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Donatella Barus
pubblicato il 12-08-2021

Malaria e zanzare: il gene drive funziona



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Per la prima volta la tecnica del gene drive è stata provata in ambienti che imitano l'habitat delle zanzare. L'obiettivo è portare al collasso la specie che veicola la malaria

Malaria e zanzare: il gene drive funziona

Un passo avanti straordinario nella lotta alla malaria. Lo aveva preannunciato alcuni mesi fa Andrea Crisanti, professore di microbiologia all’Università di Padova e al Dipartimento di Life Science dell'Imperial College di Londra: «Abbiamo dimostrato che la tecnica gene drive può portare alla scomparsa di femmine fertili, producendo il collasso di una popolazione di zanzare». In laboratorio. «Ora stiamo lavorando per riprodurre in spazi confinati situazioni ecologiche simili a quelle in cui si riproducono le zanzare: per luce, temperatura, umidità». L’esperimento ha funzionato. Per la prima volta si è dimostrato, anche in un ambiente sperimentale che simula fedelmente le condizioni di vita nell’habitat naturale, che la tecnica del gene drive può eliminare una popolazione di zanzare portatrici di malaria.

 

IL RISULTATO IN AMBIENTE SIMILE A QUELLO NATURALE

Il team, composto da ricercatori dell’Imperial College di Londra e del Polo GGB (Polo d’innovazione di Genomica, Genetica e Biologia) di Terni, ha modificato geneticamente una popolazione di zanzare della specie Anopheles gambiae, responsabile della gran parte dei casi di malaria in Africa sub-sahariana. Il tutto in un ambiente che riproduce quello tropicale in cui normalmente vivono questi insetti, dimostrando quindi che questo intervento sarebbe possibile ed efficace nel mondo reale e per un periodo di tempo lungo.

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LA TECNICA GENE DRIVE

In cosa consiste la tecnologia gene drive? Si tratta di tecniche molecolari per accelerare la diffusione di una caratteristica genetica desiderata all’interno di una popolazione. Nel caso delle zanzare, i ricercatori sono intervenuti su un gene chiamato doublesex, che determina se la zanzara diventerà maschio o femmina, e ne hanno alterato una regione coinvolta nello sviluppo del genere femminile. La modifica genetica così indotta e si propaga di generazione in generazione, produce uno squilibrio fra maschi e femmine, con la progressiva scomparsa delle seconde e quindi il collasso della popolazione. «I risultati dello studio – spiega il professor Andrea Crisanti – fanno prevedere che, rilasciando zanzare gene drive che selettivamente inattivano il gene doublesex, e quindi diffondendo l'infertilità femminile all'interno delle popolazioni di zanzare che trasportano la malaria locale, si possa arrivare al collasso dalla specie portatrice della malaria».

 

ANCORA DA LAVORARE PRIMA DEL RILASCIO IN NATURA

Significa che siamo pronti al rilascio in natura di zanzare genticamente modificate? Quasi, spiega ancora Crisanti: «Gli studi in queste condizioni ecologiche sono un passo importante verso il rilascio di zanzare che trasportano la trasmissione genica in natura, anche se dobbiamo tener presente che ci sono barriere di sicurezza e tecnologia da superare prima che sia possibile pianificare una sperimentazione sul campo, tra cui test di resistenza più completi e valutazioni del rischio ambientale». La speranza inoltre è di riuscire ad applicare questa tecnica, opportunamente adattata, ad altre specie portatrici di malaria o di altre patologie come la malattia del sonno, il West-Nile virus, la malattia di Chagas, la leishmaniosi.

 

LA RIFLESSIONE BIOETICA

Mentre si celebrano i risultati del gene drive, reso più praticabile da tecniche spartiacque come CRISPR-Cas9, ci si interroga sui profili bioetici di un intervento così drastico (di fatto, irreversibile) su una specie vivente. E sulle possibili conseguenze non volute. Si studiano varie tecniche basate su modifiche genetiche ereditabili, non solo per controllare o eliminare specie dannose per la salute umana ma ad esempio per aumentare le chance di sopravvivenza di specie in via di estinzione, anche di mammiferi, o per ristabilire un equilibrio in ecosistemi alterati da popolazioni invasive. Sono proprio i ricercatori che lavorano su queste tecniche i primi ad auspicare un dibattito etico «diffuso e serio», come precisato da Andrea Crisanti, poiché «abbiamo la responsabilità anche di condurre ricerche i cui scopi siano condivisi dall’opinione pubblica».

 

IL PARERE DEL COMITATO ETICO FONDAZIONE VERONESI

Il Comitato etico di Fondazione Umberto Veronesi si era espresso nel 2020 in un documento dedicato: «Per la prima volta nella storia, l’umanità dispone di una biotecnologia capace di alterare geneticamente o estinguere altre specie in modo mirato, rapido, efficace e quasi automatico». Questo scenario inedito impone una nuova capacità al mondo della ricerca: da una parte «esercitare una piena e matura responsabilità ecologica, riconoscendo valore alla biodiversità e adottando tutte le misure necessarie per assicurare che l’ulteriore ricerca, sviluppo e adozione di tali biotecnologie non comporti rischi e danni inutili per le altre specie, le stesse comunità umane, gli ecosistemi e l’ambiente». Dall’altra «raggiungere obiettivi della massima rilevanza per le persone e l’umanità intera ovvero di riconoscere il valore morale che l’impresa scientifica e il progresso tecnologico possono acquisire nel momento in cui i loro fine primario non è né il profitto, né la conoscenza fine a se stessa, ma la riduzione delle sofferenze umane».

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LA MALARIA

La malattia si trasmette tramite la puntura di zanzare Anopheles femmine infette che propagano i parassiti della specie Plasmodium, responsabili della malattia. L’infezione può avere conseguenze particolarmente gravi, soprattutto per i bambini piccoli, le donne in gravidanza, le persone immunocompromesse, le persone non immuni come migranti, viaggiatori e popolazioni nomadi. Nel 2019 si sono registrati 229 milioni di casi di malaria nel mondo, un milione in più rispetto all’anno precedente, e 409.000 vittime, in gran parte bambini sotto ai 5 anni (il 67% dei morti). La quasi totalità dei casi si registra in Africa. Nel mondo ci sono 3.500 specie di zanzare e si stima che una quarantina di esse possano fungere da vettori per la malaria

Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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