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Pediatria
Vera Martinella
pubblicato il 08-02-2012

Una nuova cura per le bambole di cristallo



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Si definiscono così le pazienti che soffrono di una rara malattia del sangue, la porpora trombocitopenica idiopatica: fra i problemi legati a livelli molto bassi di piastrine nel sangue, devono convivere con un corpo coperto di lividi

Una nuova cura per le bambole di cristallo

Si definiscono così le pazienti che soffrono di una rara malattia del sangue,  la porpora trombocitopenica idiopatica: fra i problemi legati a livelli molto bassi di piastrine nel sangue, devono convivere con un corpo coperto di lividi

Lividi ovunque, nei posti più impensati, persino sotto i talloni. Il più delle volte senza apparente motivo, senza cioè aver sbattuto. Per questo si sono definite fragili come «bambole di cristallo» alcune pazienti con porpora trombocitopenica idiopatica (ITP), una malattia rara e cronica, che provoca bassi livelli di piastrine nel sangue e di conseguenza aumenta esponenzialmente il rischio per i pazienti di ecchimosi e sanguinamenti. In alcuni casi, persino di emorragie gravi, anche fatali.

UNA PATOLOGIA COMPLESSA - L’approccio terapeutico nell’adulto va attentamente valutato caso per caso e condiviso  con il paziente. «In genere – spiega  Fabrizio Pane, ordinario di ematologia all’Università Federico II di Napoli e direttore dell’ematologia della stessa Azienda ospedaliera universitaria  - il trattamento di una nuova diagnosi si basa su derivati del cortisone, cui si possono associare particolari immunoglobuline. La terapia di seconda linea, invece, prevede oggi una serie di opzioni che vanno da farmaci che inibiscono l’attività del sistema immunitario fino ad arrivare agli anticorpi monoclonali o alla splenectomia (asportazione della milza), che consente di ottenere una risposta terapeutica in circa quattro pazienti su cinque per un tempo prolungato».
Tutte queste cure sono gravate da effetti indesiderati a volte molto significativi, ma dal mese di aprile è disponibile una nuova molecola, un farmaco agonista del recettore della trombopoietina, che agisce stimolando il meccanismo di produzione di nuove piastrine.

ITP, ECCO COS’E’ - La porpora trombocitopenica idiopatica è una malattia di origine autoimmune, legata a una combinazione di diversi meccanismi che contribuiscono a determinare l’attacco da parte del sistema immunitario nei confronti delle stesse piastrine dell’individuo. «In genere – prosegue Pane -, si manifesta nelle persone adulte in maniera subdola, apparentemente senza alcuna causa scatenante e tende a cronicizzare. Nel bambino, invece, compare quasi sempre dopo un’infezione virale, che (pur avendo un decorso più acuto) tende ad autorisolversi. Nella maggior parte dei casi, i pazienti non presentano alcun sintomo. Tuttavia possono comparire emorragie a carico delle gengive, petecchie, sanguinamenti del tubo digerente». Nell’età di mezzo (30-60 anni) l’ITP colpisce più le donne degli uomini, con un’incidenza complessiva (adulti e bambini) tra uno e 12 casi ogni 100mila persone all’anno e, per questo, è classificata come malattia rara.

COME SI CURA – L’ITP ha un'influenza negativa sulla qualità di vita del malato: è spesso associata ad affaticamento e depressione, condizionando pesantemente le attività quotidiane.
«Lo scopo delle terapie – chiarisce Enrica Morra, direttore dell’Ematologia dell’Azienda ospedaliera Niguarda di Milano – è portare e mantenere le piastrine a un livello di sicurezza, evitando il rischio di emorragie e migliorando la qualità di vita dei pazienti. Non esiste infatti per ora una cura risolutiva e tutte le terapie possono presentare tossicità. Quindi è necessario sempre commisurare il rischio tossico delle terapie specifiche al rischio emorragico del paziente».
Il trattamento standard di prima linea è rappresentato dalla terapia steroidea, cioè con derivati del cortisone (prednisone o desametasone) che ha come possibili effetti collaterali aumento di peso, alterazioni metaboliche (iperglicemia, osteoporosi), effetti sul sistema nervoso, (irritabilità, ansia, insonnia), gastrite, dolori muscolo-scheletrici.
In pazienti non responsivi al cortisone si può ricorrere a un trattamento con immunoglobuline ad alte dosi, un approccio efficace nell’urgenza emorragica ma con effetto transitorio (2-3 settimane) e molto costoso.
«Le immunoglobuline vengono usualmente impiegate come preparazione all’intervento di splenectomia – continua Morra -. L’asportazione della milza, sede principale della distruzione piastrinica, è la cura più efficace terapia, ma è una procedura che può comportare complicanze connesse all’intervento chirurgico e, successivamente, un certo rischio di infezione da parte di alcuni batteri».

UN NUOVA POSSIBILITA’ - Purtroppo  più o meno il 20 per cento dei pazienti non ottiene un valore di piastrine soddisfacente dopo le cure considerate standard e un ulteriore 10-20 per cento dei malati, anche dopo l’asportazione della milza, ricade nella malattia. In queste circostanze da alcune settimane è a disposizione un nuovo farmaco orale (eltrombopag) che si è dimostrato capace di produrre e mantenere le piastrine a livelli accettabili. «E’ indicato in pazienti adulti - conclude Morra, - già sottoposti ad asportazione della milza e refrattari ad altri trattamenti, ma può essere preso in considerazione come terapia di seconda linea anche in adulti per i quali l’intervento chirurgico risulti controindicato».

 

Vera Martinella
Vera Martinella

Laureata in Storia, dopo un master in comunicazione, inizia a lavorare come giornalista, online ancor prima che su carta. Dal 2003 cura Sportello Cancro, sezione dedicata all'oncologia sul sito del Corriere della Sera, nata quello stesso anno in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi.


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