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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 28-12-2023

Tumore della vescica: curarlo con un virus?



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I virus oncolitici, per anni testati con scarso successo, stanno tornando in auge grazie ad una miglior comprensione del loro meccanismo d'azione. Il caso di cretostimogene grenadenorepvec

Tumore della vescica: curarlo con un virus?

Nelle forme localizzate di tumore alla vescica, la somministrazione di un virus oncolitico (cretostimogene grenadenorepvec) è stata in grado di eliminare la malattia nel 64% dei pazienti trattati. Un risultato importante, presentato al recente congresso della Society of Urologic Oncology, che ha riacceso nuovamente i riflettori sull'utilizzo dei virus a scopo terapeutico nella lotta al cancro.

USARE I VIRUS PER ELIMINARE IL CANCRO

L'idea di utilizzare dei virus per cercare di eliminare le cellule cancerose non è affatto una novità. Dal momento che i virus per compiere il loro ciclo vitale devono infettare una cellula portandola alla sua distruzione, diversi scienziati hanno ipotizzato di poter utilizzare questi patogeni opportunamente modificati per ottenere lo stesso risultato solo nelle cellule tumorali. Se da un lato è relativamente semplice modificare un virus affinché riconosca ed infetti una cellula tumorale, dall'altro quest'ultima risulta particolarmente suscettibile alle infezioni poiché non è in grado di produrre molecole capaci di inibire l'azione del virus.

LE RAGIONI DEL FALLIMENTO INIZIALE

Nonostante queste caratteristiche, l'utilizzo dei virus oncolitici non ha mai realmente "sfondato". Pur ottenendo grandi risultati in modello animale, tale approccio si è sempre dimostrato poco efficiente quando si è passati a testarlo sulle persone. Non è un caso che ad oggi negli Stati Uniti solo una cura sia stata effettivamente approvata, ovvero T-VEC per il trattamento di alcune forme di melanoma in stadio avanzato. Una delle possibili ragioni del fallimento di tutti i clinical trials che si sono succeduti nell'arco dei decenni sembrerebbe risidere nel sistema immunitario. Grazie alla ricerca si è infatti compreso che i virus oncolitici infettano solo una piccola porzione del tumore. Ma il successo nei modelli animali era essenzialmente dovuto alla capacità del sistema immunitario di riconoscere ed attaccare il tumore in quanto attivato da quelle poche cellule distrutte dal virus. In altre parole il virus oncolitico, distruggendo alcune cellule tumorali, spianava la strada all'azione del sistema immunitario. Ciò non accadeva però nei clinical trials sulle persone in quanto l'utilizzo di queste terapie avveniva sempre in malati sottoposti a numerosi cicli precedenti di chemioterapia che riducevano l'efficacia della risposta immunitaria.

I RISULTATI NEL TUMORE DELLA VESCICA

Partendo da questo presupposto gli autori dello studio presentato durante il congresso della Society of Urologic Oncology hanno provato ad utilizzare un virus oncolitico in pazienti con tumore della vescica localizzato. Dalle analisi, effettuate nel trial clinico di fase III BOND-003 su 66 persone che non rispondevano ai trattamenti standard, è emerso che a 6 mesi dal trattamento l'utilizzo del virus è stato in grado di eliminare il tumore nel 64% dei casi. Non solo, nel 75% si è registrata una risposta completa alla malattia. Risultati importanti, seppur ottenuti su un numero contenuto di persone e per un periodo di tempo ristretto, che fanno ben sperare circa l'utilizzo di questo approccio.

LE SPERIMENTAZIONI IN ATTO

Ma le novità non finiscono qui. L'utilizzo dei virus oncolitici negli ultimi tempi, complice la scoperta dei meccanismi con cui essi agiscono in associazione al sistema immunitario, si sta intensificando sempre di più e ad oggi si contano circa 90 clinical trials in corso e in fase di partenza in combinazione con chemio e immunoterapia. Tra i più interessanti, ad esempio, c'è quello i cui risultati sono stati pubblicati lo scorso mese di ottobre sulla rivista Nature riguardanti un trial clinico di fase I sull'utilizzo del virus oncolitico CAN-3110 nel trattamento del glioblastoma. L'analisi ha dimostrato la capacità del virus di attivare il sistema immunitario. Non solo, i pazienti sopravvissuti più a lungo hanno mostrato una maggiore attività del sistema immunitario a livello del tumore. Risultati che fanno ben sperare e che potrebbero aprire nuovamente la strada all'utilizzo di questa strategia di cura per affrontare quei tumori che ancora oggi non riescono ad essere affrontati efficacemente.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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