Si chiama takotsubo la condizione che può nascere a seguito di un grande dolore. Ma in un piccolo numero di casi potrebbe essere la felicità ad avere un impatto importante sul cuore
Come si può essere colti da crepacuore per un dolore, in un quattro per cento dei casi i sintomi del cuore spezzato possono prodursi per una grande, spesso inattesa gioia. Così è stata coniata una nuova definizione: la “sindrome del cuore felice”.
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SE LA FELICITÀ ARRIVA A SPEZZARE IL CUORE
Un passo indietro. Negli anni ’90 è stato individuato e “battezzato” con la parola giapponese takotsubo (alla lettera: cestello per il polipo) un temporaneo indebolirsi dei muscoli cardiaci e una contrazione del ventricolo sinistro che prende la forma simile appunto a una trappola per i polipi e che procura alla persona dolore al petto e mancanza del respiro. Tale situazione, anche letale, si vide essere concomitante con un grande stress emotivo, come dolore, rabbia o paura. Adesso sull’European Heart Journal ricercatori svizzeri della Clinica Universitaria di Zurigo hanno pubblicato uno studio dove mostrano che in alcuni casi è proprio la felicità se non a spezzare, anche solo a “deformare” temporaneamente il cuore.
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LA NUOVA RICERCA
Nel 2011 il cardiologo Christian Templin organizzò il primo Registro internazionale del takotsubo presso la Clinica Universitaria di Zurigo elencando 1.750 pazienti raccolti da 25 centri di nove diversi paesi. Su questo totale il gruppo di Templin ha isolato 485 persone in cui le cause scatenanti erano chiare, precise. Tutte di dolore. Tranne 20 casi (il 4 per cento del totale), 20 persone che erano state precipitate nel mal di cuore da eventi fortunati, come una festa di battesimo, il matrimonio di un figlio, la nascita di un nipote, una gran vincita al casinò, la vittoria della squadra sportiva preferitI. C’è da aggiungere che il 95 per cento dei pazienti colpiti da takotsubo (ed eventualmente portati di fretta al Pronto soccorso per un “evidente” attacco cardiaco) è costituito da donne, con un’età media di 65 anni tra i “cuori spezzati” e di 71 anni tra i “cuori felici”. In tutti i casi in età post menopausa.
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CUORE E CERVELLO FUNZIONANO COME UN TUTT'UNO
Ma come mai sia il grande dolore sia la grande gioia possono portare lo stesso scompiglio nel nostro ventricolo sinistro? Evidentemente perché questi sentimenti forti viaggiano sugli stessi percorsi emotivi nel sistema nervoso centrale, dicono i ricercatori. Sempre più si devono indagare i meccanismi che legano corpo-cervello, in particolare la relazione mente e cuore per i cui collegamenti al momento paiono avere ruoli primari l’amigdala e la corteccia prefrontale. «La una ricerca che non deve sorprenderci, anche se va approfondita», interviene la professoressa Donatella Marazziti, docente di Psichiatria all’Università di Pisa. «Certo, usiamo gli stessi meccanismi per la gioia e per il dolore, forse per il dolore con maggiore intensità. Per la gioia è un’esplosione di neurotrasmettitori eccitatori (dopamina e noradrenalina).
Ormai si sa del legame cuore-cervello, funzionano come un tutt’uno». Prosegue la psichiatra pisana: «I meccanismi cerebrali hanno degli organi-bersaglio che sono il cuore, l’intestino, i muscoli degli occhi e delle orecchie, i muscoli facciali… Per tutto questo si stanno approfondendo gli studi sul nervo vago del sistema parasimpatico, che è una delle due parti del Sistema nervoso autonomo. L’altra metà è il sistema simpatico che abbiamo sempre collegato a quello che ci dà la sveglia e che può produrre tachicardia. Il sistema parasimpatico è sempre stato visto come immobilizzazione, blocco, con un’azione sempre inibitoria che può provocare bradicardia, rallentamento dei battiti».
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COS'E' LA TEORIA POLIVAGALE?
Ma più di recente si è scoperto che il nervo vago possiede una parte eccitatoria e che forse “media” le emozioni. Quest’area rappresenta un'evoluzione riscontrabile solo negli umani, in parte nei primati più vicini a noi. «Si sta studiando la “teoria polivagale”», aggiunge Marazziti, «che unisce strettamente mente e corpo e pare che la porzione evoluta del nervo vago sia legato alle emozioni di cui parliamo. E influisce sui muscoli della fonazione, i muscoli delle espressioni facciali, il pianto come il canto, anche i muscoli dell’orecchio che diventa più ricettivo per la voce umana».
Serena Zoli
Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.