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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 21-03-2015

Diabete: la malattia non impedisce di emergere nello sport



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Domenica si corre la Milano-Sanremo. Al via una squadra composta interamente da ciclisti professionisti diabetici. La patologia non è un limite

Diabete: la malattia non impedisce di emergere nello sport

Chi l’ha detto che avere il diabete limita le attività quotidiane e impedisce di eccellere nello sport? La malattia è tutt’altro che un limite e la dimostrazione diretta è il Team Novo Nordisk che domenica correrà una classica del ciclismo internazionale, la Milano-Sanremo. Una squadra di ciclisti professionisti con un destino comune: la diagnosi di diabete di tipo 1. Un sogno possibile grazie al progetto Changing Diabetes, il programma della farmaceutica che sponsorizza la squadra il cui obbiettivo è migliorare la condizione di vita di chi soffre di diabete.


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LA MALATTIA

Il diabete di tipo 1 è una patologia che colpisce prevalentemente i giovani. Secondo le ultime statistiche dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a soffrirne sarebbe circa il 3% della popolazione mondiale. A differenza del diabete di tipo 2, di gran lunga più diffuso e associato a scorretti stili di vita, quello giovanile appartiene alla categorie delle malattie autoimmuni. Le persone che ne soffrono subiscono la progressiva distruzione, ad opera del proprio sistema immunitario, delle cellule del pancreas che producono l’insulina. Ecco perché i malati sono costretti, per tutta la vita, a iniezioni di questo ormone per abbassare i livelli di glucosio nel sangue al fine di evitare pericolose complicanze principalmente ai reni e al sistema cardiovascolare.

IL PROGETTO

Una diagnosi, quella di diabete giovanile, vissuta come l’inizio di una vita vissuta a metà. E’ questo il caso di Andrea Peron, ciclista professionista della squadra, che a 16 anni ha scoperto di essere diabetico. Il giorno della diagnosi Andrea ha temuto che il suo sogno potesse finire. Domenica correrà alla Milano-Sanremo. «Quando gareggio non mi considero un ciclista con il diabete ma semplicemente un ciclista», afferma. Se il suo sogno - e quello di tanti altri ragazzi - si è avverato un po’ di merito va a Phil Southerland, co-fondatore e amministratore del team. Nel 1982, all’età di sette mesi, gli viene diagnosticata la malattia. A sua madre viene detto che difficilmente avrebbe raggiunto i 25 anni di età. Ovviamente, grazie a versioni di insulina sempre più a misura d’uomo, sopravvive e fin dall’infanzia fa del ciclismo la sua passione soprattutto per migliorare la gestione della malattia. Fonda una squadra, il Team Type 1 dove gareggiano atleti diabetici e non, in concomitanza con l’avvio del progetto Changing Diabetes di Novo Nordisk. Dall’incontro con i vertici dell’azienda nasce il team attuale. Oltre alla squadra composta da 18 ciclisti professionisti con diabete, provenienti da 11 differenti paesi, fanno parte del Team Novo Nordisk altri atleti di tutto il mondo tra cui triatleti e podisti, tutti con diabete. L’obiettivo è quello di ispirare, educare e incoraggiare le persone con diabete. Domenica, per la prima volta, la squadra degli atleti agonisti parteciperà alla prestigiosa corsa ciclistica. La prova che, grazie ai progressi della medicina e alla forza di volontà, il diabete può essere gestito in maniera ottimale e, come dimostrato dai successi degli atleti, non rappresentare un ostacolo al raggiungimento di obiettivi ambiziosi.

COSA MANGIARE PRIMA DI UN'INTENSA ATTIVITA' SPORTIVA?

I BENEFICI

Senza dover diventare per forza atleti professionisti lo sport, il ciclismo in particolare, rappresenta una vera e propria terapia per i diabetici. Come spiega Livio Luzi, direttore dell'unità operativa di endocrinologia e malattie metaboliche del policlinico San Donato di Milano. «I vantaggi sono tutt’altro che trascurabili. A livello psicologico fare attività fisica in maniera regolare migliora l’autostima, accresce la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità e aiuta a gestire al meglio la malattia, aspetto cruciale nel paziente diabetico». Benefici importanti che si aggiungono alle prime evidenze riguardanti l’effetto positivo dello sport nel rallentare la malattia. «Diverse ricerche che stiamo conducendo a livello internazionale mostrano che fare sport sembrerebbe migliorare l’aspetto auto-immune della malattia. Un motivo in più per muoversi», conclude l’esperto.



Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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