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Oncologia
Caterina Fazion
pubblicato il 09-02-2024

Mio figlio ha un tumore: come dirglielo?



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I consigli dell’esperto su come comunicare la malattia oncologica ai più piccoli e come gestirla al meglio

Mio figlio ha un tumore: come dirglielo?

Fino a non troppi anni fa ai bambini colpiti da tumore la verità veniva omessa. Oggi invece, complici le speranze di guarigione nettamente aumentate, si è compresa l’importanza di informare anche i più piccoli di quanto stia loro accadendo. La mancanza di elementi per comprendere la realtà e adattarsi per affrontare un’esperienza difficile, infatti, costituisce la base di un meccanismo traumatico che va evitato. Scopriamo alcuni consigli per i genitori su come comunicare la malattia oncologica ai propri figli e come gestirla grazie al dottor Carlo Alfredo Clerici, medico specialista in psicologia clinica presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e docente alla Statale di Milano. Ecco in sintesi le sue raccomandazioni.

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DIRE LA VERITÀ

Per il bambino è fondamentale capire di avere una malattia così da poter affrontare in maniera consapevole la vita quotidiana, anche in un contesto sociale e scolastico. Un tempo “tumore” significava morte, oggi invece, grazie alla ricerca guarire da un tumore in giovane età è possibile nell'80% dei casi. Percentuale che raggiunge anche il 90% nelle forme di leucemia linfoblastica acuta, la neoplasia più frequente in età pediatrica. Utilizzare la parola tumore sarebbe importante, ma fa ancora paura, per cui non è scontato che i genitori se la sentano di pronunciarla davanti al proprio figlio. Tuttavia, i bambini, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno fatto esperienza di storie di malattie oncologiche con esito negativo, e anzi, scoprono cosa sia un tumore vedendo quello che succede a loro in prima persona. Capiscono che si tratta di un percorso fatto di sofferenza, ricoveri ospedalieri, paura, ma anche di cura del dolore e momenti di serenità, normalità e distrazione.

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I tumori dei bambini e degli adolescenti. Il presente. Il futuro

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ALLONTANARE LA SOLITUDINE

È importante far capire al bambino che la malattia che lo ha colpito è speciale e richiede cure più intensive che non possono essere fatte solo a casa, ma necessitano di numerose permanenze in ospedale. In questo caso la paura più grande dei bambini non è legata alla guarigione, ma al timore di restare soli, lontani dai propri affetti. È importante far loro capire che in ogni momento sarà presente uno dei due genitori che non lo lascerà mai. Il ricovero, infatti, richiede sempre la presenza di un genitore nel caso di minore, importante passo avanti che ha ridotto notevolmente il disagio sperimentato dai piccoli pazienti.

 

VIA IL SENSO DI COLPA

Non dobbiamo dimenticare che i bambini ragionano in una prospettiva centrata su se stessi e pensano che tutto quello che accade sia merito o colpa loro. Per questo motivo è importantissimo far capire al bambino che la malattia oncologica, che provoca così tanta sofferenza nei genitori e nei parenti, non è colpa sua, ma si tratta di incidenti che possono capitare alle cellule del nostro corpo.

 

CHI COMUNICA LA DIAGNOSI?

È compito degli oncologi, opportunamente formati, comunicare la diagnosi dapprima ai genitori, e in un secondo momento al bambino, sempre accompagnato da mamma e papà. È importantissimo far capire al piccolo pazienze che non esiste solo il problema, ma c’è un progetto fatto di terapie che hanno come obiettivo la guarigione. Creare una solida alleanza e un rapporto di fiducia tra clinici e genitori rappresenta un aspetto fondamentale sia per il bambino, sia per i genitori stessi che si trovano all’improvviso ad essere mamme e papà di pazienti malati di tumore. Solo collaborando con fiducia si riesce ad affrontare al meglio questo percorso. Esistono poi strumenti utili come ad esempio l’ebook interattivo "Te lo spiego io", costituito da filmati, giochi didattici e strumenti di apprendimento per accompagnare bambini e famiglie nel percorso di cura del reparto di Pediatria Oncologica dell'Istituto dei Tumori di Milano.

 

SAPER CHIEDERE AIUTO

I genitori non devono dimenticare che presso i centri della rete AIOP (Associazione italiana ematologia e oncologia pediatrica) si può accedere a percorsi di supporto psicologico per il bambino e per i vari membri della famiglia. La tenuta emotiva di un genitore rappresenta un punto cardine del progetto di cura a lungo termine. Trattandosi spesso di percorsi lunghi, anche in caso di fragilità economiche ed organizzative in molti centri c’è la possibilità di ricevere supporto sociale e un inquadramento dei propri diritti. Non bisogna mai vergognarsi di chiedere aiuto.

 

NON SOSPENDERE LA VITA

L'obiettivo delle cure è certamente la guarigione, che però non deve causare una sospensione della vita di questi bambini e ragazzi, ma deve comunque permettere loro di vivere una quotidianità significativa e soddisfacente anche durante le cure. Ad esempio garantendo la continuità scolastica per crescere, istruirsi e mantenere degli obiettivi e dei rapporti relazionali solidi che aiutano a ridurre l'angoscia legata all’ incertezza sul futuro. Spesso sono proprio i genitori che, guidati dal timore e dal senso di protezione, tendono a imporre molte restrizioni, ma i bambini e gli adolescenti sono capaci di vivere, giocare, andare alle feste, innamorarsi. Pur tenendo conto dei limiti imposti dalla malattia e dei consigli dei medici, è importante non mettere in stand by totalmente la propria vita, ma assecondarne gli aspetti di vitalità.

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LE CURE PALLIATIVE

Anche nei casi in cui le prospettive di guarigione si affievoliscono, il paziente continua a essere seguito e sostenuto con l’attivazione delle cure palliative che si occupano non solo di problemi clinici, ma anche dei problemi psicologici, sociali, spirituali ed etici del bambino e di tutto il nucleo famigliare. L’obiettivo è quello di soddisfare i bisogni del paziente e della sua famiglia per vivere la malattia con la più alta qualità di vita possibile. Non dimentichiamo infatti che tutti noi abbiamo diritto alla salute, sempre. Questo significa poter conservare una vita sensata fino a quando è vita.

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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