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Alimentazione
Serena Zoli
pubblicato il 20-02-2015

Quanto ci rende deboli la sbronza di una sera



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Troppo alcol in poco tempo sconvolge il sistema immunitario. Tante le malattie nascoste nel bicchiere. L’età di maggior rischio a 20-25 anni

Quanto ci rende deboli la sbronza di una sera

Che anche la bevuta eccessiva di una sera faccia male è opinione abbastanza diffusa: rischio di cadute, di attaccar lite, rischio in particolare alla guida dell’auto. Ma i danni possono essere più estesi, e sotterranei: può venire sconvolto il sistema immunitario, che è il sistema di autodifesa del nostro corpo. L’allarme lo lanciano i ricercatori della Loyola University di Chicago dalle pagine della rivista Alcohol, a conclusione di un esperimento in cui hanno controllato i livelli di attività del sistema immunitario in giovani di 27 anni dopo un binge drinking. Che viene così definito: bere abbastanza da raggiungere o superare il livello di alcol nel sangue di 0,8 grammi per litro (oltre 0,5 è reato guidare). Otto ragazze e sette ragazzi si sono prestati alla prova bevendo in due ore 4 o 5 bicchierini di vodka e sottoponendosi a esami del sangue 20 minuti dopo aver raggiunto il picco di intossicazione, poi dopo 2 ore e, infine, dopo 5 ore.

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DIFESE GIU’

Racconta il dottor Majid Afshar che al primo controllo risultava un’aumentata attività del sistema immunitario, ma ai successivi esami il sistema risultava depresso, rallentato. Dunque, proprio quando tra l’altro aumentano i rischi di farsi male, anche parecchio, la stra-bevuta mette il corpo in difficoltà a riprendersi. Già studi  precedenti avevano trovato che il binge drinking allunga i tempi di guarigione delle ferite e rende i pazienti più predisposti alla polmonite e alle infezioni da catetere. Accanto alla possibilità, più frequente degli altri, di morire di morte violenta. Questo fenomeno del binge drinking coinvolgerebbe un americano su sei per quattro volte al mese.

Da noi non ci sono cifre, ma la bravata della bevutona, del “prendiamoci una ciucca”, fa parte del mondo giovanile. «Lo studio di Chicago è per giusta ammissione del ricercatore un’esperienza limitata: appena 15 persone coinvolte che non possono essere considerate un campione significativo su cui fare affermazioni definitive. Del resto è lo stesso dottor Afshar a dichiarare, con onestà intellettuale, la necessità di approfondire», osserva Emanuele Scafato, direttore dell'Osservatorio nazionale alcol dell'Istituto Superiore di Sanità e presidente della Società italiana di Alcologia.

 

«CIUCCA» E TUBERCOLOSI

«Tuttavia il risultato è rilevante: va nella direzione di quanto già si sapeva, che l’alcolismo cronico deprime il sistema immunitario e che è un fattore favorente malattie effettive come, per esempio, la tubercolosi. In questo esperimento si mostra che, a seguito di somministrazione acuta di alcol in quantità eccedenti le capacità metaboliche ed epatiche di smaltimento dell’alcol, ad un’iniziale apparente incremento della risposta immunitaria fa seguito in pochi minuti un aumento della concentrazione ematica di citochine, indice del fatto che il sistema immunitario è meno attivo».

Un’ulteriore evidenza delle strette connessioni tra l’alcol e i rischi per la salute che Scafato sottolinea come estremamente diffusi nei target più vulnerabili di popolazione: «I giovani non metabolizzano l’alcol fino ai 21 anni circa. Intorno ai 25 anni si completa il processo di maturazione del cervello che da una modalità cognitiva adolescenziale, prevalentemente emotiva, passa a quella razionale, tipica dell’adulto. Tutto l’alcol consumato tra i 12 e i 25 anni influenza e interferisce nel completo e corretto sviluppo cerebrale; in particolare il binge drinking, l’abitudine di bere 5-6 bevande alcoliche in uno tempo ristretto, espone i giovani a un danno tipicamente rilevato alle risonanze magnetiche in una zona cerebrale deputata all’orientamento e alla memoria, l’ippocampo, con deficit oggettivamente rilevabili».


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ETA’ CRITICA: 25 ANNI

Continua Scafato: «L’età di massima vulnerabilità del cervello all’uso di alcol e sostanze è posizionata intorno ai 25 anni, a 21 matura la capacità metabolica del fegato di smaltire l’alcol per cui è importante porgere queste informazioni al fine di favorire scelte informate che sono sempre personali». Per concludere il presidente della Società Italiana di Alcologia ricorda: «Il problema che può sembrare solo di salute o sicurezza è oggi in Italia anche di rispetto della legalità. Nessuno dovrebbe vendere o somministrare alcolici ai minori dei 18 anni. Un’ulteriore attenzione che oggi si impone nei luoghi di aggregazione giovanile, ma anche in famiglia per favorire una cultura di stili di vita e di consumo più salutari».

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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