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Redazione
pubblicato il 27-02-2014

Leucemia mieloide cronica: un successo da replicare



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La leucemia mieloide cronica è stata la prima patologia neoplastica in cui è stata scoperta un’alterazione specifica che ne spiegasse l’insorgenza

Leucemia mieloide cronica: un successo da replicare

Con la leucemia mieloide cronica, un raro tumore del sangue che conta 2 casi ogni 100 mila l’anno, ci si è andati vicino.

«Negli anni ’90 la sopravvivenza mediana era di 3-4 anni, lievemente più rosea dopo il trapianto di midollo osseo oggi oltre il 90 per cento dei pazienti è vivo a 10 anni dall’inizio del trattamento con inibitori» conferma Alessandro Vannucchi, professore di ematologia dell’Università degli Studi di Firenze.

Come si spiega questo successo? Molto hanno fatto gli investimenti in ematologia che hanno trainato la ricerca scientifica. La leucemia mieloide cronica è stata la prima patologia neoplastica in cui è stata scoperta un’alterazione specifica che ne spiegasse l’insorgenza, il “cromosoma Philadelphia” caratterizzato dalla fusione di due geni (il gene BRC del cromosoma 22 e il gene ABL del cromosoma 9) normalmente separati.

Da qui, è stata sviluppata una molecola capace di inibire selettivamente la proteina di fusione BCR-ABL, il primo esempio di trattamento mirato che ha aperto gli orizzonti terapeutici dell’oncologia.

Nonostante gli attuali sforzi dei ricercatori, però, il successo della leucemia mieloide cronica non è ancora stato replicato. Se si escludono linfomi e mielomi, in aumento negli ultimi anni associati all’invecchiamento generale della popolazione, molte malattie ematologiche sono considerate rare ma «alcuni dati supportano l’ipotesi che non lo siano: sono le difficoltà diagnostiche e le scarse conoscenze a far sì che siano poco individuate nella popolazione». 

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