografico degli ultimi decenni ha rivoluzionato  gli assetti delle nostre società. In Italia sono oltre 13 milioni le persone oltre i 65 anni. Viviamo, e vivremo, sempre più a lungo. Ma come invecchiamo? Proprio l’invecchiamento progressivo della popolazione ha determinato un aumento di malattie croniche tra cui l'obesità, le malattie cardiovascolari, il diabete e i tumori, direttamente collegate a fattori di rischio comportamentali come errata alimentazione, inattività fisica e abuso di alcol e fumo.  Gli stimoli ambientali sono in grado di dialogare fin nel livello più intimo del nostro essere: il nostro patrimonio genetico. Il Dna può essere modificato in modo dinamico e reversibile (modificazioni epigenetiche) influenzando la nostra salute. In che modo l’attività fisica, agendo tramite questi meccanismi, può diventare uno strumento per rallentare, o velocizzare, il declino fisiologico durante l’invecchiamento? A questa domanda cerca di rispondere Ivan Di Mauro (nella foto), ricercatore all’Università di Roma Foro Italico, sostenuto nel 2016 dalla Fondazione Umberto Veronesi. 

Ivan, raccontaci nei dettagli il tuo progetto di ricerca.

«Aver trovato questo marcatore di selezione molecolare fa si che invece di sottoporre il paziente alla chemioterapia in prima linea, si passi direttamente all’immunoterapia, con un cambio di marcia straordinario nella qualità di vita del paziente»Ormai sappiamo che l'esercizio fisico praticato con regolarità e a qualsiasi età ha un effetto anti-invecchiamento capace di ridurre l’incidenza di molte malattie croniche. È stato recentemente dimostrato che uno specifico allenamento di forza in soggetti anziani è utile nel determinare un aumento della forza e della potenza muscolare, con un adattamento sistemico dei sistemi antiossidanti e di altre proteine normalmente indotte dallo stress fisico. Tuttavia, non è ancora chiaro come l’attività fisica possa contrastare il processo di invecchiamento. L’obiettivo del mio progetto è fornire informazioni sul ruolo dell'attività fisica come promotore di alcuni dei cambiamenti epigenetici e molecolari volti a migliorare la stabilità del nostro materiale genetico: il DNA. E poiché il DNA è il “manuale di istruzioni” dell’organismo, questo effetto si ripercuote sulle cellule e su tutto l’organismo, contribuendo a rallentare i processi di invecchiamento».

Quali applicazioni pratiche per la prevenzione potrebbero scaturire dai risultati del tuo studio?

«Aver trovato questo marcatore di selezione molecolare fa si che invece di sottoporre il paziente alla chemioterapia in prima linea, si passi direttamente all’immunoterapia, con un cambio di marcia straordinario nella qualità di vita del paziente»I risultati ottenuti permetteranno di migliorare le nostre conoscenze sul ruolo dell'esercizio fisico come strumento capace di rallentare il declino fisiologico durante l’invecchiamento, da usare come forma di prevenzione primaria. Inoltre, potremo anche sviluppare un approccio completo e non invasivo per monitorare specifici parametri molecolari relativi alla salute dell’individuo».

Cosa ti piace di più della ricerca?

«Aver trovato questo marcatore di selezione molecolare fa si che invece di sottoporre il paziente alla chemioterapia in prima linea, si passi direttamente all’immunoterapia, con un cambio di marcia straordinario nella qualità di vita del paziente»Mi aiuta a capire quanto è poco quello che noi sappiamo. Non si finisce mai di imparare, ci si rende conto che ogni traguardo raggiunto è una delle tante tappe del nostro percorso conoscitivo. Ogni giorno si hanno stimoli diversi che ci portano a fare cose nuove».

Quale figura ha ispirato la tua vita?

«Aver trovato questo marcatore di selezione molecolare fa si che invece di sottoporre il paziente alla chemioterapia in prima linea, si passi direttamente all’immunoterapia, con un cambio di marcia straordinario nella qualità di vita del paziente»Il mio riferimento è sempre stato mio padre: un uomo che  ha dedicato al lavoro il massimo della sua capacità e professionalità, andando avanti di giorno in giorno. Da lui ho imparato che non esistono ostacoli insuperabili, dobbiamo solamente capire come fare».

Qual è la cosa di cui hai più paura e ciò che ti fa arrabbiare?

«Aver trovato questo marcatore di selezione molecolare fa si che invece di sottoporre il paziente alla chemioterapia in prima linea, si passi direttamente all’immunoterapia, con un cambio di marcia straordinario nella qualità di vita del paziente. Mi spaventa la fine della vita, il pensiero che da un momento all’altro potrebbe finire tutto. L’inadeguatezza delle persone nei loro posti di lavoro, l’incapacità e la poca volontà a cambiare le cose sono le cose che mi fanno più arrabbiare». 

Come ti vedi fra dieci anni?

«Aver trovato questo marcatore di selezione molecolare fa si che invece di sottoporre il paziente alla chemioterapia in prima linea, si passi direttamente all’immunoterapia, con un cambio di marcia straordinario nella qualità di vita del paziente»La mia più grande speranza è di continuare sulla strada della ricerca, possibilmente con qualche certezza in più dal punto di vista lavorativo».

Se ti dico scienza e ricerca, cosa ti viene in mente?

«Futuro e progresso. Se vogliamo continuare a evolverci, dobbiamo continuare a investire in scienza e ricerca». 

 

Chiara Segré
Chiara Segré

Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.


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