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Daniele Banfi
pubblicato il 11-12-2014

Epatite C e nuovi farmaci: chi curare per primo?



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Approvato in Italia sofosbuvir. Gli elevati costi pongono i medici di fronte al dilemma: curare precocemente o assistere i casi gravi

Epatite C e nuovi farmaci: chi curare per primo?

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale arriva anche in Italia il via libera all’impiego di Sofosbuvir, la molecola sviluppata da Gilead in grado di eradicare il virus dell’epatite C, in associazione ad altri farmaci, tra cui Ribavirina, in sole 12 settimane nel migliore dei casi. Secondo i criteri stabiliti da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), in regime di rimborsabilità da parte del Sistema Sanitario Nazionale, a beneficiarne saranno i casi più gravi.

 

I NUMERI

Secondo gli esperti nel nostro Paese sono almeno 800 mila le persone colpite dal virus dell'epatite C. Un numero fortunatamente non più in costante aumento ma che continua a far paura. Perché il virus è subdolo. Può rimanere silente clinicamente per più di 20 anni, ma in realtà replica in continuazione, danneggiando progressivamente il fegato. Risultato? Cirrosi, cancro del fegato e, nei casi più fortunati, trapianto di fegato.

 

NUOVE MOLECOLE

Prima dell'avvento dei nuovi farmaci la strategia per combattere l'infezione era, ed è tutt'ora vista la difficoltà di accesso alle terapie innovative, l'utilizzo di un mix di molecole tra cui l'interferone. Quest'ultimo è finito da tempo sul banco degli imputati per i suoi effetti collaterali fin troppo marcati che, in molti casi, costringono il medico a sospendere la terapia. «Con questo approccio l'eradicazione del virus avviene nel 40% dei casi. Oggi però, grazie a nuovi farmaci combinati che agiscono direttamente sui meccanismi che il virus mette in atto per replicarsi, il successo può arrivare nel 90% dei casi e anche oltre, a seconda della tipologia di virus e dello stadio di malattia», afferma il professor Carlo Federico Perno, primario dell’Unità Complessa di Virologia Molecolare al Policlinico di Roma Tor Vergata.

 

IL PREZZO

Al momento il primo farmaco sbarcato sul mercato e approvato da AIFA è sofosbuvir. A partire dalla prossima primavera dovrebbero fare ingresso altri farmaci simili. Tutti sono accomunati dall’elevato costo: al sistema sanitario sofosbuvir costerà circa 35-40mila euro Per chi lo comprerà in farmacia, senza dover aspettare, quasi 75. Cifre importanti che allo stato attuale non consentono di trattare tutti i pazienti che ne avrebbero bisogno. 

 

INTERVENIRE PRECOCEMENTE

Fornire un dato attendibile sulle persone infettate in Italia è difficile. Un dato però è certo: oggi i malati da trattare subito sono 300 mila. Questi ultimi rappresentano solo la punta dell’iceberg. «Idealmente le persone da trattare sarebbero tutte quelle positive al virus dell’epatite C» spiega Perno. Idealmente perché sulla carta, nonostante il Ministero abbia sbloccato 1,5 miliardi di euro, i soldi non bastano. Chi trattare allora? «Il virus dell’epatite C è subdolo. L’infezione, spesso silente, con gli anni porta ad un danneggiamento progressivo del fegato che sfocia in cirrosi.

In questi casi il trapianto è l’unica soluzione. Il virus HCV può anche dare luogo a patologie non epatiche, come il danno renale, e anche favorire la crescita di tumori del sistema linfatico, a volte, paradossalmente, senza alterare le funzioni epatiche. Quindi, intervenire precocemente eradicando il virus prima che faccia danni è una priorità», spiega l’esperto. Ad oggi, secondo quanto ha stabilito AIFA, le persone che beneficeranno del trattamento sono quelle in cui la malattia è in fase avanzata.

 

DILEMMA

«Il costo di questi nuovi farmaci ci mette di fronte a un dilemma: trattare gli asintomatici o le persone con danno esteso? Ragionando in un’ottica a lungo termine la decisione più sensata sarebbe quella di curare subito il primo gruppo. Queste persone, non trattate, saranno i cirrotici di domani. Inoltre, i farmaci agiscono più efficacemente e rapidamente nei pazienti con malattia non troppo avanzata. I costi associati alla malattia e all’eventuale trapianto superano abbondantemente l’investimento fatto per curarli.

D’altro canto il trattamento dei pazienti con patologia avanzata, come i cirrotici, può fermare la malattia e ridurre il rischio morte. Insomma, idealmente dovremmo trattare tutti ma le risorse mancano. Dobbiamo mettere sul piatto della bilancia tutto ciò e decidere. Non è facile, ed è drammatico dover scegliere chi trattare sulla base dei costi e non solamente della necessità clinica, come un medico dovrebbe fare», conclude Perno.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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