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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 17-11-2015

Il caffè può proteggere dai tumori del fegato



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La caffeina, agendo sui fattori di crescita del cancro, ne frena lo sviluppo. Ma è eliminando il virus dell'epatite ed evitando l'alcol che si può fare davvero prevenzione

Il caffè può proteggere dai tumori del fegato

Come è stato per la carne poche settimane fa lo Iarc, l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro, nel prossimo maggio si esprimerà sul possibile ruolo del caffè nella genesi dei tumori del fegato. Un documento che a differenza di quanto si possa pensare potrà riservare diverse sorprese. Andando infatti ad analizzare la letteratura scientifica emerge che il consumo della bevanda potrebbe anche prevenire i tumori. Un esempio è quello del fegato. Secondo alcuni dati presentati al congresso della società americana per lo studio delle malattie del fegato (AASLD) in corso di svolgimento a San Francisco (Stati Uniti), il caffè sembrerebbe in grado di prevenire la ricomparsa dell'epatocarcinoma cellulare. Un piccolo risultato - considerato il numero delle persone coinvolte - che va a sommarsi alle numerose altre evidenze sul ruolo protettivo della bevanda.

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LO STUDIO

Per arrivare a questo risultato gli autori dello studio hanno analizzato nel tempo i comportamenti alimentari di 90 persone affette da epatocarcinoma cellulare. Dalle analisi, effettuate in un periodo compreso tra il 2002 e il 2012, è emerso che nelle persone che consumavano almeno tre tazzine al giorno la probabilità che il tumore si ripresentasse era notevolmente ridotta rispetto a chi non ne consumava affatto. Partendo da questo dato gli scienziati della University Hospital di Lipsia (Germania) hanno cercato di capire il presunto legame tra caffè ed effetto protettivo. Analizzando in vitro le cellule tumorali gli autori dello studio hanno scoperto che la crescita di queste cellule è mediata - tra i tanti fattori in gioco - dalla presenza di un fattore di crescita noto con il nome di adenosine-A2AR. Diversi studi hanno dimostrato che dal punto di vista biochimico la caffeina è in grado di contrastare l'attività di questo fattore. Ecco spiegato dunque il possibile ruolo protettivo del caffè.

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COSA SAPPIAMO SUL CAFFE'

Ma i risultati ottenuti dagli scienziati tedeschi sono solo gli ultimi di una lunga serie. Nell'ottobre 2013 uno studio pubblicato dalla rivista Clinical Gastroenterology and Hepatology, ad opera dei ricercatori italiani dell'Istituto Mario Negri di Milano, affermava che bere fino a 3 o 4 tazzine al giorno può far diminuire il rischio di sviluppare un tumore al fegato. Un'indicazione frutto dell'analisi di oltre 16 studi che hanno coinvolto complessivamente 3 mila casi di cancro. Il messaggio? Il consumo moderato di caffè ridurrebbe di circa il 40 percento il rischio di carcinoma epatocellulare, il tipo più comune di tumore del fegato, e se le tazzine sono più di tre il rischio diminuirebbe di più del 50%.

PER EVITARE IL TUMORE SERVE ALTRO

Anche in questo caso sul banco degli imputati sembrerebbe esserci proprio la caffeina. Il meccanismo però, secondo gli autori potrebbe essere differente: uno dei fattori di rischio per il tumore del fegato è il diabete. Dal momento che la caffeina sembra avere effetti benefici su quest'ultima patologia, ecco spiegato il presunto effetto protettivo. Attenzione però a non pensare che basti qualche tazzina di caffè per ridurre il rischio: i tumori primari del fegato sono infatti ampiamente evitabili attraverso sia la vaccinazione contro il virus dell’epatite B sia eradicando - oggi i nuovi farmaci lo consentono - il virus dell’epatite C. Non solo, anche la riduzione del consumo di alcol risulta essere fondamentale. Misure che se adottate potrebbero ridurre sensibilmente - molto di più del consumo di caffè - l'insorgenza di questo temibile tumore.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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