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Oncologia
Donatella Barus
pubblicato il 02-10-2023

No alla mammografia? Ecco le ragioni della prevenzione mancata



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Oggi resta una quota significativa di donne che non fanno la mammografia. Un'indagine di Fondazione Veronesi condotta da AstraRicerche ha chiesto loro il perchè

No alla mammografia? Ecco le ragioni della prevenzione mancata

La mammografia aiuta a ridurre le vittime di tumore al seno e a limitare le cure più invasive. Ma non tutte le donne in età da screening decidono di farla. Perché? Non possono o non vogliono? Siamo andati a chiederlo alle dirette interessate, con un’indagine condotta da AstraRicerche per Fondazione Veronesi

 

A CHE COSA SERVE UNA MAMMOGRAFIA PERIODICA

La mammografia è l’esame che permette di identificare lesioni tumorali anche molto piccole, prima che siano percepibili al tatto. Non è uno scudo contro il tumore, ma permette di ridurre il rischio di morte per carcinoma della mammella, di ridurre gli interventi invasivi e mutilanti e anche di risparmiare alle pazienti e al sistema sanitario iter terapeutici impegnativi. In Italia la mammografia è raccomandata e offerta gratuitamente a tutte le donne nella fascia d’età statisticamente più esposte, fra i 50 e i 69 anni.

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TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

 

CHI DICE NO ALLA MAMMOGRAFIA

Eppure una certa quota di donne non si sottopone a esami di screening. Sappiamo già, ad esempio, che nel 2021 il tasso di adesione all’invito allo screening mammografico organizzato è stato del 56% (dati Osservatorio nazionale screening). Con percentuali piuttosto diverse fra Nord e Sud, questo è un dato considerato accettabile secondo gli standard attesi. Ed è un dato che fotografa il comportamento delle donne in un arco di tempo circoscritto, un anno. Ci sono invece donne che non rimandano o ritardano o dimenticano l’appuntamento, ma proprio lo rifiutano, con una scelta duratura e persistente. Chi sono e che cosa pensano? Che cosa vorrebbero (e non hanno voce per chiederlo)?

 

LA RICERCA SU MILLE DONNE

L'indagine, condotta da AstraRicerche per conto di Fondazione Veronesi, ha coinvolto un campione di mille donne fra i 18 e i 65 anni. Ecco una sintesi dei risultati.

  • Negli ultimi 5 anni il 36% delle intervistate non ha mai fatto una visita senologica, il 37,5% mai una mammografia; ovviamente il dato varia con l’età. Anche considerando solo le donne sopra i 45 anni, che sono quelle a maggior rischio di tumore della mammella e perciò coinvolte nello screening, però restano l’11% delle 55-65enni e il 19% delle 45-54enni che non si sono sottoposte a nessuna mammografia in 5 anni (al Sud sono il 45%); il 24% e il 25% a nessuna visita senologica, così come il 38% delle 35-44enni
  • Tra le intervistate che si sottopongono a mammografia, quasi il 90% la fa con il Servizio sanitario nazionale, un 15% la fa privatamente, pagando personalmente i costi, e il 12% privatamente con una copertura assicurativa personale o familiare
  • Ancora palpabile l’effetto della pandemia. Il 45% delle donne afferma di avere interrotto completamente i controlli (9,3%) o di averne saltati alcuni (35,4%). Un dato elevato soprattutto al Centro Sud (solo il 47% ha proseguito come prima) e nella fascia d’età 45-54
  • Anche dopo l’emergenza COVID, il 22% per cento non ha ripreso (al Sud è il 26%, rispetto al 17-18% del Nord e al 21-22% del Centro), mentre un altro 25 per cento ha diradato i controlli
  • E per il futuro? Fra le over 44 l’87 per cento dichiara l’intenzione di fare una mammografia nei prossimi 3 anni (il 70% “certamente”, le altre “probabilmente”). Ma il 4% delle 55-65enni dice “sicuramente no”, così come il 2,3% delle 45-55enni. “Probabilmente no” il 3-4% delle over 45.
 

PERCHÉ NO?

Quali sono le ragioni per dire “no”? Più della mancanza di tempo e della difficile organizzazione personale a fare la differenza sono piuttosto il disagio per l’esame, la diffidenza e la sfiducia, le inefficienze (tempi lunghi, mancato invito), gli aspetti emotivi (paura dell’esito). 

Qui il grafico con tutte le motivazioni 

Più nello specifico: un terzo delle 45-54enni lo definisce un esame sgradevole o imbarazzante, fra le over 55, il 19% non ha ricevuto la lettera dall'ASL, altrettante hanno paura dell'esito, il 22% preferisce "non sapere". C'è poi una certa quota di sfiducia verso lo strumento, perchè "non è utile, dà falsi negativi" (18%) o è dannoso (12%).

 

CONOSCENZA DEL TUMORE AL SENO

Alle donne intervistate è anche stato chiesto quanto e cosa sapessero in tema di tumore al seno e prevenzione. Il 38% del campione ha un livello di conoscenza del tumore al seno, compresi i fattori di rischio, medio-basso o estremamente basso; sono soprattutto le più giovani ad avere le idee confuse.

Ad esempio solo il 5 per cento riconosce come errato il numero di 10.000 nuove diagnosi annuali in Italia (sono 55.700); solo un terzo delle intervistate sa che il numero delle diagnosi non è in diminuzione e che le prospettive di sopravvivenza in Italia sono migliori della media europea. Il 15 per cento pensa che a cinque anni dalla diagnosi la metà delle donne colpite dalla malattia non sopravviva (più le giovani delle cinquantenni). E sulla diagnosi precoce? Se la gran parte delle donne possiede la fondamentale consapevolezza che la diagnosi precoce migliora le prospettive di cura (85%) e di sopravvivenza (89%), c’è ancora un 8-10% che “non sa” e addirittura un 4-6% che pensa non sia vero. Più le giovani (il 5-6% ritiene che la diagnosi precoce non serva a migliorare le cure, l’8-9% che non serva a migliorare le chance di sopravvivenza) delle 50enni (2%). La fiducia nella diagnosi precoce è più alta nelle donne che si definiscono informate.

La conoscenza migliora con l’età. Fra i 18 e i 24 anni ben il 51% ha un livello di conoscenza estremamente basso o medio-basso; questa percentuale cala progressivamente con l’età, fino al 31% delle 55-65enni. Non ci sono grandi differenze geografiche o socioeconomiche, ma il grado di istruzione fa la differenza.

 

CONOSCENZA DEI FATTORI DI RISCHIO

Alla domanda Secondo Lei è possibile influire sulla probabilità di avere un tumore al seno, riducendola grazie a uno stile di vita salutare? Il 15% risponde con un secco “no” (23 per cento fra i livelli di istruzione inferiori, 11 per cento fra le laureate). Per la maggior parte il fattore di rischio da evitare è il fumo (64%), seguito da una dieta povera di vegetali e di fibra (56%), obesità, carni rosse, radiazioni UV, alcol (scelte dal 40-45% delle intervistate). Resistono le false credenze: per il 28% la riduzione del rischio passa dall’evitare i deodoranti antitraspiranti e per il 16,8% dall’evitare i reggiseni col ferretto (lo pensa ben il 24% delle 18-24enni). Appena il 15% del campione ha una conoscenza alta dei fattori di rischio, il 36% una conoscenza bassissima, che diventa il 43% per le 18-24enni e fra le donne con istruzione elementare o medie inferiori. Sui fattori di rischio e di protezione le idee sono molto poco chiare, con percentuali elevate di donne che rispondono “non so”. Il fattore più familiare e correttamente riconosciuto è l’allattamento al seno, protettivo se prolungato e in giovane età (il 9% delle ventenni pensa invece che aumenti il rischio!), mentre ancora il 13% pensa che il consumo regolare di 2 porzioni al giorno di latte e yogurt aumenti le probabilità di malattia (è ininfluente) e il 44% che un seno con tessuto fibroso e ghiandolare sia correlato ad una più alta probabilità di carcinoma (no, al massimo può complicare i controlli e rendere più complesso effettuare una diagnosi).

 

L'AUTOPALPAZIONE

Sebbene non ci siano prove della sua efficacia come strumento di screening, l'autoesame periodico del seno è raccomandato a tutte le donne, perchè è utiole per imparare ad osservare il proprio corpo e individuare cambiamenti per cui vale la pena chiedere consiglio al medico. Il 17,5 delle donne intervistate dichiara di non sapere come farla (26% delle ventenni, 12% delle over 55), il 28,8% pensa che la fa o la farebbe correttamente (ma fra loro più di un terzo non la fa o la fa una o due volte l'anno).

 

LA CONOSCENZA DEGLI SCREENING

Il 20% del campione non conosce i programmi di screening per il tumore al seno, (27% al Sud, 22% al Nord Ovest). Le risposte sono così distribuite:

  • 31% si li conosco e vi partecipo;
  • 12,9% li conosco, ho ricevuto invito ma non ho mai partecipato;
  • 16,9% li conosco, rientro per età ma non ho mai ricevuto invito;
  • 18,7% li conosco ma non rientro per età.

Fra le donne in età da screening, il 15% delle 45-55enni e il 10% delle 55-65enni non li conoscono; il 42% e il 35% non ha mai partecipato.

Le idee non sono chiarissime sulle fasce d’età coinvolte: se per la maggior parte sono indirizzati alle 40enni e 50enni, solo il 20% indica le donne over 60, il 15% indica anche le 30enni e per il 12% sono per tutte le donne in età fertile. Soprattutto le più giovani hanno conoscenze confuse. Il 24% del campione non sa che cosa prevedono i programmi di screening, solo il 41% indica correttamente mammografia ogni due anni.

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Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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