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Alimentazione
Serena Zoli
pubblicato il 08-01-2024

Un cucchiaino di sale in meno per una pressione ideale



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Ecco che cosa succede alla nostra pressione arteriosa se riduciamo il sale in tavola. Per fare la differenza basta molto meno di quanto pensiamo

Un cucchiaino di sale in meno per una pressione ideale

Meno sale in tavola. Meno sale in tutti i cibi. E meno sale per tutti dato che in Italia consumiamo il doppio del cloruro di sodio consigliato, stando ai calcoli dell’Istituto superiore di Sanità. Cos’ha il sale di sbagliato? Fa alzare la pressione del sangue, che a sua volta è un fattore di rischio per malattie cardiovascolari. Se la regola fosse osservata, alcune persone potrebbero evitare, almeno per alcuni mesi o anni, di assumere farmaci antipertensivi. Sul tema è uscito uno studio sulla rivista Jama che ha analizzato un gruppo di 213 persone di età compresa tra 50 e 75 anni, sottoponendole a una settimana di dieta ad alto contenuto di sale (è il sodio l’elemento pericoloso, qui somministrato in 2.200 mg al giorno) e a una settimana a basso contenuto di sodio, 500 mg al giorno. Va ricordato che 1 grammo di sale contiene circa 0,4 grammi di sodio.

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QUANDO SCATTANO 8 MM DI MERCURIO IN MENO

Che cosa hanno rilevato i ricercatori nel loro esperimento? Nei sette giorni più “insipidi” il 75 per cento dei partecipanti all’esperimento si è trovato con valori di pressione più bassi, in media di 8 mm di mercurio (Hg). Questa risposta abbastanza uniforme nell’intero gruppo di soggetti si è verificata benché, volutamente, i volontari fossero stati scelti di diverse condizioni: quelli con pressione normale, con l’ipertensione controllata con i farmaci, con la pressione non controllata dalla terapia e con ipertensione non trattata. I ricercatori sottolineano che la riduzione della pressione dalla settimana con dieta a maggiore contenuto di sodio a quella con meno sodio si è verificato indipendentemente dallo stato dell’ipertensione e dall’impiego o meno di farmaci antipertensivi.

 

UN AIUTO AI FARMACI CONTRO L'IPERTENSIONE 

Norrina Allen, professoressa della Northwestern University che ha guidato l’esperimento, osserva che la diminuzione di sale scelta nella prova corrisponde a un cucchiaino da tè, una quantità “salutare”, dunque, da scalare nella dieta. Per la precisione 2.300 mg. E specifica: «Questa è la prima indagine a dimostrare che anche i pazienti già in cura con farmaci antipertensivi possono ottenere una ulteriore diminuzione dei livelli della pressione agendo sulla quantità di sale assunta. Il calo che si verifica, di 8 mm di mercurio in media, è comparabile a quello ottenuto dalla assunzione del farmaco».

 

LA MISURA GIUSTA? 5 GRAMMI AL GIORNO

«Attenti a non fraintendere che si possa far a meno delle cure antipertensive autoregolandosi con il sale – si preoccupa come prima cosa la presidente della Società italiana dell’ipertensione arteriosa Maria Lorenza Muiesan. La quale si affretta a ripetere che usare meno cloruro di sodio fa bene a tutti, e tutta la popolazione va incoraggiata a farlo. «Anche le più recenti Linee Guida della Società Europea dell’Ipertensione Arteriosa pubblicate da pochi mesi raccomandano che il consumo di sale debba essere inferiore a 5 g al giorno, equivalenti a poco più di due cucchiaini da tè. Al contrario, nel nostro paese il consumo di sale stimato è di circa 9 g per gli uomini e di 7 g per le donne. Bisogna dire che la maggior parte di sodio che ingeriamo viene dal cibo “processato” o trasformato, dalla conservazione degli alimenti, per non parlare del fast-food o dei panini mangiati in fretta al posto del pranzo».

 

SUI CIBI PRONTI CERCARE IL SODIO NELLE ETICHETTE

Questo è sale “invisibile”, di cui non ci rendiamo conto. La professoressa Muiesan, che è professore ordinario di Medicina interna all’Università di Brescia, specifica: «Sui cibi surgelati e conservati sono riportate etichette con gli ingredienti. Bisogna leggerle e vedere quanto sodio quell’alimento contiene per fare poi il conto corretto del sale che ancora possiamo aggiungere». C’è una dieta ideale per evitare l’ipertensione, che tende ad avanzare con l’età? «Sì, mangiare con poco sale, aggiungere potassio (che è contenuto in verdura e frutta) o sostituire parte del sale da cucina (cloruro di sodio) con sale modificato che contiene cloruro di potassio. Alla dieta va associata attività fisica, ed è opportuno mantenere il peso corporeo ideale. Infine, niente fumo: si pensi che una sigaretta provoca un aumento di 10 mm Hg circa di pressione arteriosa e tale effetto persiste per mezz’ora. Basti pensare a cosa può corrispondere il fumo nella giornata di un pacchetto di 20 sigarette!».

 

A CASA LA MISURAZIONE SI FA 3 VOLTE DI SEGUITO

Altra indicazione molto utile per un controllo costante della pressione arteriosa: come si misura? Risponde Maria Lorenza Muiesan: «Si misura 3 volte di seguito da seduti e si fa la media dei 3 risultati. Attenzione: se la prima misurazione è molto alta, è indicato non considerarla e proseguire con altre misurazioni. Se un paziente è iperteso, magari anziano e/o presenta altre malattie, ad esempio la malattia di Parkinson o il diabete mellito, è opportuno misurare la pressione arteriosa anche in piedi perché se questa si riduce più di 20 mm di mercurio, si tratta di ipotensione ortostatica, una condizione pericolosa che richiede subito l’attenzione del medico». Finiamo con l’indicazione dei valori ideali di massima (sistolica) e minima (diastolica) della pressione arteriosa. Risponde il sito della Società italiana dell’ipertensione arteriosa: «120/80 mm Hg». E intanto sollecita tutti a provarsi la pressione perché “in Italia sono circa 15 milioni gli ipertesi, ma soltanto la metà ne è consapevole”. 

LEGGI ANCHE: Le risposte veloci alle domande più frequenti sull'ipertensione

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Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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