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Alimentazione
Francesca Morelli
pubblicato il 25-07-2016

Un ormone intestinale complice dell'obesità?



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Da una ricerca su un’ampia popolazione svedese l’ipotesi che un ormone intestinale possa rallentare l’attività metabolica, inducendo un aumento del peso e obesità in soggetti predisposti

Un ormone intestinale complice dell'obesità?

La complicità di un ormone intestinale potrebbe influenzare la predisposizione a sviluppare sovrappeso e obesità. Anche con percentuali di rischio raddoppiate. La recente tesi, pubblicata sulle pagine della prestigiosa rivista Nature, arriva da uno studio americano della Kentucky University che confermerebbe l’azione inibitoria dell’ormone sul metabolismo, limitandone le capacità brucia-calorie. 

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IL (PRESUNTO) COLPEVOLE

Si chiama neurotensina l’ormone presente in larga misura nella mucosa intestinale, in particolare nell’ileo e in misura minore nel duodeno, implicato in diverse funzioni. In questa sede, l’ormone verrebbe rilasciato con l’ingestione dei lipidi, influenzando l’assorbimento dei grassi a fine pasto.

Partendo dal ruolo svolto dalla neurotensina, ormai ben noto, i ricercatori hanno arruolato oltre 4.600 svedesi, sia uomini che donne, monitorandoli nel tempo con lo scopo di osservare se e in quale misura l’attività o la presenza di questo specifico ormone contribuisse a un eventuale aumento del peso.

Una ipotesi che ha trovato concretezza al termine dello studio: «Abbiamo potuto osservare - commentano i ricercatori - che i partecipanti con i più alti livelli di neurotensina nel sangue erano anche candidati a sviluppare con maggiori probabilità obesità nella mezza età, con un rischio anche raddoppiato rispetto agli altri individui.

Ovvero alti livelli di neurotensina si associano direttamente all'indice di massa corporea e al girovita, favorendo nel tempo lo sviluppo di obesità anche in soggetti inizialmente non obesi». Il fenomeno troverebbe una spiegazione nel rallentamento dell’attività metabolica, traducibile nella minor capacità di smaltire calorie, indotta dalla massiccia presenza dell’ormone. Da cui l’implicazione anche in patologie peso-correlate: come il diabete, ad esempio, o i disturbi cardiovascolari. Fino al possibile coinvolgimento di alcuni tumori, come quello del seno.

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LO STUDIO SPERIMENTALE

Un primo sospetto della relazione di causa-effetto fra neurotensina e obesità era già emerso da uno studio sperimentale, eseguito cioè su animali di laboratorio in cui le cavie con carenza di neurotensina, anche se alimentate con una dieta ricca di grassi, si erano dimostrate meno esposte a obesità e diabete.

I risultati delle ricerche sull’uomo e di laboratorio, se ulteriormente confermati, potrebbero avviare uno studio per la creazione di nuovi farmaci antiobesità. Si pensa a una pillola o ad una iniezione capace di ridurre i livelli di neurotensina, ma né la possibile realizzazione né i tempi di attuazione di questa eventuale strategia terapeutica non sono noti.


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