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Fabio Di Todaro
pubblicato il 29-05-2020

Coronavirus: la mascherina per evitare i contagi dagli asintomatici



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L'utilizzo delle mascherine è considerato fondamentale per evitare i contagi a partire da soggetti asintomatici. Tra cui potrebbero esserci anche i bambini

Coronavirus: la mascherina per evitare i contagi dagli asintomatici

Non è uno scudo che, al di là dei comportamenti individuali, garantisce l’«immunità» dal virus. Ma alla luce delle caratteristiche di Sars-CoV-2, tanto maggiore è l’uso che si fa delle mascherine quanto minore sarebbe la probabilità di ammalarsi di Covid-19. Dopo l'iniziale bailamme che ha visto coinvolte istituzioni ed esponenti della comunità scientifica, oggi è unanime la considerazione che in tutti i luoghi chiusi e in quelli all’aperto in cui non si è certi di poter stare a un metro (due, se si fa sport) dalle altre persone, proteggersi con la mascherina è una delle strategie più efficaci per ridurre il rischio di entrare a contatto con il coronavirus. Da qui le disposizioni fornite dal Governo italiano, che ha reso obbligatorio indossarle in ogni contesto in cui non si è certi di mantenere la distanza dalle altre persone. Su come comportarsi in tutti gli altri casi, invece, il dibattito è aperto. 

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E LE MASCHERINE

MASCHERINE (E TEST) PER RIDURRE LA CIRCOLAZIONE DEL VIRUS

Alla luce della diffusione a partire da persone asintomatiche (in diversi studi ricondotta fino al 40 per cento dei nuovi casi) e della penuria di informazioni riguardanti la capacità del virus di sopravvivere nell'aerosol e la dose necessaria per provocare l'infezione, c'è chi è per una linea di massima prudenza. Ragion per cui, non conoscendo le «abitudini» del virus nelle goccioline d'aria, la mascherina andrebbe indossata comunque. È questo il pensiero riportato sulla rivista Science dai chimici Chia C. Wang (Università di Taiwan) e Kimberly Prather e dall'infettivologo Robert Schooley (Università di San Diego). Analizzando le varie possibilità disponibili per ridurre la trasmissione di Sars-CoV-2, gli autori hanno puntato su due aspetti: un utilizzo massiccio delle mascherine e l'aumento dei test diagnostici (tamponi). Quanto al primo punto, l'attenzione degli scienziati è ricaduta sul rischio di contrarre l'infezione dagli asintomatici. Queste persone, inconsapevoli di essere infette, rappresentano il rischio più subdolo. È anche da loro, infatti, che il virus può essere immesso nell'aria. Ecco spiegata l'importanza di utilizzare una barriera fisica, nel momento in cui si è in un ambiente promiscuo. A ciò occorre aggiungere che queste persone, ritenendosi sane, potrebbero essere portate inconsciamente ad allentare le misure precauzionali: dall'utilizzo della mascherina al distanziamento fisico, fino alla corretta igiene delle mani


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Queste indicazioni si discostano da quelle dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che raccomanda l'utilizzo delle mascherine soltanto se si è a contatto con una persona sospetta (con sintomi riconducibili al Covid) o se si hanno sintomi quali tosse e raffreddore. Consigli, quella dell'Agenzia delle Nazioni Unite, che valutano anche gli aspetti legati alla sostenibilità. Ma che, a detta dei firmatari dell'articolo, tengono conto soltanto della rapida sedimentazione di particelle di dimensioni di molto superiori (100 micrometri) a quelle di Sars-CoV-2, che potrebbero al contrario depositarsi al suolo in tempi molto più lunghi. E non prendono in esame invece altri due aspetti emersi in relazione all'attuale pandemia: la capacità delle goccioline emesse con uno starnuto di arrivare fino a 8 metri di distanza (con tempi di evaporazione che dipendono dalle dimensioni, dal grado di turbolenza e dalla velocità della nube di goccioline) e il ruolo di veicolo che potrebbe essere svolto dalle polveri sottili. Aspetti che giustificano l'invito alla cautela, soprattutto quando si è in ambienti chiusi (negozi, uffici, ma anche appartamenti) occupati più o meno stabilmente da individui asintomatici. Complice la maggiore difficoltà nel diluire l'eventuale carica virale, l'uso della mascherina è ritenuto dunque cruciale per ridurre l'esposizione al coronavirus. Una considerazione, quella riportata su Science, che deriva pure dall'andamento dei contagi in Paesi quali Taiwan, Hong Kong, Singapore e Corea del Sud. Gli abitanti di questi Stati hanno iniziato fin da subito a usare le mascherine. Un aspetto che - abbinato a un più ampio ricorso ai test e al capillare tracciamento dei contatti - avrebbe contribuito a contenere i numeri della pandemia. 


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MASCHERINE: COME COMPORTARSI IN CASA 

Quali, allora, le mascherine da utilizzare se si è sani (fino a prova contraria)? Quelle chirurgiche o, per attutire l'impatto sull'ambiente, le mascherine «di comunità» (per approfondimenti, è possibile rivedere il webinar con Agnese Collino e Daniele Banfi). Queste, secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal Global Health, potrebbero avere un'utilità anche se indossate in un appartamento in cui vivono persone della stessa famiglia. Anche in questo caso, il valore protettivo dei dispositivi di protezione tra le mura di casa rimanda all'eventuale presenza di persone asintomatiche sotto lo stesso tetto. Analizzando l'andamento dei contagi secondari in 124 famiglie di Pechino (per un totale di 460 persone), i ricercatori hanno avuto la conferma dell'efficacia di misure preventive quali il corretto lavaggio delle mani, l'areazione della casa e il mantenimento della distanza di un metro. Ma nei nuclei in cui era abitudine usare le mascherine, il rischio di essere contagiati è risultato inferiore. Oltre che nel momento in cui in casa entra una persona dall'esterno, la misura, secondo i ricercatori, è opportuna «per chi convive con un operatore sanitario o con un paziente in isolamento domiciliare»: indipendentemente dal numero di persone che condividono lo stesso appartamento.

L'USO DELLE MASCHERINE DA PARTE DEI BAMBINI

Il tema dell'utilizzo delle mascherine è molto sentito anche da chi ha dei bambini ed è al centro del confronto che porterà alla riapertura delle scuole. Al di là della legge, che richiama la necessità di far indossare la mascherina ai piccoli dai 6 anni in su, come comportarsi con i propri figli? «Nei luoghi chiusi o affollati, la mascherina è un elemento in grado di ridurre i rischi di contagio», afferma Susanna Esposito, direttore della clinica pediatrica dell’azienda ospedaliero-universitaria di Parma, che ha affrontato la questione in un articolo pubblicato sull'European Journal of Pediatrics. La necessità, ancora una volta, è da ricondurre al rischio di essere positivi, seppur asintomatici, al coronavirus. I bambini sono stati finora colpiti in maniera più blanda dall’infezione, ma potrebbero favorire la circolazione del virus tra gli adulti con cui entrano a contatto. Da qui la necessità di proteggere anche loro, con mascherine di dimensioni ridotte (12 per 25 centimetri). Se coloro che hanno tra i 2 e i 6 anni sono in un limbo, con i genitori chiamati a decidere se far indossare o meno la mascherina, diverso è invece il discorso per i più piccoli. «I bambini con meno di 2 anni non devono mai indossare la mascherina - aggiunge l'esperta, al vertice dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini immunologici (WAidid) -. Le loro vie aeree sono molto piccole e, con le mascherine, rischierebbero di avere difficoltà a respirare e di soffocare, non essendo in grado di liberarsene da soli. La prevenzione del contagio, in questo caso, è basata sul distanziamento sociale, sull’igiene delle mani e sul mancato contatto degli oggetti con la bocca».

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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