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Cardiologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 18-09-2018

L'aspirina non serve come prevenzione negli anziani sani



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Confermata l'efficacia terapeutica del farmaco in chi ha già subito infarti, ictus o interventi cardiochirurgici. Esclusi invece i benefici per le persone sane

L'aspirina non serve come prevenzione negli anziani sani

La prova, in ragione della solidità dei numeri che l'accompagnano, è destinata a cancellare con un colpo di spugna qualsiasi discorso futuro a riguardo. L'aspirina non è l'elisir di lunga vita per gli anziani, se sono sani. Assumerla a basse dosi a cadenza quotidiana, se in passato non si è stati vittime di eventi cardio (infarto del miocardio) e cerebrovascolari (ictus) e se non sussistono altre cause che potrebbero richiedere l'assunzione del farmaco, non rende più lunga (e di maggiore qualità) l'esistenza. Anzi: un uso smodato e fai-da-te è sempre da evitare, dal momento che l'assunzione aumenta il rischio di sanguinamenti (sopratutto a livello cerebrale e nel tratto gastrointestinale). 

L'ASPIRINA NELLA PREVENZIONE
DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI

UN RISCHIO MAGGIORE DI SANGUINAMENTO

Le conclusioni giungono da uno dossier pubblicato sul New England Journal of Medicine, a cui hanno preso parte oltre 19mila over 65 sani, suddivisi in due gruppi: a uno è stata prescritta l'assunzione quotidiana di aspirina, all'altro no. Obiettivo: indagare i rischi e i benefici determinati dal farmaco a basso dosaggio (cento milligrammi) in adulti e anziani le cui condizioni fisiche non ne richiedevano la somministrazione. I risultati, dopo un'osservazione durata in media quasi cinque anni, non hanno evidenziato alcuna utilità. Le probabilità di ammalarsi e di morire dei soggetti inseriti nel gruppo di intervento sono risultate indipendenti rispetto alla prescrizione dell'aspirina. In più è emerso l'aumentato rischio emorragico, che da solo basta a non giustificare l'assunzione della cosidetta «aspirinetta» a scopo profilattico. Una prassi in realtà sempre più diffusa, nel limbo creatosi in attesa di prove certe di un beneficio superiore al rischio.


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ASPIRINA E TUMORI

Il lavoro, vista l'ampia casistica di studio, rischia di avere un impatto significativo nella stesura delle linee guida per la prevenzione delle malattie cardiovascolari e neurodegenerative. «La ricerca sgombera il campo dai dubbi, una volta per tutte: l'aspirina non apporta alcun beneficio alle persone anziane sane», afferma Richard Hodes, direttore dell'Istituto statunitense di studi sull'invecchiamento. In più, ha aggiunto l'esperto, «tra le persone trattate con l'aspirina s'è registrato un lieve aumento dei decessi per malattie oncologiche, sebbene nei confronti di alcune di esse l'aspirina sembrava potesse avere un effetto protettivo»: con riferimento in particolare al tumore del colon-retto. Detto ciò, il farmaco può esercitare molteplici effetti farmacologici, in funzione della dose e dell’intervallo di somministrazione. Può determinare abbassamento della febbre, riduzione del dolore e dei parametri infiammatori. Oltre ad agire da antiaggregante piastrinico, peculiarità che ne ha sdoganato l'uso nella prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari.

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Lo studio «Aspree» ha coinvolto esclusivamente adulti e anziani sani, perché il beneficio dell'«aspirinetta» per la prevenzione secondaria degli eventi cardiovascolari (quella a cui si sottopone chi è già rimasto vittima di un infarto, un episodio di scompenso cardiaco, un intervento cardiochirurgico) non è in discussione. È per questo che l'assumono oltre sei milioni di italiani. Come ribadito in un position paper sull'argomento redatto dalla Società Italiana di Prevenzione Cardiovascolare (Siprec), «nel caso della prevenzione secondaria di eventi cardio e cerebrovascolari (infarti e ictus) il ruolo protettivo dell’aspirina e la sua supremazia sul rischio di sanguinamenti sono indiscussi». Ovvero cruciale nel determinare una significativa riduzione della mortalità, oltre a proteggere dal ripetersi di questi eventi. 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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