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L'esperto risponde
Elena Dogliotti
pubblicato il 06-04-2022

Le solanacee in cucina fanno bene o male?



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Patate, melanzane, pomodori e peperoni sono davvero da limitare a tavola? Facciamo chiarezza (scientifica) sulle solanacee

Le solanacee in cucina fanno bene o male?

Leggo spesso avvertimenti sulle solanacee, in cui si consiglia di evitarle o mangiarne poche. Ma altrove si dice che melanzane e pomodori fanno bene. aiuto, sono confusa...

Eleonora

(domanda pervenuta tramite form L'Esperto risponde)

 

Risponde Elena Dogliotti, biologa nutrizionista e supervisore scientifico per Fondazione Umberto Veronesi

Chi ha paura delle solanacee? In effetti c'è chi guarda con sospetto a peperoni, melanzane, pomodori, patate. È il caso di dire che anche gli ortaggi, talvolta, cascano nel pentolone delle fake news. cerchiamo di fare chiarezza, partendo dall'inizio: cos'hanno in comune melanzane, peperoni, pomodori e patate? Sono ottimi ingredienti della tavola mediterranea. E appartengono ad una stessa famiglia di piante, le solanacee, appunto.

 

CHE COSA SONO LE SOLANACEE?

Le solanacee comprendono ortaggi di cui consumiamo i frutti (pomodori, melanzane, peperoni) o la porzione tuberosa del fusto sotterraneo (patate) ma anche una serie di vegetali i cui estratti un tempo erano utilizzati come veleni ed oggi, a dosaggi titolati, come farmaci.

Il loro potere farmacologico e velenoso è dato dal contenuto di sostanze chiamate alcaloidi, tra cui è famosa l’atropina della Belladonna, utilizzata per esempio per aumentare la frequenza cardiaca e per dilatare la pupilla negli esami oculistici, o la scopolamina per rilassare la muscolatura intestinale in caso di coliche e spasmi.

 

SOLANINA SOTTO ESAME

Anche le piante commestibili di questa famiglia producono alcaloidi e lo fanno allo stesso scopo delle loro parenti velenose, ovvero difendersi dai parassiti e dagli insetti. Tutti contengono l’alcaloide solanina, in quantità variabili, maggiori nei frutti acerbi e nelle patate in fase di germogliazione, per questo motivo questi vegetali vengono spesso guardati con sospetto e accusati di favorire infiammazioni, problemi digestivi e intolleranze. Ma cosa dice la scienza?

Non ci sono ricerche che traggano conclusioni certe sulla correlazione tra il consumo di solanacee e maggior rischio di infiammazione. Riguardo a dolori articolari, disturbi digestivi e arrossamento della pelle attribuiti al consumo di questi alimenti, si tratta di segni e sintomi riferiti aneddoticamente, che andrebbero verificati da specialisti, magari con diete di esclusione controllate, in modo da evitare di eliminare a priori alimenti senza essere certi che siano davvero la causa dei disturbi. Per la maggior parte delle persone mangiare vegetali colorati e di stagione, comprese le solanacee, rientra nei principi di un’alimentazione sana e varia. Perché rinunciarvi?

 

PROPRIETÀ NUTRIZIONALI

Le solanacee, infatti, sono ricche vitamine, minerali, antiossidanti, fibre e composti antinfiammatori. I peperoni, per esempio, sono fonte di vitamina C, potente antiossidante e utile per assorbire il ferro dai vegetali. Quelli piccanti contengono capsaicina, un composto dalle proprietà antinfiammatorie e antidolorifiche. I pomodori, oltre che per la vitamina C, sono noti per il carotenoide licopene, un antiossidante studiato anche come potenziale antitumorale. Le melanzane e le patate viola prendono il colore dalle antocianine, composti molto interessanti per la ricerca sulla prevenzione del cancro e delle malattie cardiovascolari, sulla salute del cervello e sul microbiota intestinale. Tutte queste verdure contengono poi fibre alimentari, in particolare se vengono consumate con la buccia, importanti per la salute dell'intestino, per la regolazione del colesterolo e per l’effetto di sazietà (e quindi il contenimento dell’assunzione di cibo).

Elena Dogliotti
Elena Dogliotti

Biologa nutrizionista nata a Vercelli nel 1976 Laureata in Biologia all'Università degli studi di Milano e PhD in Scienze Alimentari all'Università degli studi di Milano. Svolge attività di ricerca nell'ambito della prevenzione delle malattie cardiovascolari e si dedica alla divulgazione scientifica delle buone abitudini alimentari.


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