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Redazione
pubblicato il 21-01-2021

Cancro: quando è utile la terapia cognitivo-comportamentale?



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Nel caso dei pazienti oncologici, la psicoterapia cognitivo-comportamentale è spesso usata quando l'ansia (e talvolta la depressione) non migliorano con il tempo

Cancro: quando è utile la terapia cognitivo-comportamentale?

La terapia cognitivo-comportamentale è un approccio di psicoterapia che si basa sull’idea che esista una complessa relazione tra emozioni, pensieri e comportamenti e che i problemi emotivi sono in gran parte il prodotto di credenze sbagliate che perdurano nel tempo grazie a meccanismi di rafforzamento.


La terapia cognitivo-comportamentale si propone di aiutare i pazienti a individuare i pensieri ricorrenti e gli schemi disfunzionali di ragionamento e d’interpretazione della realtà al fine di sostituirli o integrarli con convinzioni più funzionali. Questa è la parte «cognitiva» della terapia. Per raggiungere il risultato, il terapeuta può suggerire anche cambiamenti nel comportamento, in modo da modificarlo lentamente e in tal modo eliminare o attenuare il disagio provato in alcune situazioni.

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

Nel caso dei pazienti con cancro è spesso usata quando sono presenti alti livelli di preoccupazione e ansia che non migliorano con il tempo, depressione, problemi relazionali e sociali complessi. Nel concreto, gli interventi di psicoterapia cognitivo-comportamentale sono in genere brevi e focalizzati sullo specifico disturbo. Nelle sedute iniziali, paziente e terapeuta analizzano i pensieri, i sentimenti e i comportamenti in relazione a uno specifico problema per capire se sono irrealistici o inutili e per determinare l’effetto che hanno.


Dopo aver compreso quali sono quelli disfunzionali, lo psicoterapeuta propone cambiamenti positivi che possono essere integrati nella vita quotidiana per cercare una risoluzione. Può trattarsi di mettere in discussione pensieri e sostituirli con altri più utili. O riconoscere i comportamenti che fanno sentire peggio, cambiandoli gradualmente. Per esempio: se il pensiero della chemioterapia induce nausea anticipatoria, lo psicologo può suggerire delle attività da attuare nelle giornate precedenti la seduta. Ma anche alcuni accorgimenti nutrizionali.


In ogni sessione si discute di come si è messo in atto il cambiamento proposto e dell’impatto che questo ha avuto sul problema iniziale. Di volta in volta è possibile adottare aggiustamenti ai cambiamenti iniziali fino al raggiungimento degli effetti sperati. Uno dei maggiori vantaggi della terapia cognitivo-comportamentale è che, una volta terminato il trattamento, è possibile continuare ad applicare i principi appresi e in tal modo ridurre la probabilità che si ripresentino i sintomi.

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