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Daniele Banfi
pubblicato il 16-11-2017

Terapia genica: inizia l'era del «gene editing» direttamente nell'uomo



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Sperimentata per la prima volta "in vivo" una tecnica di correzione del Dna per cercare di curare una rara malattia metabolica. E' l'evoluzione della classica terapia genica. Attenzione ai facili entusiasmi: sicurezza ed efficacia ancora tutta da dimostrare

Terapia genica: inizia l'era del «gene editing» direttamente nell'uomo

Sperimentata per la prima volta al mondo una tecnica di correzione del Dna - il cosiddetto gene editing tramite Zinc Finger Nucleasi - per tentare di curare la sindrome di Hunter, una rara malattia metabolica. L'eccezionalità dell'evento - in realtà paragonabile come idea di fondo alla terapia genica - consiste nell'aver provato a correggere il difetto direttamente nell'uomo senza passare dalla modifica in laboratorio delle cellule malate. A darne notizia è l'Ucsf Benioff Children's Hospital di Oakland (California). I risultati circa la sicurezza e l'efficacia della cura non saranno disponibili prima di tre mesi.

CURARE INSERENDO IL GENE SANO

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Avendo la possibilità di leggere e decodificare il Dna, molte malattie che in passato non avevano una chiara causa oggi vengono classificate come patologie genetiche rare. Tutte sono accumunate da un difetto in uno o più geni. Il risultato finale che ne consegue è il manifestarsi della malattia. Partendo da questa osservazione l'idea che sta alla base della cura di questo genere di patologie si fonda sulla possibilità di andare a sopperire al mancato funzionamento di un determinato gene attraverso l'inserzione di una copia dello stesso ma perfettamente funzionante. Questo è il concetto di terapia genica, una correzione del «libretto di istruzioni» - il nostro Dna - che consente alla cellula di poter funzionare regolarmente. 

LA TERAPIA GENICA E' GIA' UNA CURA

Ad oggi dopo anni di sperimentazioni in laboratorio i risultati di questo approccio cominciano a farsi consistenti. Leucodistrofia metacromatica, ADA-SCID o sindrome di Wiskott-Aldrich sono, ad esempio, patologie che è possibile trattare proprio mediante terapia genica grazie ai pionieristici studi di dell'équipe di Luigi Naldini, direttore dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano. Non è un caso che il primo "farmaco" a base di terapia genica -Strimvelis, usato nell'ADA-SCID- sia tutto italiano.

DIFFERENZA TRA TERAPIA GENICA EX-VIVO E IN-VIVO

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Generalmente l'utilizzo della terapia genica può essere sviluppato ex-vivo e in-vivo. Nel primo caso si procede al prelievo delle cellule malate, alla loro trasformazione in laboratorio mediante l'inserzione del gene corretto e alla successiva infusione all'interno del paziente. Nel secondo caso invece il gene corretto viene direttamente veicolato nel paziente - senza passare dalle modifiche in laboratorio - «infettandolo» con appositi virus che fungono da «navetta». Mentre il primo approccio ha già dato grandi risultati, il secondo è ancora in fase di sperimentazione come nel caso dell'emofilia.

CORREGGERE DIRETTAMENTE IL DNA 

Se sino ad oggi la strategia principe è rappresentata dall'inserzione dell'intero gene funzionante tramite l'utilizzo di un virus - in-vivo o ex-vivo è indifferente - ora grazie a tecniche quali Zinc Finger Nucleasi, Talen e CRISPR-Cas9 è tecnicamente possibile correggere il Dna originale senza dover per forza inserire un gene proveniente dall'esterno. Una possibilità davvero allettante poiché attraverso questi metodi è possibile controllare più finemente l’espressione del gene corretto, distruggere i geni malfunzionanti e più in generale convertire direttamente il gene difettoso in gene funzionante. Tecniche - come CRISPR-Cas9 - che oggi vengono utilizzate non solo per la cura di malattie genetiche ma per alterare, ad esempio, il funzionamento del sistema immunitario pilotandolo a rispondere con più forza alle cellule cancerose.

PRIMA SPERIMENTAZIONE "IN VIVO"

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Nel caso specifico della notizia riportata l'eccezionalità consta nell'aver sperimentato per la prima volta nell'uomo l'utilizzo dela Zinc Finger Nucleasi direttamente in-vivo senza passare dalla modifica delle cellule in laboratorio. L'uomo, affetto da una patologia che rende incapaci le cellule epatiche di produrre un particolare enzima, verrà valutato nei prossimi mesi per capire se l'approccio in-vivo sia stato sicuro ed efficace. Se così sarà saremo di fronte al primo caso di terapia genica ottenuto in-vivo non più mediante inserzione del gene corretto bensì tramite la sua correzione.

 

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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