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Edoardo Stucchi
pubblicato il 28-03-2013

Il segreto del diabete è nascosto nel fegato



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Uno studio, realizzato da ricercatori italiani ed europei, pubblicato su Nature Medicine rivela i meccanismi del diabete di tipo 2 e apre la strada ad un nuovo filone di ricerca sulla prevenzione e sul trattamento di questa condizione

Il segreto del diabete è nascosto nel fegato

Si chiama RANKL ed è una proteina in grado di ‘infiammare’ il fegato e di causare in questo modo il diabete di tipo 2. La scoperta è frutto di decenni di ricerche  da vari gruppi di studiosi italiani dell’ospedale di Brunico, delle Università di Verona e  Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con altri gruppi europei. Per arrivare a questo risultato è stata determinante l’osservazione sulla popolazione di Brunico, avviata dal professor Fiedrich Oberhollenzer nel 1990 e basata sui molteplici aspetti del rischio cardiovascolare e del diabete.

GLI STUDI - «L’osservazione sulla popolazione di Brunico  – spiega il professor Enzo Bonora, dell’Università di Verona e Presidente eletto della Società Italiana di Diabetologia (SID) – ha permesso di scoprire la presenza di elevate concentrazioni nel sangue della proteina chiamata RANKL, che svolge un ruolo importante nei processi di infiammazione in malattie come l'artrite reumatoide e l'artrite psoriasica, gli stessi processi di infiammazione che sono coinvolti nella formazione del diabete e delle malattie cardiovascolari». In pratica un forte e indipendente predittore di diabete di tipo 2. La conferma è venuta dai ricercatori tedeschi che hanno testato su modelli  animali e cellulari  l’ipotesi che bloccando il RANKL nel fegato di topi diabetici, si potesse riuscire ad ottenere un miglioramento della sensibilità insulinica. In Italia ha ottenuto gli stessi risultati sugli animali il professor Andrea Giaccari, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. «Nei topi resi diabetici - dice Giaccari - bloccare RANKL aumenta la capacità del fegato di rispondere all'insulina e riduce l'eccessiva produzione epatica di glucosio».

I RISULTATI - «I risultati appena pubblicati su Nature Medicine – commenta il professor Stefano Del Prato, Presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) – sono un esempio di quanto la ricerca può fare nella lotta contro la malattia diabetica. Lo studio dimostra ancora una volta come la terapia del diabete diventi sempre più razionale, grazie alla possibilità di identificare specifici meccanismi coinvolti nello sviluppo del diabete e quindi della possibilità di correggerli. La strada ora è aperta per mettere a punto terapie mirate, efficaci e con il minor numero di effetti collaterali, ma soprattutto per personalizzare meglio la terapia del singolo paziente».

IL MECCANISMO - RANKL è una citochina che quando si lega al suo recettore, va ad ‘accendere’ i geni che codificano i mediatori dell’infiammazione. La reazione infiammatoria che ne consegue, provoca insulino-resistenza nel fegato e apoptosi (cioè morte) delle cellule beta pancreatiche. «In condizioni normali – spiega Giaccari – l’insulina serve a far entrare il glucosio nelle cellule. In alcune situazioni (obesità, sedentarietà, infiammazione cronica e molte altre) le cellule del nostro corpo, in particolare dei muscoli e del fegato, tendono a rifiutare l’ingresso del glucosio nella cellula, facendolo restare nel sangue. Il pancreas, per evitare che salga la glicemia, comincia a produrre più insulina, spingendo l’eccesso di glucosio nelle cellule adipose. Questa condizione di glicemia normale ed insulina alta viene definita “insulino-resistenza”, in grado di generare ulteriore infiammazione e, in alcuni casi, diabete».

 


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