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Alimentazione
Francesca Morelli
pubblicato il 13-05-2013

Poche purine e molti carboidrati sono la ricetta contro la gotta



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L'incapacità dell'organismo di smaltire alcuni acidi nucleici (purine) aumenta i livelli dell'acido urico nel sangue che si deposita nelle articolazioni. La dieta aiuta a potenziare gli effetti dei farmaci, riducendo gli eccessi degli attacchi

Poche purine e molti carboidrati sono la ricetta contro la gotta

Quando l’organismo non riesce a smaltire alcuni acidi nucleici (purine), aumentano i livelli di acido urico, che si deposita nelle articolazioni. La dieta aiuta a potenziare gli effetti dei farmaci

La gotta torna a colpire nel nostro paese, a danno di circa 500 mila italiani. Un numero elevatissimo, ma destinato a crescere secondo le stime della Società Italiana di Reumatologia, a causa di una mancata cultura della ‘buona alimentazione’.

Non più “la malattia del Re” che un tempo colpiva chi poteva permettersi di mangiare tanto, oggi interessa anche (e soprattutto) chi si alimenta in maniera errata. Complici le abitudini diffuse del ‘fast-junk food’ (cibo rapido e spazzatura) ma anche la diffusione dell’insufficienza renale cronica (caratterizzata dall’aumento di acido urico), diabete, obesità e il progressivo invecchiamento della popolazione.

Seguire uno stile di vita sano e nutrirsi in modo corretto può ridurre il rischio di insorgenza della gotta e limitare la severità delle manifestazioni.


La dieta mediterranea viene sempre citata come perfetta per mantenersi in buona salute. In cosa consiste? Scarica il manuale «Alimentazione e salute» per questa e altre risposte. 

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CAUSE E SINTOMI

La gotta è una malattia del metabolismo che si caratterizza da attacchi di artrite infiammatoria acuta con arrossamento, gonfiore e dolore alle articolazioni dovuti ad un eccessivo deposito di cristalli di acido urico nelle giunture ossee.

Gli attacchi di gotta iniziano interessando soprattutto l’alluce con una successiva estensione ad altre parti del corpo, come caviglie, ginocchia, polsi e gomiti provocando bruciori e arrossamenti.

La gotta, malattia a  prevalenza maschile dal momento dello sviluppo (risparmia le donne fino alla menopausa grazie alla protezione ormonale), colpisce il 7% degli uomini dopo i 65 anni e le donne in post-menopausa con una incidenza che tende ad aumentare con l’età fino a raggiungere valori del 3% oltre gli 85 anni.

 

STILE ALIMENTARE

La gotta ha per il 70% una origine genetica, a cui poi contribuiscono altri importanti fattori (invecchiamento, patologie correlate, assunzione di farmaci, quali i diuretici che ostacolano l’eliminazione dii acido urico) ed il regime alimentare.

Inteso che la cura per la gotta è farmacologica, è possibile aiutare il controllo e la riduzione della sintomatologia con una dieta priva (o scarsa) di ‘purine’. Si tratta di acidi nucleici che, in caso di gotta, l’organismo non ha la capacità di smaltire in maniera corretta, determinando un aumento dell’acido urico nel sangue (iperuricemia) che tende a depositarsi nelle articolazioni.

Dall’esperto i consigli dietetici di una dieta ‘preventiva’.

  1. Escludere, in presenza di gotta o iperuricemia, tutti gli alimenti ricchi in purine (contenuti soprattutto in prodotti di origine animale, ad eccezione di uova e latticini) e limitare gli eccessi proteici. Ecco i cibi a cui prestare maggiore attenzione:

 

ALIMENTI AD ALTO CONTENUTO DI PURINE
(da 150 ad 800 mg/100g)

Pesce azzurro (alici, acciughe e sardine) frattaglie (fegato, animelle, rognone, cervello), estratto di carne e selvaggina

ALIMENTI A MEDIO CONTENUTO DI PURINE
(da 50 a 150 mg/100g)

Carni, pollame, crostacei, salami e insaccati in genere, legumi (piselli, fagioli, lenticchie), asparagi, spinaci, cavolfiori e funghi

ALIMENTI A BASSO CONTENUTO DI PURINE
(da 0 a 15 mg/100g)

Latte, uova, formaggi, verdure, ortaggi (eccetto quelli sopra elencati), frutta, pasta e altri cereali (fatta eccezione per germe di grano e prodotti integrali)

 

A pasto sono concessi circa 100 gr di carne, 50 gr di insaccati e 150 gr di pesce. Nel caso di persone sottopeso o in presenza di uno stato infiammatorio acuto queste porzioni possono essere aumentate del 50%.

Sarebbe utile impostare una dieta ricca di carboidrati (amido) che aiuta l’escrezione di acido urico e ridurre l’apporto di lipidi e fruttosio (presente soprattutto nei dolci e nella frutta zuccherina ed essiccata come cachi, fichi, uva e banane) che ne favorisce la ritenzione.

  1. Evitare i digiuni prolungati e le diete fortemente ipocaloriche, soprattutto basate sulla riduzione o eliminazione di carboidrati.
  2. Evitare l’alcool la cui ingestione, soprattutto sotto forma di birra e di superalcolici, oltre a favorire la produzione di acido urico da parte dell’organismo e la sua precipitazione nelle articolazioni, ne riduce l’eliminazione da parte dei reni.
  3. Mantenere una buona idratazione, bevendo almeno 2-3 litri di acqua al giorno.
  4. Ridurre il peso, se in eccesso, è l’arma più efficace per combattere i livelli di uricemia. Una alimentazione ipocalorica equilibrata, studiata insieme al medico specialista o nutrizionista in relazione alle esigenze nutrizionali individuali ed associata ad attività fisica, può contribuire a ridurre gradualmente peso e circonferenza addominale. È infatti soprattutto la quantità di grasso depositata intorno al giro vita a influenzare maggiormente i livelli di uricemia.

Valgono poi tutte le altre indicazioni in merito alla riduzione di grassi soprattutto di origine animale, di bevande e alimenti dolci, all’assunzione di almeno cinque porzioni di frutta al giorno (le ciliegie in particolare sono efficaci contro l’uricemia) e di verdura.

 

Consulenza: Prof. Marco Matucci Cerinic, Presidente della Società Italiana di Reumatologia, Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica presso l’Università degli Studi di Firenze

 

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