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Fabio Di Todaro
pubblicato il 14-07-2019

I vaccini da fare se si ha una malattia infiammatoria intestinale



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I vaccini sono importanti se si scopre di avere il morbo di Crohn o la rettocolite ulcerosa. Ma sono pochi i medici che li consigliano ai pazienti

I vaccini da fare se si ha una malattia infiammatoria intestinale

Le persone che soffrono di una malattia infiammatoria cronica intestinale - morbo di Crohn o rettocolite ulcerosa - hanno maggiori rischi di avere complicanze infettive se curati con farmaci che possono deprimere la risposta immunitaria. Per questa ragione, indipendentemente dalla loro età, rientrano tra le persone che dovrebbero essere vaccinate rispetto a sette diverse malattie: le epatiti virali (A e B), l'Herpes Zoster, la polmonite, l'influenza, il meningococco e l'Hpv. Il problema, però, è che sono ancora pochi i medici consapevoli (6 su 10) dell'importanza di promuovere le vaccinazioni tra questi pazienti. Una profilassi che dovrebbe essere gratuita, ma che in realtà tale non è in tutte le regioni italiane.

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MEDICI POCO INFORMATI

Ad accendere i riflettori sui bisogni irrisolti di questi pazienti sono i risultati di un'indagine condotta tra i gastroenterologi del Gruppo Italiano per lo Studio delle Malattie Infiammatorie Intestinali (Ig-Ibd), pubblicati sulla rivista Digestion. Gli autori hanno inviato un questionario a 198 specialisti, ai quali è stato stato chiesto di rispondere a 24 domande relative all'importanza della profilassi nelle persone alle prese con il morbo di Crohn o con la rettocolite ulcerosa e di riportare i dati delle vaccinazioni tra i loro assistiti. Se l'83 per cento degli specialisti considerava «molto importante» eseguire le vaccinazioni raccomandate nelle linee guida destinate a questi pazienti, soltanto il 55,6 per cento dei gastroenterologi aveva effettivamente dato l'indicazione alla profilassi al momento della diagnosi. I numeri sono risultati variabili anche a seconda della malattia da prevenire: con l'influenza in cima ai pensieri degli specialisti, al contrario dell'epatite A, delle infezioni da Hpv (negli uomini) e da pneumococco. Tra di loro, i gastroenterologi pediatri sono risultati più attenti all'argomento: per una maggiore dimestichezza con le vaccinazioni, rispetto a coloro che sono abituati a prendersi cura degli adulti.


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QUANDO VACCINARSI?

Se curate con farmaci immunomodulatori, le malattie infiammatorie croniche dell'intestino determinano una compromissione del sistema immunitario: da qui l'aumentato rischio di infezioni virali e batteriche. «Perciò le vaccinazioni andrebbero pertanto effettuate subito dopo la diagnosi e prima comunque di iniziare una terapia con il cortisone, con i farmaci biologici o con le thiopurine», afferma Giovanni Mazzola, responsabile dell'unità operativa semplice di co-infezioni del policlinico Giaccone di Palermo, tra gli autori dell'indagine. Anche la malnutrizione, comune in questa tipologia di pazienti, può spianare la strada al diffondersi di batteri e virus. Oltre alle malattie sopra citate, attenzione va posta nei confronti di eventuali infezioni latenti (riscontrabili al momento della diagnosi) da Hcv (l'agente eziologico dell'epatite C) e mycobacterium tubercolosis (la causa della tubercolosi). Nel primo caso, non esistendo un vaccino, in caso di presenza degli anticorpi specifici c'è l'indicazione ad avviare il trattamento con gli antivirali di ultima generazione (debellano la malattia in sole 8-12 settimane). La vaccinazione antitubercolare invece esiste, ma la sua efficacia e’ piuttosto bassa. Per cui, soltanto dopo aver riscontrato l'infezione, il paziente viene sottoposto alla profilassi antibiotica (isoniazide).

UN RICOVERO SU 4 DOVUTO A UN'INFEZIONE 

Il rispetto dei tempi è fondamentale, poiché prima dell'inizio delle terapie immunosoppressive i vaccini sono più efficaci e perché quello contro l'Herpes Zoster (è vivo attenuato) non può essere effettuato durante le cure. Oltre che per l'aumentato rischio di contrarre infezioni, la profilassi garantisce una maggiore sicurezza delle terapie. Rispetto a coloro che non hanno una malattia infiammatoria intestinale, e che non assumono i farmaci biologici nemmeno per curare altre condizioni, «in queste persone i vaccini a volte necessitano di cicli più intensi e duraturi», aggiunge Mazzola. Anche per questo la strategia ideale è quella di vaccinare tutti i pazienti affetti dal morbo di Crohn o dalla rettocolite ulcerosa al momento della diagnosi. In questo modo si ridurrebbero i ricoveri (uno su quattro di quelli che riguardano questi pazienti sono dovuti a infezioni) e li si proteggerebbe dagli eventuali rischi infettivi che accompagnano l'intervento chirurgico (a cui nell'arco di dieci è costretto a ricorrere un paziente su 3).


Di seguito l'elenco delle vaccinazioni raccomandate dopo la diagnosi di una malattia infiammatoria cronica intestinale:


Antinfluenzale (ogni anno)

Anti-epatite B (se alla diagnosi non si rilevano gli anticorpi nel sangue)


- Anti-pneumococcica


Anti-Hpv (nei pazienti under 26)


Anti-Herpes Zoster (se non si è avuta la varicella o il Fuoco di Sant'Antonio, almeno tre settimane prima della terapia immunosoppressiva)


Anti-epatite A (se non si è mai avuta prima l'infezione)


Anti-meningococco C (solo se si risiede in zone a più alta endemia)


Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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