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L'esperto risponde
Redazione
pubblicato il 05-09-2014

La toxoplasmosi è pericolosa durante la gravidanza?



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La toxoplasmosi è una malattia causata da un protozoo (Toxoplasma gondii) che può infettare moltissimi animali (mammiferi, uccelli, rettili e molluschi) e diffondersi tra essi attraverso l’alimentazione con carne infetta.

La toxoplasmosi è pericolosa durante la gravidanza?

Vivo in campagna a contatto con gli animali e sono in attesa di un bambino. Mi sento spesso stanca. Questo stato può essere riferibile alla gravidanza o a un sospetto di toxoplasmosi? Come posso saperlo con certezza? Beatrice N, Cremona

Risponde: Cristina Mussini (nella foto), Direttore dell’Unità Complessa di malattie Infettive, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena 

La toxoplasmosi è una malattia causata da un protozoo (Toxoplasma gondii) che può infettare moltissimi animali (mammiferi, uccelli, rettili e molluschi) e diffondersi tra essi attraverso l’alimentazione con carne infetta. Dall’animale, poi, il parassita può essere trasmesso all’uomo con il contatto diretto con le feci dell’animale malato, ma anche con il terreno in cui quest’ultimo abbia defecato, ma soprattutto mangiando carne non ben cotta. Il modo migliore per prevenire il contagio è quindi quello di lavare accuratamente le verdure dell’orto, avendo cura di lavare bene le mani dopo aver avuto contatti con esse, e cuocere bene la carne.

Non è sempre facile diagnosticare immediatamente nell’uomo la malattia poiché questa può avere un periodo di incubazione variabile da poche settimane ad alcuni mesi, tuttavia il sintomo stanchezza, che lei riferisce, è assolutamente aspecifico, quindi starei tranquilla. Per sua informazione, la toxoplasmosi si sviluppa di solito in due fasi: la prima in cui il parassita si può ritrovare nel sangue e nei linfonodi in forma direttamente infettante a cui segue il secondo periodo sintomatico, quello cioè in cui compaiono i disturbi.

L’ingrossamento linfoghiandolare, la stanchezza, il mal di testa, il mal di gola, un generale senso di ‘ossa rotte’, una lieve febbriciattola sono le manifestazioni più tipiche che potrebbero però essere facilmente scambiate con malattie più generiche e dalla sintomatologia simile, come uno stato influenzale. Più rari, ma comunque possibili, sono i casi in cui la toxoplasmosi primaria è complicata da sintomi più gravi, quali una infiammazione della zona visiva dell’occhio (corioretonite) e dell’encefalo, e da sintomi attribuibili a una malattia autoimmune che la conclamano in maniera un po’ più certa.

La toxoplasmosi è una malattia che va diagnosticata e trattata adeguatamente in qualsiasi persona insorga, ma rappresenta un rischio molto più elevato se a contrarla è una donna in gravidanza. Vi è infatti la probabilità che la malattia, passando attraverso la placenta, possa infettare anche il feto determinando possibili malformazioni nel nascituro, aborto spontaneo o morte in utero.

Per le donne è quindi determinante la prevenzione che consiste innanzitutto nel non assaggiare la carne mentre la si prepara o in fase di cottura, lavandosi le mani con sapone detergente dopo averla toccata e risciacquando abbondantemente. I più recenti studi, di cui uno in particolare che ha coinvolto diversi centri in Europa e due in Italia (Napoli e Milano), pubblicato sul British Medical Journal nel 2000, indicherebbe infatti proprio nella carne poco cotta il rischio più probabile di infezione.

Dopo la carne, molta attenzione va prestata anche ai lavori di giardinaggio o al contatto con il terriccio al termine dei quali, prima di toccarsi bocca e occhi con le mani, vanno adeguatamente lavate le mani. Anche frutta o ortaggi freschi vanno lavati (meglio sfregati) con cura sotto acqua corrente prima del consumo. In questi comportamenti pratici risiede, al momento, una delle più efficaci misure contro la malattia; non esiste infatti un vaccino che la possa prevenire in maniera assoluta.

Viste le sue implicazioni sul feto, sarebbe importante riconoscere la toxoplasmosi prima di una gravidanza; ciò è possibile con un semplice esame - il Toxo-test - che attraverso un prelievo di sangue consente di identificare la presenza nel siero di anticorpi specifici per toxoplasmosi, l’eventuale fase della malattia e di classificare la donna nella fascia ‘protetta’, ‘suscettibile’ o ‘a rischio’. Infatti se la toxoplasmosi viene contratta dopo le 16-24 settimane di gestazione di norma non arreca danni al bambino, sebbene sia necessario comunque eseguire indagini strumentali specialistiche per escludere possibili anomalie, mentre se il contagio del feto avviene nelle prime settimane aumentano i rischi che possa riportare idrocefalia, lesioni cerebrali che sono causa spesso di ritardo mentale ed epilessia, ridotta capacità visiva con conseguente possibile perdita della vista.

La rilevazione di immunoglobuline specifiche nel sangue - di IgM nella prima fase (che è anche quella più pericolosa per il nascituro) e di IgG nella seconda – consentirà di avere una possibile diagnosi di malattia. Dico possibile poiché anche nel caso in cui il test sia positivo agli IgM, l’infezione in gravidanza resta solo sospetta. Occorrerà eseguire test sierologici più specifici in centri di riferimento per accertare la diagnosi e impostare una eventuale terapia. Il bimbo, anche se apparentemente sano, dovrà comunque essere monitorato almeno per il primo anno di vita al fine di scongiurare possibili danni visivi e cerebrali che possono insorgere nel tempo. L’infezione della mamma non è contagio certo per il feto: si può infatti tentare di bloccare la trasmissione al bambino con un trattamento antibiotico con spiramicina, ben tollerato da mamma e bambino, o con combinazioni antibiotiche con primetamina e sulfadiazina che sembrano essere le più efficaci. 


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