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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 27-01-2021

In una biopsia cutanea un segnale della malattia di Parkinson?



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Documentata l'attendibilità del dosaggio dell'alfa-sinucleina nella cute delle persone con Parkinson. Un primo passo per frenare la progressione della malattia?

In una biopsia cutanea un segnale della malattia di Parkinson?

La diagnosi di malattia di Parkinson è ancora oggi una diagnosi clinica basata sui segni e sui sintomi, supportata da esami diagnostici come la SPET DaT SCAN, tuttavia una diagnosi di certezza si ottiene solo con l’esame microscopico del cervello, effettuato quindi post-mortem. Nelle fasi iniziali i sintomi sono spesso aspecifici e la malattia viene correttamente diagnosticata nel 50-70 per cento dei casi


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INDIVIDUATI 24 CASI SU 25

Sono partiti da questa premessa i ricercatori della Iowa State University, per sottolineare l’importanza di trovare un marcatore che permetta di identificare il Parkinson con certezza, possibilmente nelle fasi precoci. Il loro studio, pubblicato sulla rivista Movement Disorders, ha documentato l'efficacia in chiave diagnostica dell'esame di tessuto nervoso prelevato dalle ghiandole sudoripare dei malati. Adottando (e adattando) un metodo che era stato messo a punto, tempo addietro, per individuare la malattia della «mucca pazza», i ricercatori hanno sottoposto a esame 25 campioni di queste fibre nervose (tratte da pazienti defunti) di persone col Parkinson e 25 senza problemi neurologici, senza sapere se appartenessero all’uno o all’altro gruppo. Sono risultati correttamente individuati 24 parkinsoniani su 25, il 96 per cento. Charles Adler, uno dei ricercatori, ha commentato: «Il metodo usato sembra avere grandissima sensibilità e specificità, proprietà fondamentali per un test diagnostico».


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PER IL PARKINSON OBBIETTIVO CURE PRECOCI

A livello del tessuto cerebrale, la malattia di Parkinson è caratterizzata dalla presenza dei corpi di Lewy, aggregati di alfa-sinucleina nei neuroni della sostanza nera del cervello. Questi complessi di proteine, se mal «ripiegati», si accumulano nel cervello e provocano danni neurologici. I ricercatori sono partiti dall'assunto che - come dimostrato da precedenti ricerche - gli aggregati di alfa-sinucleina possono essere presenti in altri tessuti del corpo. Anche molto più superficiali e accessibili: come la pelle. Da qui l'idea di effettuare dei campionamenti sulla superficie corporea, per provare così ad anticipare la diagnosi. E, di conseguenza, la terapia. «Intervenire con dei farmaci nelle prime fasi della malattia potrebbe permettere di evitare maggiori danni cerebrali - dichiara il neuropatologo Thomas Beach, tra gli autori dello studio -. Ma i progressi in questa fase, finora, sono stati ostacolati proprio dalla mancanza di una certezza relativa alla diagnosi».


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Lo studio del nervo autonomico del paziente parkinsoniano mediante biopsia cutanea non è una novità. «La novità del lavoro sta nel fatto che è stata utilizzata una metodica molto più sensibile delle altre, con un’accuratezza diagnostica del 96 per cento: davvero molto elevata - commenta Anna Zecchinelli, direttore facente funzioni del Centro Parkinson dell’Asst Pini-CTO di Milano -. La biopsia cutanea, rispetto al prelievo di liquor o ghiandola salivare, ha il vantaggio di essere meno invasiva. Da tempo gli scienziati sono alla ricerca di un marker accessibile ed affidabile indicativo della malattia. Avendolo, si potrebbe intervenire nella fase precoce, ma forse anche prima che la persona si ammali. Per questo, però, occorre sviluppare farmaci che intervengano sulla progressione di malattia e non soltanto, come accade ora, sulla sintomatologia».

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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