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Fabio Di Todaro
pubblicato il 28-11-2016

Emofilia A, terapie più efficaci coi derivati del sangue



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La terapia bio-tech colpisce di più il sistema immunitario nei primi mesi di terapia. In circa un terzo dei pazienti affetti da emofilia A grave si osserva uno sviluppo dell'inibizione contro il fattore VIII

Emofilia A, terapie più efficaci coi derivati del sangue

Fino a un secolo fa, anche una caduta dalla bicicletta poteva risultare fatale. Nella maggior parte dei casi i malati di emofilia, di fronte a un ginocchio sbucciato, erano considerati senza scampo. Colpa delle frequenti emorragie, dovute a un imperfetto processo di coagulazione del sangue. La causa della malattia rimanda infatti all'assenza (o al deficit) di un fattore di coagulazione (fattore VIII o IX). Fino a quando questi non sono stati prelevati dal plasma umano (fondamentale la svolta in materia di donazione di sangue raggiunta nella prima metà del '900) o creati in laboratorio (fattori ricombinanti), l'aspettativa di vita degli emofilici non superava i trent'anni. Oggi, invece, lo scenario è analogo a quella della popolazione sana. Le morti per emofilia, almeno nei Paesi occidentali, sono considerate un evento eccezionale.


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NELLE FORME GRAVI DI EMOFILIA A MEGLIO USARE I DERIVATI DEL PLASMA

Entrambe le opzioni terapeutiche sono di largo utilizzo, ma nei casi più gravi di emofilia A la massima risposta terapeutica si ha con l'utilizzo dei derivati del sangue. È questa la scoperta del primo studio randomizzato nel campo dell'emofilia, pubblicati sul New England Journal of Medicine. La ricerca, guidata da Flora Peyvandi (direttore del centro emofilia e trombosi) e Pier Mannuccio Mannucci (direttore scientifico) dell'ospedale Maggiore Policlinico di Milano e supportata anche dall'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) e dal Ministero della Salute, ha visto coinvolti 42 centri emofilia siti in 14 paesi di Europa, Nord e Sud America, Africa e Asia.


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LO STUDIO

Alla base dell'indagine - in grado di fornire il più alto livello di evidenza scientifica - c'era la volontà di capire come i diversi prodotti di trattamento (fattori di coagulazione prodotti in laboratorio oppure ricavati dal plasma) influenzano lo di resistenza alle cure. In circa un terzo dei pazienti affetti da emofilia A grave si osserva infatti uno sviluppo dell'inibizione contro il fattore VIII (l'attività del fattore ricombinante risulta inferiore all'uno per cento). Lo studio è stato condotto tra il 2010 e il 2015. Dei 251 pazienti arruolati, 76 hanno sviluppato un inibitore: 29 (su 125) erano stati trattati con i prodotti plasma?derivati, 47 (su 126) con gli analoghi ricombinanti. Da qui l'evidenza che ha portato i ricercatori a dimostrare come «il trattamento con prodotti ricombinanti generi un rischio di sviluppo dell'inibitore maggiore dell'87 per cento (quasi doppio, ndr) rispetto al trattamento con prodotti plasma-derivati».


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EMOFILIA DI TIPO A: QUATTROMILA MALATI IN ITALIA

Il risultato dello studio, denominato Sippet, è di cruciale rilevanza per i pazienti affetti dall'emofilia A. La forma più comune della malattia, dovuta all'assenza o al deficit del fattore VIII della coagulazione, colpisce oltre trentamila in Europa, quattromila soltanto in Italia. Evitare lo sviluppo dell'inibizione, che compare in circa un terzo dei pazienti e quasi sempre entro le prime venti iniezioni con il fattore VIII, rappresenta la maggior sfida nella gestione dei pazienti con emofilia A. Le emorragie possono essere trattate o prevenute grazie all'infusione endovenosa di concentrati di fattore VIII: ricavati dal plasma umano oppure ricombinanti. Ma quando si sviluppano forme di resistenza, dovute alla produzione di anticorpi da parte dell'organismo diretti contro il fattore VIII, il trattamento risulta inefficace e la gestione clinica dei pazienti più complessa. Nel tempo, infatti, l'eccessivo sanguinamento nei muscoli, nelle articolazioni o negli organi interni può portare allo sviluppo di artropatie invalidanti nei pazienti che soffrono di emofilia di tipo A. I risultati della ricerca, come dichiarato dagli stessi ricercatori, dimostrano che «se iniziassimo le terapie nei bambini con emofilia con il prodotto plasma-derivato invece che con il fattore ricombinante, potremmo dimezzare la resistenza alla terapia e garantire a molte più persone con emofilia una cura adeguata».


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LA STORIA DELLE TERAPIE

La «malattia dei Re», così definita perché diffusa tra gli eredi maschi delle famiglie regnanti europee, oggi non fa più paura. Oltre all'emofilia tipo A, c'è quella di tipo B (dovuta alla carenza del fattore IX). Questo significa che anche la più piccola ferita, sia esterna sia interna, non può rimarginarsi. Da qui le emorragie, anche in presenza di tagli quasi impercettibili. Un problema divenuto però meno rilevante con lo sviluppo dei diversi percorsi di cura. La prima tappa rimanda al 1977, quando fu individuata la desmopressina, molecola sintetica in grado di stimolare la produzione del fattore VIII. Fu grazie alla sua scoperta che si ridusse il bisogno di trasfusioni di sangue e i rischi di infezioni negli anni dell'esordio dell'Aids, in cui prese piede lo scandalo del sangue infetto. Oggi i derivati del plasma sono considerati sicuri, visto l'incremento dei controlli sul sangue donato, oltre che più economici. Quest'ultimo aspetto ha permesso nel tempo un migliore accesso alle cure anche nei Paesi più svantaggiati. Non per questo però si può fare a meno del prodotto ricombinante: è sì più caro, ma essendo sintetizzabile in laboratorio permette di fronteggiare i periodi fisiologici di calo delle donazioni.


@fabioditodaro


Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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