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Pediatria
Caterina Fazion
pubblicato il 25-09-2023

Perché i casi di pubertà precoce aumentano?



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Lento aumento di casi di pubertà precoce nelle bambine, con impennata nei due anni di lockdown. I dati (e le ipotesi) di uno studio dell’Istituto Giannina Gaslini

Perché i casi di pubertà precoce aumentano?

I casi di pubertà precoce tra le bambine sono in aumento, come si è osservato negli ultimi anni, soprattutto nel periodo del lockdown. A rivelarlo uno studio dell'IRCCS Istituto Giannina Gaslini di Genova pubblicato sul Journal of the Endocrine Society.

La causa della pubertà precoce (la si definisce tale quando i segni dello sviluppo puberale si manifestano molto presto, prima degli 8 anni) sembra sia da ricercare nei cambiamenti degli stili di vita durante la pandemia, che non hanno fatto altro che enfatizzare un mutamento già in atto da molto tempo. Il peso corporeo aumenta, insieme all’utilizzo dei dispositivi elettronici, mentre diminuisce l’attività fisica.

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LO STUDIO

Lo scopo dello studio è stato valutare l’incidenza della pubertà precoce centrale idiopatica (ICPP), ovvero quella per la quale non è possibile reperire una causa organica alla base del quadro clinico, durante la pandemia di COVID-19 in Italia rispetto all’incidenza valutata nei 4 anni precedenti. Lo studio è stato condotto su 133 bambine che hanno ricevuto diagnosi di pubertà precoce centrale idiopatica rapidamente progressiva all’Istituto Gaslini da gennaio 2016 a giugno 2021. Cosa è emerso?

«Durante la pandemia di Covid-19 – sottolinea  la dottoressa Daniela Fava della Clinica Pediatrica ed Endocrinologia dell’Istituto Gaslini – il numero delle bambine che abbiamo valutato per sospetta pubertà precoce è aumentato di quasi l’80% rispetto ai quattro anni precedenti, e la percentuale di bambine a cui è stata diagnosticata la pubertà precoce rapidamente progressiva è stato del 30% più alto durante il periodo pandemico. Prima della pandemia, solo il 41% delle ragazze indirizzate al nostro Istituto per sospetta pubertà precoce presentava una forma rapidamente progressiva, ma durante la pandemia la percentuale è salita al 53,5%».

I dati del Gaslini confermano l’aumento del numero di pazienti segnalati per sospetta pubertà precoce durante la pandemia (aumento di 1,79 volte) e l’aumento dell’incidenza di Pubertà Precoce idiopatica rapidamente progressiva nello stesso intervallo di tempo (1,3 volte più alto rispetto al periodo precedente). Sono stati registrati 72 nuovi casi in 50 mesi (1,44 casi al mese) prima della pandemia rispetto a 61 casi in 16 mesi (3,8 casi al mese) durante la pandemia.

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

IL LEGAME CON IL LOCKDOWN

A differenza di altri studi italiani, quello dell’Istituto Gaslini ha analizzato i dati prendendo in considerazione un intervallo più lungo, in particolare il periodo tra marzo 2020 e giugno 2021.

«In questo periodo l’Italia ha subito un lockdown totale, poi parziale, e una riduzione delle attività (chiusura delle scuole, interruzione delle attività fisiche quotidiane, soprattutto quelle non competitive) rispetto ai dati di coorte annuali dei quattro anni precedenti», ricorda la dottoressa Fava.

Questo aumento di casi di pubertà precoce può essere considerato colpa del lockdown? «È ormai dagli anni ‘70 che si sta registrando un progressivo abbassamento dell’età del telarca – precisa la dottoressa Fava –, comunemente noto come bottone mammario, che rappresenta l’avvio dello sviluppo monolaterale o bilaterale delle ghiandole mammarie. Possiamo immaginare che il lockdown abbia accentuato un andamento già esistente».

 

IL RUOLO DEL PESO CORPOREO

Parlando dei possibili fattori scatenanti di questo fenomeno, l’indice di massa corporea (BMI), che è il rapporto tra il peso e l’altezza al quadrato, è sicuramente da tenere in considerazione.

«È stato riscontrato un BMI più elevato nelle ragazze con diagnosi di pubertà precoce rapidamente progressiva durante la pandemia, sebbene non statisticamente significativo», spiega Daniela Fava. «Questi dati sono in linea con il trend di aumento di peso registrato negli ultimi anni nei bambini. Un rapido aumento del peso corporeo è associato all’avanzamento dello sviluppo puberale e un aumento della massa grassa corporea, in particolare del grasso viscerale, sembra svolgere un ruolo importante in questo senso. In linea con quest’ultimo concetto, i cambiamenti nelle abitudini quotidiane durante la pandemia potrebbero aver modificato la composizione corporea in termini di distribuzione del grasso, anche senza causare un aumento significativo del BMI. Ricordiamo che tra le pazienti visitate durante i primi 15 mesi della pandemia, quasi il 90% aveva interrotto ogni attività fisica».

 

L’USO PROLUNGATO DEI TABLET

L’incremento del  BMI non è stato l’unico dato rilevato.

«Abbiamo anche osservato un uso prolungato di dispositivi elettronici – prosegue la dottoressa Fava –, che potrebbe aver influenzato i tempi di sviluppo puberale attraverso fattori diretti e indiretti come la luce che emana lo schermo che può alterare, attraverso le reti neuronali, il meccanismo che regola la pubertà, sistema ancora in gran parte da indagare. Le bambine con diagnosi di pubertà precoce durante il periodo pandemico hanno mostrato una media di due ore giornaliere in più, rispetto al periodo precedente, trascorse utilizzando dispositivi elettronici e 88,5% di queste hanno interrotto l’attività fisica programmata che svolgevano prima della pandemia. Nessuna bambina aveva avuto  il Covid-19 prima della diagnosi».

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I GENITORI PIÙ ATTENTI

Non si può però escludere il fatto che il maggior tempo trascorso dai genitori con i propri figli durante il lockdown possa aver favorito il riconoscimento di segnali precoci di avvio puberale; ciò potrebbe aver contribuito al maggior numero di bambine visitate per sospetta pubertà precoce durante il periodo pandemico. Questo ha anche accelerato la tempistica della diagnosi durante la pandemia, cioè è trascorso meno tempo tra la comparsa dei primi segni puberali e la diagnosi di pubertà precoce. Durante la pandemia, infatti, le bambine a cui è stata diagnosticata la pubertà precoce erano circa quattro mesi più giovani delle altre (sette anni e sette mesi, anziché  sette anni e undici mesi) otto anni). Tra i possibili fattori dell’anticipo puberale potrebbe non essere trascurabile il ruolo dello stress psicologico, delle tensioni familiari, della situazione economica e della possibile maggiore esposizione agli interferenti endocrini durante la pandemia.

«Sarà fondamentale, appena possibile, confrontare i dati provenienti da diversi Paesi che hanno subito diversi modelli di isolamento durante il lockdown – conclude la dottoressa Daniela Fava –, che potrebbero aiutare a evidenziare gli effetti di alcuni fattori di stress o di cambiamento nello stile di vita più di altri. Sarà interessante capire se, dopo la pandemia, siamo ritornati alla situazione precedente o se i valori sono comunque incrementati».

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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