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Daniele Banfi
pubblicato il 26-05-2012

Metodo Zamboni e sclerosi multipla: a che punto siamo?



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Un anno fa partiva lo studio promosso dall'Associazione Italiana Sclerosi Multipla (Aism) volto a fare chiarezza il metodo di cura che ha suscitato speranze e critiche. A che punto siamo? Per ora lo studio è stato prorogato per analizzare altri casi

Metodo Zamboni e sclerosi multipla: a che punto siamo?

Nelle scorse settimane è tornato in auge, complice la trasmissione televisiva “Le Iene”, il caso del metodo Zamboni nella cura della sclerosi multipla (SM). Secondo il professore, direttore del centro Malattie Vascolari dell'Università di Ferrara, l’insufficienza venosa cerebrospinale cronica (Ccvsi) sarebbe uno dei principali fattori che contribuiscono a danneggiare il sistema nervoso nelle persone affette da sclerosi multipla. Dunque una sua correzione sarebbe in grado di portare giovamento, se non addirittura guarire, le persone affette dalla terribile malattia. Non tutto il mondo medico però è d’accordo con la teoria di Zamboni. Per questa ragione, circa un anno fa, è iniziata una sperimentazione promossa dall’AISM (dalla quale Zamboni si è dissociato ndr) volta a chiarire i dubbi ancora insoluti. A che punto siamo?

LA MALATTIA

Quando si parla di CCVSI ci si riferisce a un difetto del flusso del sangue. In particolare di malformazioni che causano il restringimento delle principali vene cerebrali e che di fatto impediscono il corretto flusso di sangue a livello del collo, del torace e della colonna vertebrale. Questo restringimento, secondo Zamboni, sembrerebbe correlato alla sclerosi multipla. Dunque la correzione della CCVSI attraverso un intervento di chirurgia endovascolare (angioplastica), potrebbe essere un efficace trattamento per migliorare i sintomi della malattia.

I DUBBI

La comunità scientifica però non sembrerebbe essere d’accordo con quanto affermato da Zamboni. Le principali critiche sono le seguenti: l' ostruzione venosa esiste anche nei soggetti sani? C’è in tutte le persone con sclerosi multipla? I benefici ottenuti da un eventuale intervento sono duraturi o temporanei? Si potranno replicare i risultati ottenuti da Zamboni in grandi studi controllati e eseguiti in cieco?

LO STUDIO

Lo scorso anno scrivemmo che sarebbe partita una sperimentazione volta a valutare la prevalenza della Ccsvi nelle persone con sclerosi multipla, confrontandola con la prevalenza in altre malattie neurodegenerative e volontari sani. Lo studio è effettivamente partito ma i risultati definitivi non sono stati ancora resi noti. Al 16 dicembre 2011 sono stati reclutati 730 soggetti con SM (sui 1200 previsti),205 controlli sani (ne servono 400) e 109 pazienti con altre malattie neurodegenerative (su 400). Alla stessa data sono in totale 874 gli esami già eseguiti: 613 persone con SM, 170 controlli sani, 91 soggetti con altre patologie neurologiche. Ogni esame richiede da un minimo di un’ora e trenta minuti a un massimo di due ore. Dunque sinora sono state necessarie circa 1600 ore solo per gli esami. Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, e Sicilia sono le regioni più attive: con circa 150 esami effettuati per ognuna. «Lo studio - come dichiara Renato Mantegazza, uno dei responsabili della sperimentazione all’Istituto Neurologico Besta di Milano - è stato prorogato per poter avere un maggior numero di casi non SM con cui effettuare le valutazioni e quindi per rispondere in modo appropriato a tutti i dubbi. Per quanto riguarda invece eventuali benefici riportati fuori da sperimentazioni serie, i dati sono tutti soggettivi e quindi non misurati ed intrinsecamente molto variabili». Come riportato dal sito ufficiale della sperimentazione, AISM si sta impegnando a terminare il progetto (studio su cui sta investendo 1,4 milioni di euro, l'unico per rigore scientifico e ampiezza) che darà finalmente risposte certe, quelle che ancora mancano e che tante persone con SM stanno attendendo, sulla possibile correlazione tra Ccsvi e la terribile malattia.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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