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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 12-04-2017

Disturbo ossessivo-compulsivo: verso cure personalizzate



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L’assenza di una proteina nelle aree cerebrali è associata al disturbo ossessivo-compulsivo. Già individuati altri geni. Si va verso una terapia personalizzata?

Disturbo ossessivo-compulsivo: verso cure personalizzate

Che cosa spinge a lavarsi, ri-lavarsi, lavarsi ancora fino a scorticarsi la pelle o addirittura a non uscire di casa per non abbandonare acqua e sapone? Oppure cosa c’è, per altri, sotto il terrore dei batteri che non gli permetterà mai di toccare una maniglia e gli ha fatto salutare come una piccola liberazione l’arrivo delle porte che si aprono da sé? Sono persone affette dal disturbo ossessivo-compulsivo che colpisce, almeno una volta nella vita, il due per cento della popolazione generale e che è caratterizzato da pensieri intrusivi persistenti, che non danno requie, contro i quali i malati di Doc mettono in atto comportamenti ritualizzati ripetitivi, come non calpestare mai le righe sul marciapiede, uno degli esempi più noti.

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L’INDIZIO DI UNA PROTEINA

Il disturbo ossessivo-compulsivo è  difficile da sopportare, un disturbo anche difficile da affrontare per psichiatri e ricercatori. Il mistero sulla sua origine è ancora fitto. Ora dall’Università di Wuerzburg, in Germania, arrivano i risultati di una ricerca che individua una proteina  (Spred2) che parrebbe coinvolta nello scatenare il Doc. Il professor Kai Schuh dichiara: «Abbiamo visto nel modello animale con i topi che l’assenza di questa proteina può innescare da sola un comportamento di cura di sé eccessivo». Equivalente ai lavaggi ossessivi dell’essere umano.

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UN’ASSENZA MOLTO ATTIVA 

Presente in tutte le cellule del corpo, la proteina Spred2 è stata rilevata in particolarmente alte concentrazioni in alcune zone cerebrali, l’amigdala e i gangli basali. Normalmente la proteina inibisce un’importante via di segnalazione della cellula: ebbene, quando quella proteina non c’è, il pathway segnalatore è molto più attivo del solito. Sarebbe questa iperattività delle strutture del cervello dedicate all'allarme che darebbe il via alla catena degli eventi che determinano il disturbo ossessivo-compulsivo: paura eccessiva della contaminazione, tentativo strenuo di controllarla attraverso i lavaggi ripetuti. E, spiegano i ricercatori tedeschi su Molecular Psychiatry, quando si somministra alle cavie un inibitore di quella super-attività (che poi si propaga a cascata), i sintomi ossessivi-compulsivi diminuiscono. Hanno ottenuto questo risultato impiegando un antidepressivo come nella cura standard per le persone. La connessione osservata tra la proteina Spred2 e la stimolazione di pensieri e atti irrefrenabili può indirizzare la ricerca di cure per il Doc verso la definizione di ciascun caso individuale (medicina di precisione) sulla base della specifica proteina, quindi meccanismo, disfunzionale.

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COME PER IL CANCRO 

I ricercatori tedeschi fanno l’esempio del cancro dove la terapia sta seguendo la strada della personalizzazione e punta, per lo stesso tumore, su cellule o geni diversi da un malato all’altro. «E’ da una decina d’anni che la ricerca per andare alla base del disturbo ossessivo-compulsivo indaga la genetica dei circuiti», commenta Stefano Pallanti, docente di psichiatria e neuroscienze all’Università di Firenze. «Dal 2007 a oggi sono stati trovati almeno altri tre geni affiancabili al gene, o proteina, Spred2: si tratta di Hoxb8, Sapap3, Slitrk5, per stare alle formule. Anche in questi casi è stato utilizzato il “topo knockout” chiamato così perché, geneticamente modificato, presenta dei geni neutralizzati, cioè messi ko». Continua Pallanti spiegando che è più facile studiare il ruolo di questi geni quando li si mette fuori gioco (ovvero si osservano gli effetti del mancato sviluppo conseguente),  una tecnica per la quale l’italiano Mario Capecchi è stato insignito del premio Nobel per la fisiologia e la medicina nel 2007.

STESSA CURA PER CAVIE E PAZIENTI 

«Ora si è visto che tutti i quattro geni sono coinvolti nella fisiopatologia dei disturbi ossessivi. E che il meccanismo passa attraverso una serie di eventi “a cascata”, in particolare lungo le connessioni talamo-corticali e cortico-striatali. Si è visto pure che l’alterazione di ciascuno dei geni suddetti e l’alterazione dei rispettivi pathways segnalatori - e quindi dei “circuiti” - si  correla con la comparsa nei topi di comportamenti di eccessiva cura di sé, di lavaggi inarrestabili. La conferma che questi comportamenti sono assimilabili al disturbo ossessivo è anche rinforzata dall’efficacia nei topi della stessa terapia utilizzata nei pazienti, i farmaci Ssri: presto gli animali riducono i lavaggi ripetitivi». E il parallelo con il cancro come si pone? Risponde Pallanti: «Il senso è seguire la strada aperta dall’oncologia dove non si guarda più a un tumore come a una sola unità, ma si cercano all’interno dello stesso tumore delle varianti in cui sono coinvolti meccanismi molecolari diversi. Se li si individua, si dirigerà verso questi obiettivi terapie specifiche in una cura sempre più personalizzata». Questa è la strada della cosiddetta medicina di precisione. In psichiatria domani la diagnosi sarà di disturbo ossessivo-compulsivo tipizzato - ovvero legato - al tal gene o sollecitato dalla tal proteina. Questo spingerà a differenziare la scelta del target della terapia.


Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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