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Redazione
pubblicato il 21-10-2014

I fibromi dell'utero vanno sempre operati?



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Ogni caso va quindi valutato a sé, con uno specialista, in relazione non soltanto alle condizioni cliniche della paziente

I fibromi dell'utero vanno sempre operati?

Sono in età fertile e mi hanno diagnosticato un fibroma: la chirurgia è l’unica via di cura?  R. C., Cantù

Risponde Rossella Nappi, Professore Associato di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’IRCCS Policlinico San Matteo, Università degli Studi di Pavia

Una diagnosi di fibroma uterino (definito anche mioma o leiomioma), ovvero un tumore benigno delle cellule muscolari lisce dell’utero, spaventa spesso la donna che può convincersi di avere una neoplasia seria.

Spesso non è così, poiché l’evoluzione di questa lesione verso ‘qualche cosa di brutto’ è un evento piuttosto raro che si verifica all’incirca nello 0,2% dei casi.

Gli aspetti importanti, di questa problematica, sono invece altri: innanzitutto la diagnosi, poiché il più delle volte il fibroma uterino  non presenta sintomi iniziali e viene scoperto casualmente in corso di una normale visita ginecologica e dall’altro le manifestazioni dei disturbi, la cui gravità e intensità dipende dalla sede e dalla natura del fibroma e che fanno anche decidere l’opzione terapeutica.

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Sono infatti i fibromi sottomucosi che tendono a sporgere all’interno della cavità uterina e quelli intramurali che si sviluppano nello spessore della parete uterina di norma a dare più frequentemente dei problemi rispetto a quelli sottosierosi che crescono al di fuori dell’utero.

I disturbi più comuni possono variare da alterazioni del ciclo mestruale con sanguinamenti uterini dolorosi e abbondanti, talvolta responsabili di anemizzazione, a sintomi da compressione quando i fibromi sono molto voluminosi e con manifestazioni variabili a seconda che l’organo coinvolto sia la vescica o il retto, o ancora dolore pelvico in presenza, per esempio, di alcune complicanze come la torsione del fibroma, vale a dire quando questo è peduncolato.

Non occorre avere invece timori dei fibromi per quanto riguarda la fertilità: sono rari i casi in cui possono essere ostacolo al concepimento e dipendenti dalla sede e dalle dimensioni della lesione.

Durante la gravidanza vanno però tenuti sotto controllo, perché la loro crescita può aumentare in relazione alla maggiore produzione di ormoni o richiedere, come di norma avviene, un parto cesareo anziché naturale, specie se la donna sia già stata sottoposta a un intervento di chirurgia ginecologica.

Non vi è un trattamento standard e univoco per i fibromi: esso dovrà essere valutato dopo un attento inquadramento della problematica che tenga conto degli aspetti morfologici e dei disturbi causati dalla lesioni e il possibile impatto sulla qualità della vita.

In linea generale è possibile dire in caso di fibromi asintomatici è sufficiente un follow-up/monitoraggio con una visita ginecologica annuale associata a ecografia pelvica transvaginale.

In caso il fibroma si manifesti invece con chiari disturbi si potrà scegliere tra una terapia ormonale a base di estro-progestinici o di progestinici che ha lo scopo di regolarizzare i cicli mestruali e la chirurgia, ma in casi selezionati (fibromi di dimensioni o numero eccessivi, sede o dell’età e del desiderio di maternità della donna) e solo dopo il fallimento della terapia medica.

Anche la chirurgia offre diverse opportunità: interventi di tipo conservativo, come la miomectomia anche laparoscopica, con la rimozione del fibroma o lo slicing, che significa ‘affettamento’, in caso di sanguinamento dipendente dal fibroma stesso.

La tecnica prevede che si operi mediante una sonda a fibre ottiche, per via transombelicale, in anestesia loco-regionale o generale in modo che il fibroma venga sezionato ed estratto dalla cavità senza provocare danni alle pareti interne dell’utero, utile soprattutto in donna in età fertile o in vista di una gravidanza.

O interventi di tipo demolitivo, come l’isterectomia, con asportazione dell’utero. A fianco di queste tecniche più tradizionali, ne esistono anche di più innovative con l’utilizzo di ultrasuoni (HIFU) ad alta densità focalizzati sul fibroma sotto la guida di risonanza magnetica con riduzione dei sintomi e del dolore anche post-operatorio.

La metodica però non fornisce l’esame istologico perché il fibroma non viene rimosso, ma bruciato, diventa cioè tessuto necrotico riassorbibile. Sebbene la maggioranza di questi tumori sia benigno, nel caso di tumori maligni (come i sarcomi uterini), si rischia un trattamento inadeguato con possibile peggioramento della prognosi.

Molto recentemente è arrivata in Italia una nuova terapia a base di ulipristal acetato, un modulatore del recettore del progesterone, che si è dimostrato utile nel ridurre la dimensione dei fibromi, favorendo una chirurgia conservativa, soprattutto in caso di sanguinamenti abbondanti.

Ogni caso va quindi valutato a sé, con uno specialista, in relazione non soltanto alle condizioni cliniche della paziente, al tipo di lesione ma anche e soprattutto delle aspettative future della donna e delle implicazioni che il fibroma comporta sulla qualità di vita e la relazione di coppia.

 

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