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Cardiologia
Serena Zoli
pubblicato il 20-07-2023

Le donne con fibrillazione a maggiore rischio di demenza



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Le donne con fibrillazione atriale sono a maggiore rischio di declino cognitivo rispetto agli uomini. Non ricevendo le giuste cure subiscono piccoli ictus silenti che minano la mente

Le donne con fibrillazione a maggiore rischio di demenza

Le donne con fibrillazione atriale hanno un declino cognitivo più rapido degli uomini con lo stesso problema. Ad affermarlo una ricerca presentata a un congresso della European Society of Cardiology e pubblicato su Alzheimer’s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association.

«I sintomi di fibrillazione atriale nelle donne vengono spesso ignorati dai medici oppure attribuiti a stress o ansia così da restare non diagnosticati per un lungo periodo di tempo mentre agli uomini di solito viene fatta la diagnosi e prescritta subito la cura», dichiara l’autrice dello studio, la dottoressa Kathryn Wood della Emory University di Atlanta (Usa).

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NECESSARI GLI ANTICOAGULANTI ORALI

Senza diagnosi, succede che «le donne non ricevono gli anticoagulanti orali per prevenire la formazione di coaguli di sangue e ictus causati dalla fibrillazione atriale. In queste donne grumi sanguigni possono andare in piccole vene cerebrali, causando una lenta perdita di funzioni mentali e un progressivo declino cognitivo». Continua la dottoressa Wood: «Le linee-guida della Società di Cardiologia europea raccomandano l’impiego di anticoagulanti orali, in caso di fibrillazione atriale, sia per le donne sia per gli uomini. E tuttavia sappiamo che è più difficile per le donne ottenere questi farmaci. È una delle ragioni per cui le pazienti possono avere piccoli ictus silenti che non vengono rilevati e danneggiano il tessuto cerebrale portando al decadimento cognitivo».

 

PIÙ RISCHI DI ICTUS INVALIDANTI

La fibrillazione atriale è il più diffuso disturbo del ritmo cardiaco, colpisce più di 40 milioni di persone nel mondo, le quali hanno un rischio moltiplicato per cinque di subire un ictus rispetto ai coetanei sani. Le donne hanno più sintomi di questo disturbo degli uomini e peggiori conseguenze, con un più alto rischio di morte e di ictus invalidanti. La demenza è più comune nel genere femminile che maschile. La fibrillazione atriale è associata con un più alto pericolo di declino cognitivo e di demenza, probabilmente per un rischio doppio di ictus silenti. La migliore prevenzione, come si diceva, sta nei farmaci che impediscono la coagulazione del sangue e possono così ridurre il rischio di demenza.

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UNA RICERCA SU 43MILA PERSONE

Lo studio di cui parliamo è il primo studio longitudinale che usa dati multicentrici per esaminare le differenze tra i sessi nella prevalenza di disturbi cognitivi e lungo la traiettoria che porta alla demenza. La ricerca ha incluso 43.630 persone di cui l’11 per cento – 4.593 – soffrivano di fibrillazione atriale e l’89 per cento – 39.037 – no. L’età media di 78,5 anni e il 46 per cento costituito da donne. È risultato che le donne con fibrillazione atriale avevano probabilità tre volte maggiori di presentare un lieve decadimento cognitivo o demenza alla partenza dello studio in confronto alle donne senza il problema cardiaco. Durante un controllo dopo quattro anni, si è visto che il 30 per cento dei partecipanti erano peggiorati cognitivamente e che il 21 per cento aveva sviluppato la demenza. Le associazioni tra fibrillazione atriale e più rapido declino cognitivo non erano significative statisticamente tra gli uomini.

Commenta il professor Leonardo Pantoni, ordinario di Neurologia all’Università di Milano: «Questo è uno studio epidemiologico, dunque può solo parlare di associazioni, non di cause. Sì, la fibrillazione atriale predispone alla demenza, è un fattore di rischio anche indipendentemente da un possibile ictus (per prevenirlo si impiegano farmaci anticoagulanti), questo si sapeva già, ora è una conferma».

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DONNE SOLE IN TARDA ETÀ

Dalla ricerca compare che nelle donne questo rischio è maggiore che negli uomini, si ipotizza che ricevano in percentuale minore la giusta terapia rispetto ai maschi. «È difficile spiegare perché, ovviamente un medico che si trovi di fronte una donna o un uomo darà la stessa cura – riflette il professor Pantoni. – È pensabile che le donne arrivino di meno dal medico. Su questo posso ipotizzare un fattore sociale: è provato che avere accanto un coniuge aiuta nell’occuparsi della propria salute. Forse è più facile per un uomo avere a fianco una moglie che lo sollecita a fare i controlli sanitari. Le donne vivono più a lungo, possono non avere vicino a sé chi le spinge ad andare “a farsi vedere” da un medico».

 

PICCOLI ICTUS SILENTI MINANO LA MENTE

Altra ipotesi avanzata da Pantoni: «Può anche essere che uomini e donne siano biologicamente diversi, ci potrebbero essere dei fattori fisici che predispongono maggiormente il genere femminile. Senza contare che le donne sopravvivono di più e l’età avanzata si associa più facilmente alla demenza». Ci sono poi i piccoli ictus silenti che, senza dare segnali, minano le funzioni cerebrali sul lato cognitivo. «E questi fenomeni sono età-correlati», conclude il professor Leonardo Pantoni. 

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Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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