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Redazione
pubblicato il 06-11-2013

L’Helicobacter pylori è una fattore di rischio per il tumore allo stomaco?



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Il batterio Helicobacter pylori è correlato al rischio di tumore dello stomaco? Come si trasmette, come si può diagnosticare e trattare?

L’Helicobacter pylori è una fattore di rischio per il tumore allo stomaco?

È vero che l’Helicobacter pylori è un fattore di rischio per il cancro allo stomaco? È possibile la diagnosi precoce di questo batterio?
B.M., Campobasso

Risponde Laila Cattani, responsabile del Servizio di Endoscopia Digestiva e dell’Ambulatorio di Gastroenterologia, Istituto Auxologico Italiano di Verbania

Si è vero. L'Helicobacter pylori è l'unico batterio correlato al tumore nell'uomo, in particolare al linfoma gastrico, benché sembri essere responsabile anche dell'adenocarcinoma dello stomaco secondo una progressione che va dalla gastrite superficiale, gastrite atrofica, atrofia gastrica, metaplasia intestinale, displasia, fino al cancro. La ragione va ricercata nel fatto che questo microrganismo vive in condizioni di estrema acidità, trovando nello stomaco un habitat ideale in cui poter crescere, o in ambienti umidi.

Infatti la trasmissione dell'Helicobacter pylori avviene soprattutto da persona a persona per via oro-orale (con contatti diretti, goccioline di saliva) o per via oro-fecale (il batterio è stato ritrovato sia nelle feci sia nella saliva) oppure attraverso veicoli intermedi come l'ingestione di acqua contaminata, verdure inquinate da acque infette o cibi manipolati con mani non lavate. Esclusi gli importanti fattori predisponenti, quali il fumo, l’alcool e l’assunzione cronica di antinfiammatori non steroidei, come l'aspirina, l'unica prevenzione possibile è il rispetto delle norme igieniche: lavarsi le mani prima di toccare o mangiare gli alimenti e pulizia della bocca, abitudini che sono particolarmente importanti quando si viene a contatto con un bambino piccolo, dato che l'infezione si acquisisce in età pediatrica e persiste in quella adulta. L'individuazione del microrganismo è fondamentale perché i sintomi non sempre sono chiari - la presenza del batterio può restare asintomatica o in altri casi dare adito ad una cattiva digestione – e avviene di norma tramite due test, entrambi non invasivi, ma che hanno una accuratezza diagnostica del 99%.

Il primo è l’Urea Breath Test che si effettua sul respiro (meglio eseguirlo al mattino e a digiuno) e che va a stabilire  il livello di ureasi, un enzima che scinde l'urea nello stomaco liberando acido carbonico ed ammoniaca, mentre il secondo si attua sui campioni di feci. Benché i casi che lo richiedano siano piuttosto rari, questi due test possono essere affiancati anche da una gastroscopia e una biopsia, esami più complessi e invasivi dei precedenti. Una volta accertata la presenza del batterio, la cura consiste nell’eradicazione dell’ospite con una terapia che utilizza due tipi diversi di antibiotico combinati con un inibitore della pompa protonica (un enzima che si trova nelle cellule dello stomaco e produce acido), detto anche "protettore dello stomaco". Ciò che resta da capire e su cui la ricerca sta ancora studiando, è quanto possa essere risolutiva l'eliminazione del batterio nella regressione della malattia gastrica o nella prevenzione della sua evoluzione verso la malignità. 

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