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Neuroscienze
Antonella Cremonese
pubblicato il 26-05-2012

L'ago che toglie la nevralgia del trigemino



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Contro la malattia da suicidio così definita per il dolore che comporta un intervento di grande abilità chirurgica ma risolutivo. I centri specialistici dove si fa

L'ago che toglie la nevralgia del trigemino

Una leggera carezza sul volto può strappare un grido, e un brusco cambiamento di temperatura sembra una pugnalata.

E’ la nevralgia del trigemino, che è relativamente non comune (colpisce 5 individui su 100mila) ma rende la loro vita un inferno, tanto che è stata definita una «malattia da suicidio».

Il dolore acutissimo va e viene ad intermittenza, per una giornata intera, o addirittura per settimane e mesi.

Può colpire occhi, naso, labbra, parti esterne e mucose interne della mascella e della mandibola. Ma il rimedio c’è, ed è chirurgico.

 

TRIGEMINO ED INTERVENTO AL CERVELLO

Dice il professor Angelo Franzini, direttore della III divisione di neurochirurgia dell’Istituto Neurologico Besta di Milano: «Il 70 per cento delle nevralgie del trigemino non è curabile con farmaci. Una certa efficacia ce l’ha l’antiepilettico carbamazepina, ma è limitata nel tempo.» A disposizione ci sono due interventi di neurochirurgia: «Il primo è la decompressione vascolare. In molti casi il trigemino è compresso da un’arteria. Spostando l’arteria, si risolve il problema. Si tratta di un vero e proprio intervento sul cervello, che prevede una piccola apertura del cranio per raggiungere la radice del nervo trigemino. E’ l’intervento di prima scelta, e nella maggior parte dei casi la nevralgia del trigemino scompare.» Ma resta un 20 per cento di casi in cui il disturbo non si risolve, o dopo un certo tempo i dolori tornano a ripresentarsi. In questi casi è a disposizione una  metodica detta  «termorizotomia». Spiega Franzini: «E’ una metodica che ha 30 anni, ma è stata riscoperta grazie alle nuove tecnologie, che l’hanno resa sicura.

SONDA SOTTILE

Di che si tratta? Non si apre la scatola cranica, ma si entra attraverso il forame ovale facilmente raggiungibile dalla nuca, e si manda fino al cervello una sottile sonda che porta sulla punta un ago-elettrodo. Si arriva fino al ganglio di Gasser, dove ci sono le fibre nervose che danno la sensibilità  al viso, e che quindi sono responsabili della nevralgia del trigemino. Con il calore, si crea una microlesione che coagula la fibra nervosa e quindi  taglia la strada al dolore.»  

Ma bisogna capire dove mirare, e andare a bersaglio non è facile. Dice Franzini: «Il problema è che nel ganglio di Gasser le fibre che danno sensibilità al viso sono mischiate con quelle che innervano la cornea, che non bisogna assolutamente toccare. Il paziente dorme, con una leggera anestesia generale. Bisogna svegliarlo e fare la prova, mandando una debole corrente ora in una fibra ora nell’altra. E chiedergli: “Dove sente la corrente?” L’intervento - non doloroso -  può durare anche più di un’ora, con successivi risvegli e addormentamenti. Fino a quando, grazie al controllo garantito dalle nuove tecnologie, si è sicuri di poter agire. Allora l’elettrodo passa la corrente, e il calore crea la microlesione che si voleva. Può esserci una leggera perdita di sensibilità nel viso, ma diminuirà nel tempo.»

QUALI I CENTRI

I risultati sono stabili, e il paziente, liberato dal dolore e dai farmaci analgesici, è restituito alla vita. L’importante è che si scelga un centro esperto. Quali sono, in Italia? Risponde Franzini: «A Milano, al Besta e al Galeazzi. A Torino, alle Molinette. A Verona, all’ospedale Borgo Trento. A Roma, al Gemelli e al Cto.»


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