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Redazione
pubblicato il 10-09-2015

Quando preoccuparsi per l'extrasistole?



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L'extrasistole non è altro che l'anticipazione di un battito cardiaco. L'extrasistole è determinata anche dallo stato di salute della persona

Quando preoccuparsi per l'extrasistole?

Mi hanno detto che il mio cuore «sfarfalla» e che potrebbe essere colpa dell’extrasistolia. Ma che cos’è questa condizione e che cosa devo fare per accertarmene?

Umberto R, Barga

 

Risponde Annibale Santo Montenero, primario dell'unità funzionale di elettrofisiologia dell'Istituto Clinico Cardiologico di Roma


L’extrasistolia
è una patologia piuttosto frequente. molti ne sono portatori pur senza saperlo, perché nella maggior parte dei casi questa condizione non dà sintomi tanto da venire spesso scoperta in corso di accertamenti per problemi di altra natura. 

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Si definirebbe così la natura prevalentemente benigna delle extrasistoli. Molto dipende anche dalla sede di insorgenza. Infatti se le extrasistoli si sviluppano negli atri hanno, di norma, una valenza di maggiore benignità rispetto a quelle che si manifestano nei ventricoli e che meritano di essere monitorate con maggiore attenzione. La natura dell’extrasistole è determinata anche dallo stato di salute della persona: in un individuo apparentemente sano, fondamentalmente si tratta di un evento benigno, dovuto nella maggior parte dei casi a un mancato o insufficiente apporto di elettroliti, in particolare di potassio.


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L’extrasistole non è altro che l’anticipazione di un battito cardiaco che dà una sensazione di vuoto o di colpo all’interno del torace, prevalentemente dietro lo sterno. Ciò che si avverte non è in realtà, l’extrasistole vera e propria ma il battito successivo che è molto più pieno e intenso, tanto che in alcuni casi la persona riesce a ricordare e a definire l’esatto momento in cui l’extrasistole occorre e a quale evento sia legato. Esistono infatti alcuni fattori di rischio, per lo più legati allo stile di vita, che possono indurne l’insorgenza: fra questi i livelli di colesterolo alto, una alimentazione troppo ricca di grassi.
 

  • l’extrasistolia si accompagna spesso a  una digestione lenta o a reflusso gastroesofageo tanto che recenti studi scientifici, tra cui anche un mio lavoro del 2005, dimostrano che la risoluzione dell’extrasistole può derivare anche dalla normalizzazione delle funzionalità gastriche; 
  • ma anche dall'eliminazione del  fumo che dovrebbe essere totalmente abolito; dal consumo di bevande gassate come: Cola, champagne, vino bianco nelle quali la presenza di bollicine può ‘disturbare’ in qualche misura il cuore;
  • una attività fisica compiuta con avventatezza, come quella praticata dagli sportivi della domenica e/o dai molti italiani che fanno palestra senza avere eseguito una visita specialistica, un test da sforzo e un ECG i quali invece sarebbero fondamentali perché l’utilizzo delle macchine con cui oggi spesso ci si allena implicano sforzi notevolmente diversi del salto alla corda tipico di 50 anni fa, e che richiedono la valutazione dell’idoneità dell’organismo a tollerarli.

Sono invece meritevoli di maggiore attenzione le extrasistole che si verificano in un contesto di malattie cardiache conclamate, come ad esempio nel post infarto, in una cardiomiopatia dilatativa o ipertrofica (ovvero quando il muscolo si sviluppa troppo), nei disturbi della tiroide o dello scambio degli elettroliti.


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Qualunque sia la causa dell’extrasistolia, per stabilirne la supposta benignità o malignità è necessario eseguire innanzitutto una visita cardiologica. Già prestando attenzione al racconto del paziente circa la manifestazione del sintomo, cioè il momento in cui insorge una extrasistole, come si perpetua, come finisce, sarà possibile per lo specialista capire se l’extrasistolia subentra a un periodo di stress o di un momento emozionale delicato, ed è quindi curabile con il semplice riposo o se invece  necessiti di ulteriori accertamenti.


Questi prevedono una visita clinica completa, unita a un monitoraggio Holter il più prolungato possibile (fino anche a 72 ore), un elettrocardiogramma e un test da sforzo. Questi tre esami danno infatti preziose informazioni sullo stato del cuore: in particolare l'Holter permette di capire la perpetuazione e l’insorgenza del fenomeno elettrico in rapporto a orari o determinati eventi; l'elettrocardiogramma di vedere se vi sono alterazioni che possono fare sospettare delle malattie concomitanti, ad esempio una cardiopatia ischemica o ipertensiva, mentre il test da sforzo aiuta a dirimere la natura delle extrasistoli, che saranno benigne se nel corso del test il loro numero diminuisce, e maligne se invece tendono a peggiorare. In questo secondo caso si dovrà poi approfondire il problema con una scintigrafia miocardica e una coronarografia. Un buon inquadramento clinico non solo quindi è necessario, ma consente anche di definire la cura più adeguata che può andare dalla semplice correzione dei fattori di rischio nei casi di extrasistolia benigna sino una terapia farmacologica, e/o ablativa di norma indicata quando l’extrasistole è sostanzialmente benigna, ma sintomatica e in tutti gli altri casi va corretta la patologia di base.



In conclusione mi sento di esprimere un ultimo commento in relazione a un recente studio pubblicato su una prestigiosa rivista americana, che invita a rivalutare l’extrasistole e il concetto di benignità a esso correlato. L’indagine ha preso infatti in considerazione una vasta popolazione sana, senza cioè una condizione clinica di base a cui l’extrasistole potesse essere secondaria, riscontrando in questa fascia selezionata lo sviluppo di una cardiopatia dilatativa successiva esclusivamente a un eccesso di battiti (ectopici) ventricolari rispetto a soggetti normali. Si confermerebbe, quindi, non solo la maggior attenzione dovuta alle extrasistole che insorgono in questa sede del cuore ma anche a rivalutare la presunta innocenza delle extrasistole, anche in soggetti apparentemente in buone condizioni fisiche.

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