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Ginecologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 18-09-2014

La ricerca del Dna è più efficace del Pap test?



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Evidenziata una maggiore capacità di scovare il papilloma virus e predire il tumore della cervice uterina anche rispetto all’esame combinato

La ricerca del Dna è più efficace del Pap test?

L’obiettivo è chiaro: vincere la sfida contro il tumore della cervice uterina, nelle donne secondo soltanto a quello al seno, bruciandolo sul tempo. Per questo motivo, sebbene lo screening di massa abbia ridotto drasticamente i numeri,  patologi e clinici sono al lavoro per scovare in anticipo forme meno convenzionali della neoplasia.

Dopo cinquant’anni di dominio del Pap test, la consapevolezza che il tumore sia dovuto a una pregressa infezione da papillomavirus sta facendo crescere la possibilità di congedare il vecchio esame per uno più affidabile.

VIA LIBERA AL TEST DEL DNA PER L’HPV?

Ci vorrà ancora del tempo per mandare in pensione il Pap test, ma il solco pare ormai tracciato. Pochi mesi fa la Food and Drug Administration partendo dai risultati dell’Athena Study, ha dato il via libera all’uso del primo test del Dna su un campione di cellule della cervice uterina per la diagnosi del papilloma virus umano come esame di screening di prima linea del cancro della cervice, per le donne dai 25 anni in su: con la raccomandazione di usarlo da solo o in associazione al classico Pap test.

Adesso, dopo aver messo a confronto i dati tratti da un confronto tra due gruppi con oltre un milione di donne, un gruppo di ricercatori statunitensi ha concluso che la negatività al Hpv-test è un indicatore più efficace di basso rischio rispetto a un Pap test con le medesime conclusioni.

La notizia giunge da uno studio pubblicato sul Journal of the National Cancer Institute che ha preso in esame i dati tratti dalle donne, di età compresa tra i 30 e i 64 anni, sottoposte ogni tre anni al “co-testing” - simultaneo: Pap test e test per l’infezione da papillomavirus -per metterli a confronto con quelli relativi ai singoli esami.

Incrociando i dati relativi al rischio di sviluppare un tumore della cervice uterina, è emerso che un test per l’Hpv effettuato ogni tre anni con esito negativo ha un’efficacia preventiva maggiore (11 casi di malattia su centomila donne dopo tre anni) rispetto alle stesse conclusioni tratte dal Pap test (venti neoplasie) e pressoché identica a quella ottenuta mediante il test combinato effettuato ogni lustro (14 nuove diagnosi). 

PRIMO APPROCCIO

Le raccomandazioni attuali negli Stati Uniti suggeriscono di effettuare entrambi gli esami ogni cinque anni, nelle donne in età adulta. In Italia, invece, l’Associazione italiana di oncologia medica resta prudente e indica il Pap test come esame di primo livello, da effettuare ogni tre anni (dall’inizio dell’attività sessuale) e accompagnare con una citologia e un’eventuale biopsia soltanto in caso di esito anomalo.

Perché allora, nonostante le evidenze che provano una responsabilità diretta del papillomavirus nell’insorgenza del tumore della cervice uterina, l’utilizzo del test che ne rileva il Dna stenta a decollare? «In Italia il quadro è abbastanza frammentato, ma l’orientamento comune è quello di convergere verso l’Hpv test, come hanno già fatto la Toscana e il Veneto - afferma Antonio Perino, ordinario di ginecologia e ostetricia  all’Università di Palermo -. Rispetto agli Stati Uniti, però, mancano alcune indicazioni da parte degli enti regolatori: non tutti i test infatti sono parimenti affidabili». Il Pap test è dunque pronto ad andare in pensione? «Servirà del tempo prima di completare questa transizione e ci sarà ancora chi lo utilizzerà come test di specificità, per avere conferma nel caso in cui l’Hpv test abbia dato esito positivo».

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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