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Neuroscienze
Serena Zoli
pubblicato il 27-07-2016

Quando l’aspirina è d’aiuto dopo un ictus



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Secondo uno studio pubblicato su Lancet, l’assunzione di aspirina ai primi segni di un ictus ischemico aiuta a contenere il danno, ma non in caso di emorragia

Quando l’aspirina è d’aiuto dopo un ictus

L’aspirina può frenare il danno di un ictus ischemico e il suo beneficio potrebbe essere tale da giustificare una revisione delle linee guida per le emergenze, tale da consigliare a chi presenta i segni di un ictus minore ed è in attesa dei soccorsi di prendere subito il farmaco, se ne ha la possibilità. Sono le considerazioni dei ricercatori dell’Università di Oxford, in Gran Bretagna, alla fine di uno studio pubblicato su Lancet e guidato dal professore Peter Rothwell.

IL TIA, SERIO ALLARME

Gli studiosi britannici hanno ripreso un loro studio precedente analizzando l’azione dell’aspirina in tempi diversi e hanno allargato di molto la revisione di altri studi insieme a colleghi olandesi dell’Università di Utrecht, tedeschi dell’Università di Duisburg-Essen, svedesi dell’Università di Lund prendendo in esame, in totale, i dati clinici di 16 mila persone trattate a lungo termine con l’aspirina dopo un primo ictus (prevenzione secondaria) e di 40 mila pazienti trattati con l’aspirina nella fase acuta dell’evento cerebrale. In caso di TIA (attacco ischemico transitorio) o di ictus minore, concludono, l’assunzione tempestiva di aspirina riduce sensibilmente il rischio di un ictus maggiore nei giorni o settimane seguenti. L’aspirina, si sa, diluisce il sangue, dunque è pensabile possa sciogliere o almeno ridurre la massa di un trombo o di un embolo che sta ostruendo un’arteria cerebrale e che impedirebbe l’irrorazione dei tessuti cerebrali, provocandone la morte. Questo dato, dicono, deve diventare oggetto di campagne di informazione pubblica


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UN INVITO ALLA CAUTELA

Va bene così? Domenico Inzitari, direttore della Stroke Unit dell’Ospedale di Careggi a Firenze avanza seri dubbi. Sulla base di una distinzione inoppugnabile. L’ictus fin qui considerato è l’ictus ischemico, per sbarramento del flusso ematico. Ma l’ictus può al contrario derivare da un’emorragia cerebrale. Di sangue che andrebbe fermato, piuttosto che diluito e, perciò, aiutato a spandersi. In questo evento la causa più frequente è la pressione arteriosa troppo alta che determina la rottura di vasi normali oppure malformati (aneurismi). E’ vero che per lo stragrande numero di casi l’ictus è ischemico, ma almeno in un 15 per cento di volte è emorragico.

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URGENTE SOLO IL 118

«Prendere l’aspirina subito senza sapere da che tipo di ictus si è colpiti?», si chiede il professor Inzitari, «Meglio invece non prendere niente, non perdete tempo, chiamate immediatamente il 118 che in tante località d’Italia manda ambulanze attrezzate dove si comincia già a trattare il paziente secondo protocolli specifici. Una volta in ospedale, via con la Tac, l’unico esame in grado di dire se la tipologia dell’ictus in corso è ischemica o emorragica. Se in effetti si tratta di un’occlusione cerebrale, interveniamo con la trombolisi per iniezione e si può anche operare per estrarre il trombo. Inoltre la trombolisi è più sicura se eseguita senza aspirina. L’aspirina? La usiamo in alternativa alla trombolisi». Anche le linee guida italiane, del resto «dicono di dare l’aspirina a tutti quelli che hanno un ictus sicuramente ischemico o un Tia», conclude Inzitari.


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I SEGNALI D’ALLARME

«I sintomi sono un’improvvisa perdita di forze a un braccio, la bocca storta, improvvisa difficoltà a parlare, può esserci perdita della vista o, ancora, la difficoltà a stare in piedi. Nel Tia tutto questo si risolve entro un’ora, di solito. Ma anche così resta l’imperativo di chiamare subito il 118».

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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