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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 21-05-2019

Il cancro non è questione di sfortuna



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Il 40% dei tumori può essere prevenuto grazie allo stile di vita. Ammalarsi o meno non è una questione casuale. Ad affermarlo uno studio tutto italiano pubblicato su Nature Genetics

Il cancro non è questione di sfortuna

Cancro non fa sempre rima con sfortuna. Tutt'altro. Ad oggi è chiaro che almeno il 40% dei tumori è causato dagli stili di vita e dall'ambiente in cui viviamo. Attribuire allora il tutto ad una semplice questione di "sfortuna" non è affatto corretto. A dimostrarlo è uno studio tutto italiano -opera dell’Istituto Europeo di Oncologia, dell'Università Statale di Milano e della Federico II di Napoli- pubblicato sulle pagine di Nature Genetics. Il messaggio è chiaro: una delle alterazioni geniche più frequenti e importanti per lo sviluppo dei tumori, le traslocazioni cromosomiche, non avvengono casualmente ma sono prevedibili e provocate dall’ambiente esterno alla cellula. Un risultato importante che porta anche la firma della Fondazione Umberto Veronesi. A firmare lo studio il professor Piergiuseppe Pelicci - Direttore della Ricerca IEO e membro del comitato scientifico della Fondazione - e Fernando Palluzzi, ricercatore sostenuto grazie a un grant nel 2018.

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06-05-2019
CANCRO, UNA QUESTIONE DI MUTAZIONI

«Nel corso della vita, un uomo su 2 e una donna su 3 si ammalano di cancro -spiega Piergiuseppe Pelicci-. Perché? Un tumore si sviluppa quando una singola cellula accumula 6 o 7 alterazioni del DNA a carico di particolari geni: i geni del cancro. La domanda diventa quindi cosa causa quelle alterazioni. La ricerca di una risposta ha creato due scuole di pensiero: una che identifica la causa principale nell’ambiente in cui viviamo e nel nostro stile di vita, e l’altra che ne attribuisce l’origine alla casualità e dunque, in ultima analisi, alla sfortuna». Negli scorsi anni la rivista Science ha pubblicato alcuni studi, a firma di Bert Vogelstein e Cristian Tomasetti, in cui si afferma che due terzi delle mutazioni trovate nei tumori si formano durante la normale vita dei nostri tessuti, quando le cellule duplicano il proprio DNA per moltiplicarsi. Dal momento che queste mutazioni sono considerate inevitabili, perché dovute ad errori casuali, Vogelstein ha concluso che le stesse avverrebbero in ogni caso indipendentemente dall'ambiente e dallo stile di vita. A questa conclusione gli scienziati americani sono giunti monitorando le mutazioni fortuite delle cellule staminali ed escludendo le altre cause in grado di modificare la struttura dell’acido nucleico.

ELIMINARE I FATTORI DI RISCHIO

Ma se è vero che in taluni casi il rischio di andare incontro a un tumore lo portiamo nel Dna in maniera non del tutto chiara, è altrettanto concreta la possibilità di prevenire o quanto meno ritardare l’insorgenza di alcuni di essi utilizzando le armi che possediamo quotidianamente. Ad oggi conosciamo con certezza alcuni dei fattori ambientali che causano il cancro: fumo, alcool, obesità, inattività fisica, eccessiva esposizione al sole, una dieta ad alto contenuto in zuccheri e carni rosse o processate, e a basso contenuto di frutta, legumi e vegetali. La comunità scientifica concorda sul fatto che se tutti questi fattori fossero eliminati -e ciascuno è eliminabile- potremmo prevenire il 40% dei tumori.

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24-05-2018
LE TRASLOCAZIONI NON SONO CASUALI

«Con il nostro studio - spiega Gaetano Ivan Dellino, uno degli autori - mettiamo in discussione la casualità delle traslocazioni cromosomiche, uno dei due tipi di alterazioni geniche trovate nei tumori. Le traslocazioni sono la conseguenza di un particolare tipo di danno a carico del DNA, ossia la rottura della doppia elica. Come per le mutazioni, pensavamo che questo tipo di danno avvenisse casualmente nel genoma, ad esempio durante la divisione cellulare, come ipotizzato da Vogelstein. Al contrario, studiando le cellule normali e tumorali del seno, abbiamo scoperto che né il danno al DNA né le traslocazioni avvengono casualmente nel genoma. Il danno avviene all’interno di geni con particolari caratteristiche ed in momenti precisi della loro attività. Si tratta di geni più lunghi della media e che, pur essendo spenti (non stanno cioè producendo le molecole che trasferiscono la loro informazione: l’RNA), sono perfettamente attrezzati per accendersi (hanno cioè tutte le molecole necessarie, ma sono in pausa). La rottura del DNA avviene nel momento in cui arriva un segnale che li fa accendere, ed è indispensabile perché possano “srotolarsi” e produrre l’RNA. Studiando queste caratteristiche, possiamo prevedere quali geni si romperanno e quali no, con una precisione superiore all’85%. Tuttavia, non tutti i geni che normalmente si rompono daranno poi origine a traslocazioni (cioè alla fusione di due geni rotti), ma solo una piccola parte di essi, cioè quelli che sono più frequentemente a stretto contatto tra loro per coordinare la loro attività di accensione o spegnimento, all’interno di strutture particolarmente “appiccicose” del genoma (i cosiddetti Domini di Associazione Topologica). La questione centrale, che cambia la prospettiva della casualità del cancro, è che l’attività di quei geni è controllata da segnali specifici che provengono dall’ambiente nel quale si trovano le nostre cellule, e che a sua volta è influenzato dall’ambiente in cui viviamo e dai nostri comportamenti (per esempio dall’apporto di energia, dal tipo di microbi con cui conviviamo, dalle sostanze che ingeriamo, ecc.), non certo dalla sfortuna».

GLI STILI DI VITA CONTANO

«Questa scoperta - conclude Pelicci - ci insegna che la sfortuna non svolge alcun ruolo nella genesi delle traslocazioni e che, di conseguenza, non esiste base scientifica che ci autorizzi a sperare nella fortuna per evitare di ammalarci di tumore. Anzi, abbiamo ora un motivo scientifico in più per non allentare la presa sulla prevenzione dei tumori: nei nostri stili di vita, nel tipo di mondo che pretendiamo, nei programmi di salute che vogliamo dal nostro servizio sanitario». 

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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