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Ginecologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 30-07-2020

Donne, attenzione e memoria: la maternità non fa differenza



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Il «Mommy-Brain» può modificare le funzioni cognitive di una mamma. Ma una simile evoluzione è temporanea e non danneggia i bambini

Donne, attenzione e memoria: la maternità non fa differenza

Una donna (al pari di un uomo) può essere più o meno attenta, dotata o no di una memoria di ferro. Al di là di quella che è la situazione di partenza, tutte le aspiranti mamme possono però stare tranquille. Non sarà l'avverarsi del loro desiderio a compromettere le funzioni cognitive. Suonano come una rassicurazione le conclusioni di uno studio condotto da tre ricercatrici della Purdue University (West Lafayette), pubblicato sulla rivista Current Psychology. «Il cervello delle mamme? Non è diverso da quello delle donne che non lo sono», hanno messo nero su bianco le autrici: sgomberando il campo dal dubbio che la nascita di un figlio possa aprire una nuova fase per la salute cognitiva. 


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COSA SI INTENDE PER «MOMMY-BRAIN»?

Alla prova dei fatti, l'impatto del «Mommy-Brain» potrebbe essere dunque di gran lunga ridotto. Tipica del post-partum, la condizione è caratterizzata dal cambiamento di alcune funzioni cognitive. Questa evoluzione, secondo una parte della comunità scientifica, è legata alla nuova fase di vita a cui una donna è chiamata nel momento in cui arriva un figlio. Un passaggio involontario, ma quasi obbligato, visto l'obiettivo: togliere dalla testa tutto ciò che è in quel momento superfluo per trovare le energie da destinare al neonato. Secondo uno studio pubblicato nel 2016 sulla rivista Nature Neuroscience, a due anni di distanza dal parto le gestanti mostrano alcune alterazioni della materia grigia: nello specifico a carico delle aree coinvolte nei processi di cognizione sociale (l'attività mentale con la quale arriviamo a conoscere il mondo sociale) e dello sviluppo dell’empatia. Al di là di questo, però, l’evoluzione del «Mommy Brain» non è nota nel dettaglio. Ci sono mamme, per esempio, che dichiarano di sentirsi smemorate o che hanno difficoltà a seguire una conversazione (soprattutto se alle prese con il neonato). Altre che fanno invece fatica con la routine, al punto da dimenticare gli appuntamenti o da non trovare per giorni le chiavi della macchina. L’esperienza, a conti fatti, sembra essere molto variabile. Ma comunque quasi sempre transitoria. 

I CAMBIAMENTI DELL'UMORE POST-PARTUM 

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Le donne che vengono a conoscenza di questa possibilità, spesso si ritrovano ad affrontare con eccessito timore le ultime settimane di gravidanza e quelle subito successive al parto. Cercano spesso di mettersi alla prova, per capire se (e come) il «Mommy-Brain» stia modificando il proprio cervello. Si confrontano con altre donne nella medesima situazione o con il proprio ginecologo. Vanno - in maniera quasi compulsiva - a caccia di informazioni sulla Rete. In ogni caso, non occorre preoccuparsi. Secondo gli esperti, a conti fatti, questi «adattamenti» rientrano nella norma. E sono nella quasi totalità dei casi gestibili. È questo quanto dimostrato dalle tre firmatarie dell'ultimo lavoro (Valerie Miller, Lisa Van Wormer e Amanda Veile), al termine della valutazione della prevalenza del «Mommy-Brain» in due gruppi di donne con uno o più figli (60) e di altre (70) che non avevano mai affrontato l'esperienza della maternità. Sottoponendo loro una serie di domande mirate a valutare la soglia di attenzione, le autrici hanno scoperto che le eventuali variazioni della funzione cognitiva legate alla maternità tendono a scomparire con il tempo. E, in alcuni casi, le loro performance (la capacità di reagire a uno stimolo esterno, di orientarsi rispetto allo stesso e di far fronte a informazioni o stimoli contrastanti) possono superare quelle delle donne senza figli.


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PRECEDENZA AL RAPPORTO MAMMA-BAMBINO

Le ricercatrici non negano la presenza del «Mommy-Brain». Ma per compiere una valutazione più approfondita, hanno coinvolto nello studio donne divenute mamme da oltre un anno. Questo perché «nella maggior parte delle ricerche disponibili, i test di attenzione e di memoria sono stati eseguiti a poche settimane dal parto». E siccome è indubbio che la gravidanza e la maternità (soprattutto a causa delle alterazioni ormonali e degli squilibri del sonno che determinano) modifichino anche il cervello di una donna, hanno preferito registrare gli effetti a medio termine. Gli esiti ottenuti sono risultati in linea con quello che è il ruolo di una mamma. Interpellando loro, le ricercatrici hanno notato una ridotta attenzione (rispetto alle altre donne) nei confronti di ciò che non apparteneva al rapporto con il figlio. Nulla di cui stupirsi, però. «È normale che una donna che è chiamata a prendersi cura anche di un altro essere umano, dia la priorità ai bisogni di un bambino e non a tutto il resto». Anzi, con riferimento alle esigenze più piccoli, non si può escludere che «la maternità sia correlata a un aumento della soglia di attenzione»: considerata sempre accettabile, purché entro certi limiti. Oltrepassati questi, infatti, il rischio è quello che nella donna si accentuino lo stress e l'ansia, anche se in maniera immotivata.


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ATTENZIONE AL BENESSERE DELLA DONNA

Rassicurando le donne sull'evoluzione della funzione cognitiva nel momento in cui si decide di mettere al mondo un'altra vita, le ricercatrici hanno puntato l'attenzione anche sul contesto socioculturale che circonda ogni «nuova» mamma. «Coloro che sono stressate, spesso giudicate e con pochi supporti è più probabile che si sentano distratte e smemorate», è quanto si legge nel lavoro. Parole da tenere a mente a maggior ragione in una fase di instabilità come quella attuale. Non è escluso, infine, che il «Mommy-Brain» incida in maniera diversa anche a seconda di quelle che sono le abitudini culturali che caratterizzano la gravidanza e l'arrivo di un nuovo essere umano.

  

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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