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Pediatria
Daniele Banfi
pubblicato il 15-02-2024

ADA-SCID: la terapia genica funziona e l'effetto è duraturo



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L'ADA-SCID si può curare con successo e in maniera definitiva. Fondamentale è la diagnosi precoce ma la malattia non è inclusa nello screening neonatale

ADA-SCID: la terapia genica funziona e l'effetto è duraturo

La terapia genica per la cura dell'ADA-SCID è efficace e il suo effetto dura negli anni. Ad affermarlo, dati alla mano, è uno studio pubblicato su Nature Medicine ad opera dei medici e ricercatori dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano: nei 43 pazienti trattati a partire dagli anni 2000, solo il 15% ha necessitato di ulteriori terapie. Ora che la "sfida" scientifica è vinta, il vero problema è nella diagnosi precoce: la malattia, attualmente, non è inserita nel pannello delle patologie rilevabili con lo screening neonatale.

CHE COS'È L'ADA-SCID?

L'ADA-SCID è una malattia rara che colpisce un bambino ogni 200 mila nati, 15 bambini all'anno in Europa. In questi piccoli il difetto genetico porta ad un mancato sviluppo di un sistema immunitario sano a causa di un deficit nella produzione di adenosina-deaminasi. Le persone che ne soffrono venivano spesso descritti come "bambini bolla" perchè in passato erano costretti a vivere in ambienti isolati per proteggersi dai patogeni. Ancora oggi, quando non viene trattata, l'ADA-SCID si rivela fatale entro il primo anno di vita.

COME SI CURAVA?

Nelle malattie dove manca il prodotto di un particolare gene, una delle strategie più utilizzate è la somministrazione del "prodotto" mancante. Nel caso dell'ADA-SCID la strategia è duplice: da un lato somministrare continuamente l’enzima mancante, dall’altro il trapianto di midollo da un donatore compatibile o parzialmente compatibile. Quest’ultima opzione però non sempre è efficace, è percorribile solo in un paziente su 5 e, in alcuni casi, può risultare addirittura fatale a causa di una reazione immunitaria difficilmente controllabile. Ecco perché, per ovviare a queste soluzioni temporanee, la terapia genica rappresenta una cura definitiva per la malattia. 

L'AVVENTO DELLA TERAPIA GENICA

Tecnicamente la terapia genica consiste nell'inserire all'interno delle cellule malate la copia funzionante del gene che causa la patologia. Ad oggi sono già diverse le terapie geniche utilizzate con successo come quelle per la beta-talassemia, la SMA1, l'emofilia, la leucodistrofia metacromatica e molte altre. Anche l'ADA-SCID rientra tra queste. Strimvelis, questo il nome commerciale del prodotto, è stata una delle prime terapie geniche sviluppate con successo. Una storia tutta italiana grazie al contributo dell'Istituto San Raffaele-Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano, Fondazione Telethon e GSK.

I RISULTATI A LUNGO TERMINE

Lo studio da poco pubblicato non ha fatto altro che confermare l'efficacia della terapia aggiungendo un importante dato sulla durata: i pazienti trattati con un'infusione sono, a distanza di anni, liberi dalla malattia. «In questo lavoro descriviamo come anche dopo la commercializzazione la terapia genica per l’ADA-SCID continui a essere sicura ed efficace, come già dimostrato nella fase sperimentale iniziata nel 2000. I pazienti sono tutti vivi e nella maggior parte dei casi non hanno avuto bisogno di ulteriori terapie curative dopo la terapia genica. La loro qualità di vita è migliorata sensibilmente, hanno potuto sottoporsi regolarmente alle vaccinazioni, andare a scuola e condurre finalmente una vita in comunità. Nei pochi casi - circa il 15% - in cui il trattamento non ha funzionato, siamo potuti intervenire con successo con il trapianto da donatore. Continueremo a seguire i nostri pazienti per almeno 15 anni dalla somministrazione della terapia per monitorare la sicurezza a lungo termine: questo ci permetterà di studiare anche aspetti ancora poco noti di questa malattia non legati all’immunità, come quelli neurologici e metabolici». ha spiegato Maddalena Migliavacca, immunologa pediatra e ricercatrice nell'Unità Operativa di Immunoematologia Pediatrica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

LO SCREENING NEONATALE

L’osservazione sul lungo periodo di questi pazienti ha messo in luce ancora una volta l’importanza della diagnosi precoce. Come spiega Maria Pia Cicalese, immunologa pediatra e ricercatrice dell’Università VitaSalute San Raffaele di Milano, «la risposta al trattamento è migliore quanto prima riusciamo a intervenire, perché si riduce l’arco di tempo in cui la malattia può danneggiare l’organismo. Grazie all’esperienza maturata in questi anni abbiamo migliorato il nostro approccio, i pazienti arrivano a sottoporsi alla terapia genica in condizioni migliori e questo ha un impatto anche sull’efficacia a lungo termine. Ecco perché è fondamentale che si diffonda quanto più possibile lo screening neonatale, un test che consente di identificare la malattia alla nascita e di intervenire prima che abbia determinato danni irreparabili. Purtroppo, però, siamo ancora lontani da un’applicazione di questo tipo di esame sull’intera popolazione». Attualmente in Italia né l’ADA-SCID né le altre immunodeficienze combinate gravi fanno parte del pannello nazionale di screening neonatale. Alcune regioni, però, hanno attivato dei progetti pilota: la prima è stata la Toscana, già nel 2011. Negli ultimi anni, la Campania e la Liguria hanno condotto dei programmi di screening a scopo di ricerca, così come l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova e il centro screening di Palermo. Le ultime regioni ad aver introdotto lo screening sono state l’Abruzzo, la Puglia e la Lombardia . Nel mondo, invece, tra i Paesi che hanno introdotto lo screening per questa patologia ci sono Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Svezia, Irlanda, Israele, Brasile, India, Stati Uniti.  

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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