Chiudi
Neuroscienze
Fabio Di Todaro
pubblicato il 09-09-2013

Se la mamma è depressa anche il figlio rischia



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

Un recente studio conferma il danno a cui risultano esposti i figli delle donne colpite dal malessere. Emerge l'importanza, in termini di prevenzione, degli interventi di sostegno in periodo prescolare

Se la mamma è depressa anche il figlio rischia

Non soltanto un problema rilevante per la madre, ma anche un possibile ostacolo alla crescita e allo sviluppo mentale del proprio figlio: a prescindere dal sesso. La depressione post-partum - più spesso definita perinatale: intesa come episodio che si manifesta tra la gestazione e il primo anno di vita del neonato - rischia di condizionare non soltanto la vita della mamma, ma anche del piccolo appena nato. Irritabilità, disturbi del sonno, ansia e disturbi cognitivi possono manifestarsi prima dell’età scolare.

LA DEPRESSIONE PERINATALE

Il disturbo ha dei segni abbastanza riconoscibili. Oltre al manifestarsi in età immediatamente precedente o successiva alla nascita di un figlio, la depressione perinatale compare con pensieri negativi, angosce, paure, pessimismo e scarsa considerazione di sé. Nonostante ciò, l’esordio della malattia può essere mascherato. È frequente, infatti, che alcune manifestazioni depressive siano inizialmente confuse con i normali segni fisici legati al processo di adattamento della donna alla gestazione o alla fase subito conseguente al parto. Come intervenire? Con la psicoterapia e con i farmaci, sebbene questa ultima ipotesi sia spesso guardata con sospetto dalle donne, preoccupate dalle possibili conseguenze sul bambino nel corso della gravidanza e dell’allattamento.

LE RIPERCUSSIONI

La depressione perinatale - diffusa tra il 15 e il 20 per cento delle donne occidentali - può avere ripercussioni marcate e, a seconda dei casi, più o meno gravi, anche nel proprio figlio. La conferma di un dato condiviso già da qualche anno arriva da un recente studio prospettico pubblicato sulla rivista Jama Psychiatry. La ricerca, condotta su 1759 bambini canadesi valutati sei volte tra i cinque mesi e cinque anni di età, ha evidenziato le conseguenze della depressione materna sui figli. Con un aspetto in più, però, che poi è anche il più innovativo e interessante. L’utilizzo di strutture educative in grado di assicurare assistenza ai figli di mamme depresse aiuta il normale sviluppo psichico e promuove l’adozione di relazioni stabili con altri adulti, oltre ai genitori. «La depressione perinatale può influire sul benessere del bambino sia nel corso del primo anno di vita che a lungo termine, in età prescolare e scolare: in termini di difficoltà emozionali, comportamentali e disturbi cognitivi, con conseguenze negative anche sul rendimento scolastico - spiega Francesca Agostini, docente di psicopatologia dello sviluppo all’Università di Bologna -. Una delle conseguenze più importanti per una donna depressa nel periodo perinatale è rappresentata dalle difficoltà nell’occuparsi del bambino e nel relazionarsi a lui: pensieri negativi e pessimistici, umore depresso, stanchezza, perdita di interesse e piacere possono condizionare le capacità di prendersi cura adeguatamente del proprio bambino in un momento in cui la presenza della mamma è fondamentale per garantirne la crescita sana». Una donna  depressa può non accorgersi dei segnali del bambino, fare fatica a interpretarne il pianto, a consolarlo, a cambiarlo e lavarlo. Sono proprio le interazioni quotidiane caratterizzate da questi comportamenti a favorire nel bambino una predominanza di stati affettivi negativi, costituendo un significativo elemento di rischio per l’insorgenza a lungo termine di disturbi infantili.

IL RUOLO DELLA SALUTE PUBBLICA

Lo studio ha sottolineato come tutti i figli di donne depresse fossero esposti allo sviluppo di disturbi psichici (ansia e depressione, soprattutto). Tra questi, però, chi era stato sottoposto in maniera più precoce a interventi di assistenza in età prescolare, aveva sviluppato un rischio più basso, sebbene comunque superiore (fino a due volte) a quello corso dai figli di mamme non depresse. Un’evidenza che ha portato i ricercatori a ribadire l’importanza del sostegno - da parte di un parente, di una baby sitter o in un centro specializzato - in età pediatrica: più efficace se effettuato entro i 17 mesi di vita. «I servizi di cura destinati ai bambini dovrebbero essere inseriti tra gli interventi di salute pubblica - raccomanda Susan J. Bartlett, docente di psicologia dello sviluppo all’Università di Montreal e prima firma dell’articolo -. Soltanto in questo modo sarà possibile tamponare le conseguenze negative della depressione materna sullo sviluppo del bambino».

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina