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Fabio Di Todaro
pubblicato il 20-04-2021

Covid-19: i segni possono rimanere anche sull'apparato digerente



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La diarrea e la perdita di appetito (soprattutto) possono comparire prima dei sintomi respiratori persistere per oltre un mese, nei pazienti guariti da Covid-19

Covid-19: i segni possono rimanere anche sull'apparato digerente

Superata l’infezione acuta, al crescere dei numeri complessivi, è in aumento la quota di persone reduci da Covid-19, ma alle prese con una sequela di sintomi. In molti casi, si è di fronte alla condizione che ha assunto il nome di Long-Covid. Pur non essendo Sars-CoV-2 un virus in grado di provocare un’infezione cronica, sono molte le testimonianze di chi afferma di non aver recuperato lo stato di forma con cui era abituato a convivere prima della malattia. E ciò nonostante le settimane o i mesi trascorsi dall’effettiva guarigione. Come già raccontato su queste colonne, lo spettro dei sintomi rilevabili a lungo termine è variegato. Tra questi rientrano quelli a carico dell’apparato digerente, che possono manifestarsi indipendentemente dalla gravità della malattia messa alle spalle.

I POSTUMI DI COVID-19 PER L'APPARATO GASTROINTESTINALE

Perdita di appetito, nausea, diarrea, reflusso gastroesofageoeruttazione, vomito, distensione addominalesangue nelle feci. Sono queste le manifestazioni più frequenti - a carico dell'apparato digerente - che chi ha avuto Covid-19 può registrare (almeno) fino a tre mesi dopo. A tracciare in ultima istanza l’elenco è stato un gruppo di ricercatori del centro per le malattie infettive della Sun Yat-sen University di Zuhai (Cina), in uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Gastroenterology & Hepatology. La loro indagine, condotta su 117 pazienti ricoverati per Covid-19 in 12 ospedali nelle province di Hubei e Guangdong nel corso della prima ondata, ha evidenziato che quasi in 1 caso su 2 (nel 44 per cento dei casi) la malattia aveva lasciato «scorie» a livello gastrointestinale. Una circostanza che gli specialisti hanno riscontrato più di frequente in chi, al momento del ricovero, presentava dispnea (fame d’aria) e mialgia (dolori muscolari). Detto ciò, i postumi del Covid-19 non sono risultati correlati alla gravità della malattia avuta: in termini di complicanze respiratorie.


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QUALI LE CAUSE DEL DANNO INTESTINALE?

Secondo i camici bianchi, alla base di queste problematiche può esserci l’ipossia. «Il ridotto afflusso di ossigeno può colpire anche altri organi, al di là dei polmoni, determinando le complicanze osservate in questo caso a livello dell’apparato gastrointestinale», affermano gli autori dello studio. In questi casi, una persona può avere livelli di ossigeno nel sangue inferiori alla norma. Ma (anche) senza la dispnea che abbiamo imparato a riconoscere nei pazienti con forme sintomatiche di Covid-19. Tra le possibili ragioni alla base dei sintomi gastrointestinali, c'è anche la capacità di Sars CoV-2 di colpire di altri organi in cui sono presenti molti recettori ACE2: la via d’ingresso del virus all’interno delle cellule. E infine - l'ipotesi è sul tavolo, ma al momento non dimostrata - l'impatto dei farmaci somministrati e dei lunghi ricoveri in terapia intensiva. Oltre ai sintomi citati, in questi pazienti si rileva sovente un'alterazione dei marcatori dell'infiammazione (citochine proinfiammatorie e calprotectina). Questi possono poi rimanere esclusivi, ma nella maggior parte dei casi risultano concomitanti a quelli respiratori. 


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I SINTOMI ENTERICI POSSONO ANCHE «ANTICIPARE» QUELLI RESPIRATORI

«Oggi sappiamo che Covid-19 esordisce con dei sintomi gastrointestinali all'incirca in 1 caso su 5 - afferma Alessandro Repici, direttore del dipartimento di gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell'Istituto Clinico Humanitas e docente di Humanitas University -. Sulla base della nostra  esperienza, la diarrea è spesso il primo sintomo che si registra a carico dell'apparato digerente. Mentre le sequele riguardano perlopiù chi ha avuto una malattia in forma severa. O chi, già prima di contrarre l'infezione, aveva malattie dell'apparato digerente». Il quadro non sembra essere cambiato nel corso delle diverse ondate. Uno studio pubblicato sulla rivista The Lancet Public Health conferma come la variante inglese sia più contagiosa, ma provochi gli stessi sintomi determinati dalla specie partita da Wuhan. Tra cui, quelli gastrointestinali. Ragion per cui, «se una persona è affetta da diarrea, accompagnata da febbre, astenia, dolori muscolari e articolari, occorre sospettare una infezione da Sars-CoV-2», chiarisce Repici. Da confermare, eventualmente, sempre con l'esame del tampone.

COME COVID-19 COLPISCE
IL PAZIENTE ONCOLOGICO? 

SARS-COV-2 SI PUÒ TRASMETTERE ATTRAVERSO LE FECI?

Il passaggio di Sars-CoV-2 negli enterociti - le cellule dell'intestino - pone anche un altro quesito. L'infezione può essere trasmessa per via orofecale? Diversi studi hanno evidenziato la persistenza del virus nelle feci fino a quasi due mesi dopo la guarigione da Covid-19 e in una quota consistente di pazienti (circa 1 su 2). Ma questo non basta ad affermare che il coronavirus possa essere trasmesso - al pari delle infezioni gastrointestinali più note - tramite il contatto con le feci infette. Come descritto in una metanalisi pubblicata sulla rivista Nature Reviews Gastroenterology & Hepatology, per avere questa certezza, occorrerebbe verificare la stabilità di Sars-CoV-2 una volta superato l'ambiente acido dello stomaco, la frequenza con cui il virus viene espulso con le feci e la sua concentrazione (necessaria per determinare la capacità di infettare). «Dopo oltre un anno di pandemia, il rischio infettivo attraverso le feci è considerato molto basso - conclude Repici -. La capacità di contagio non è mai stata dimostrata. E la carica virale nei diversi campioni è risultata sempre molto bassa». Detto ciò, quando si convive con un positivo e vi è la possibilità, il consiglio è sempre quello di utilizzare due bagni diversi.

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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