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Sul caso Stamina e sugli animalisti

Elena Cattaneo ha scritto a Giorgio Napolitano per segnalargli come sia in realtà presidente di un Paese scientificamente moribondo

Sul caso Stamina e sugli animalisti

"Forse non tutti si rendono conto di quanto arido sia il nostro deserto" scrive Elena Cattaneo al presidente Giorgio Napolitano per segnalargli come sia in realtà presidente di un Paese scientificamente moribondo. La frase riassume bene il tono di tutta la lettera (che consiglio di leggere), la quale viene spedita dopo un pesantissimo editoriale che la prestigiosa rivista Nature Neuroscience dedica alla situazione scientifica italiana. Si tratta di un segnale d'allarme ben preciso che una scienziata di valore mondiale, riconosciuta dallo stesso presidente Napolitano degna di uno scranno a vita al Senato, ha voluto lanciare alla politica. In nessun Paese europeo come in Italia si avverte una distanza così grande tra la scienza e la politica e mai come in questo periodo si è visto un simile accumulo di eventi, proteste, manifestazioni e "casi". Questo significa, a mio parere, essenzialmente due cose. La prima, positiva, che finalmente il dibattito scientifico arriva dove deve stare: sulla prima pagina dei giornali. La seconda, negativa, dato che ci arriva male o malissimo, che c'è davvero molto, molto lavoro da fare.

Basti pensare al "caso Stamina", in cui da una parte c'è Vannoni con "Le Iene" e parte della politica, dall'altra la comunità scientifica italiana che esige delle prove di ciò che Vannoni sta dicendo. E non scordiamoci che esiste anche la terza faccia della medaglia, i malati. I quali sono, per definizione, i più semplici da manovrare, perché mossi solo e unicamente dall'emotività.

Oppure basta leggere il Decreto Legislativo approvato in via preliminare a novembre che inasprisce (pur non potendolo fare) le già strette direttive di Bruxelles riguardo la sperimentazione animale. Un tema che ha bisogno sicuramente di più spazio, ma è giusto segnalare che ha generato una serie di proteste e contro-proteste, nell'eterna lotta tra scienziati pro-sperimentazione e attivisti anti-sperimentazione. Trecento persone che il 30 Novembre, a Milano, chiedevano di "fermare la vivisezione", arrivando peraltro una trentina d'anni in ritardo visto che la vivisezione è roba degli anni 80, mentre nell'Istituto Mario Negri, eletto dagli attivisti a simbolo dei "lager-laboratori", Garattini e altri scienziati discutevano della situazione attuale della sperimentazione animale in Italia, del DL, ecc...

Ancora, la protesta degli attivisti sia su internet sia fisicamente dalle parti delle sedi RAI per invitare a boicottare Telethon, colpevole secondo loro di finanziare la ricerca fatta con sperimentazione animale. Purtroppo questi improbabili rivoluzionari del nuovo millennio disconoscono che è grazie a Telethon e altre iniziative simili che si possono raccogliere fondi per finanziare le costose ricerche per curare malattie rarissime che le grandi multinazionali farmaceutiche preferiscono ignorare, in quanto la vendita del prodotto farmaceutico di queste ricerche non coprirebbe i costi affrontati per effettuarle. Nel movimento anti-sperimentazione esistono valanghe di contraddizioni. Qui ce n'è un piccolo assaggio: le tanto odiate BigPharma, le lobby farmaceutiche che preferiscono spendere barche di soldi in animali invece di usare gli economici metodi alternativi che questa gente propone dall'alto delle sue lauree, sono le stesse BigPharma che ignorano le malattie rare, le quali si possono curare solo con fondi Telethon. E loro cosa fanno? Marciano sulla RAI, rete peraltro loro amica per boicottare Telethon. E si prendono l'attenzione mediatica che ne deriva.

Tutto questo è  estremamente interessante, una situazione da seguire assolutamente con attenzione. Eppure resta un problema di fondo: la gente, quella che non sa cosa sia un laboratorio, continua a non saperlo. E finché non lo saprà, continuerà a dare ascolto a pifferai magici, a voci di corridoio e a cartelloni photoshoppati.

Francesco Mannara



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