La sintesi degli interventi nel corso della cerimonia. Le lacrime del sindaco Giuseppe Sala, il ricordo delle battaglie condivise affidato a Emma Bonino. Lutto cittadino nel giorno della commemorazione civile in sala Alessi

A Milano l'addio laico a Veronesi: «Grazie professore»

L'ultimo saluto a Umberto Veronesi è andato in scena stamane, nella Sala Alessi di Palazzo Marino, sede del Comune di Milano. Almeno un migliaio le persone che hanno voluto partecipare alla cerimonia laica per l'addio al chirurgo, nostro fondatore. Attorno al feretro, i figli, i nipoti e la moglie dello scienziato, Sultana Razon. Nel corso del rito, diversi sono stati gli interventi di parenti, ex colleghi e compagni di battaglie civili. Ne riportiamo una sintesi: 

Giuseppe Sala, sindaco di Milano: «Veronesi è stato il mio medico, mi ha aiutato a guarire mi ha lasciato un insegnamento: quello che la malattia farà sempre parte della tua vita, ma non va considerata come altro da te, anzi devi pensare che noi e le nostre malattie siamo la stessa cosa - ha dichiarato il primo cittadino, senza mascherare la commozione -. Ma Veronesi mi ha anche sempre ricordato che si può curare: sia nel corpo sia nella mente. Ha dato lustro alla città, che oggi si sente scossa fin dalle radici. Qui è nato un nuovo modo di concepire la professione medica: il paziente per Veronesi veniva prima di tutto, anche della sua malattia».

Emma Bonino, ex ministro degli Esteri ed ex vicepresidente del Senato: «A Veronesi non ho chiesto di occuparsi della mia malattia, perché oggi in Italia ci sono ormai molti medici e professori che hanno imparato il suo metodo, che non guardano più solo l'organo malato ma la persona, con i suoi sogni, le sue debolezze e suoi punti di forza. Questa è la sua eredità: la medicina e la scienza in questo Paese stanno cambiando troppo lentamente per i suoi e per i miei gusti, però stanno cambiando. Ma Veronesi ci lascia anche l'affermazione del metodo scientifico come ricetta per raggiungere la pace. Umberto è stato al mio fianco in tante battaglie laiche partite come piccole e poi diventate travolgenti. L'ultima, ancora in corso, riguarda la legalizzazione delle droghe leggere. Mi sento di fargli una promessa: vinceremo anche questa».

Paolo Veronesi, presidente della Fondazione Veronesi e direttore dell'unità di senologia chirurgica dell'Istituto Europeo di Oncologia: «Papà ha sempre guardato lontano: sia quando decise di fondare un nuovo istituto oncologico sia quando con convinzione mi confessò di voler creare un ente non-profit che si occupasse di sostenere e divulgare il progresso scientifico. I ricordi sono tanti, ma nelle ultime ore ho ripensato ai primi anni '90, quando si gettavano le basi per la costruzione dell’Istituto Europeo di Oncologia, dove l’entusiasmo e la passione che hai trasmesso a me e ad altre centinaia di medici e ricercatori ci facevano alzare all’alba per partecipare alle sette e mezza agli incontri scientifici cui tanto tenevi e di cui molti ora hanno perso la memoria. I sogni naturalmente finiscono e ci siamo svegliati un giorno in una realtà diversa, un istituto in cui i tuoi ideali si scontravano con la freddezza della sostenibilità economica. Ma siamo andati avanti, ce l’abbiamo fatta, e ancora oggi l’Ieo è un modello di ricerca e cura cui tutti guardano con ammirazione, ma soprattutto un luogo sicuro per migliaia di pazienti. Noi figli raccogliamo un'eredità incommensurabile. L'ultimo suo ricordo risale a pochi giorni fa, quando l'ho visto accarezzare il volto di mia mamma Susy. "Come sei bella", le ha ripetutto un paio di volte e io oggi devo ringraziare mia mamma: è merito suo se la nostra famiglia è così unita. A mio padre non posso augurare buon viaggio, perché non ci ha mai creduto. Gli garantisco soltanto che resterà per sempre nei nostri cuori». 

Pier Giuseppe Pelicci, direttore del dipartimento di oncologia sperimentale e co-direttore scientifico dell'Istituto Europeo di Oncologia: «Mettere il metodo scientifico davanti a tutto, come ci ha insegnato a fare Umberto, rimane il suo lascito più importante. Nella sua testa al primo posto c'erano i ragazzi ed è a loro che voglio rivolgermi oggi: siate intelligenti e cuoriosi, non abbiate paure di superare i dogmi. E, se potete, innamoratevi della ricerca: il prof non avrebbe voluto dirvi altro». 

Elena Veronesi, nipote di Umberto Veronesi: «È stato un nonno eccezionale, oggi posso dire di aver imparato molto di più dai dialoghi con lui che dai libri di scuola. Era un uomo unico: di una cultura incommensurabile e di una gentilezza infinita. La sua voce era come un balsamo per l'anima. Mi ha insegnato a vivere e sopratutto a pensare: cosa fondamentale per acquisire autonomia e superare l'ignoranza».

 
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