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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 19-10-2022

Screening mammografico: viaggio nell'Italia a due velocità



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Nel 2020, causa pandemia, solo la metà delle donne ha accolto l'invito a sottoporsi all'esame. Permangono ancora grandi differenze nelle diverse aree del Paese. Anche in Europa la situazione è a macchia di leopardo

Screening mammografico: viaggio nell'Italia a due velocità

Nel tumore al seno prima si arriva alla diagnosi, prima si interviene e maggiori sono le probabilità di superare la malattia. Per questo motivo qualsiasi intervento di diagnosi precoce è fondamentale. La mammografia, offerta gratuitamente grazie ai programmi di screening oncologico, serve prorpio a questo: intercettare la malattia sul nascere riducendo così la mortalità per tumore al seno. Eppure, nonostante questo esame venga offerto gratuitamente, nel nostro Paese permangono profonde differenze nell'adesione all'esame. Secondo i dati dell'Osservatorio Nazionale Screening nel 2020 solo la metà delle donne invitate, con profonde differenze tra Nord-Centro e Sud, ha aderito sottoponendosi all'esame. 

CHE COS'É LO SCREENING MAMMOGRAFICO?

In qualsiasi campo della medicina, prima si arriva ad una diagnosi certa e maggiori sono le probabilità di cura. Questo è particolarmente vero per i tumori. Per arrivare a diagnosticarli in tempo utile per essere trattati, un efficace strumento è rappresentato dagli screening oncologici, particolari esami offerti gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale volti ad intercettare la malattia in quelle fasce di età maggiormente a rischio. Quello mammografico si è dimostrato utile per intercettare i tumori il più precocemente possibile riducendone di conseguenza la mortalità.

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CHI PUÒ FARLO?

Lo screening per la diagnosi precoce del tumore mammario si rivolge alle donne di età compresa tra i 50 e i 69 anni e si esegue con una mammografia ogni 2 anni. In alcune Regioni si sta sperimentando l’efficacia in una fascia di età più ampia, quella compresa tra i 45 e i 74 anni. Se l'esame risulta "positivo", la donna viene chiamata per ulteriori accertamenti volti a chiarire se l'eventuale lesione presente è di natura tumorale. Una positività alla mammografia non equivale a una diagnosi certa di cancro al seno, anche se indica una maggiore probabilità di essere affette dalla patologia. Per questa ragione, in caso di un sospetto, al primo esame seguono ulteriori accertamenti diagnostici che, all’interno dei programmi organizzati di screening, consistono in una seconda mammografia, in un'ecografia e in una visita clinica. A questi esami può far seguito una biopsia per valutare le caratteristiche delle eventuali cellule tumorali. Soltanto al completamento di questo percorso si ottiene la conferma della diagnosi e, in caso di positività, si dà il via all’iter terapeutico.

QUANTO É UTILIZZATO IN ITALIA?

Nonostante la gratuità, l'adesione agli screening negli anni non è mai stata molto elevata e la pandemia ha peggiorato la situazione. Secondo i dati dell'Osservatorio Nazionale Screening nel biennio 2018-2019 in Italia è stato invitato l’86% della popolazione bersaglio (donne tra i 50 e i 69 anni), mentre nel 2020 solo il 64% con una riduzione relativa del 26% rispetto al biennio precedente, effetto legato alla pandemia. Ciò che però è particolarmente rilevante è l'adesione: quella "corretta", calcolata escludendo dal denominatore gli inviti inesitati e le donne che si sono sottoposte a una mammografia negli ultimi 12 mesi, cala in tutte le fasce di età e, complessivamente, nel 2020 è stata pari al 51%, registrando un calo relativo del 16% rispetto al biennio precedente. Andando a guardare le differenze regionali, nel 2020 l'adesione grezza all’invito, nonostante abbia sempre mostrato molte differenze tra Nord e Centro rispetto al Sud e Isole, si è caratterizza per un ulteriore ampliamento del divario a causa della pandemia. Al Nord l'adesione grezza si è ridotta dal 62% nel 2018-2019 al 59% nel 2020, registrando un calo relativo del 4,8%, mentre al Centro è diminuita dal 53% al 44%, registrando una riduzione relativa del 17,0%. Al Sud hanno aderito nel 2018-2019 il 39% delle donne invitate, mentre nel 2020 solo il 29%, con una riduzione relativa del 25,6%. 

IL FATTORE TEMPO

Ma l'adesione all'esame non basta. Il fattore tempo è tutto. Per funzionare infatti i programmi di screening devono essere veloci: il periodo di tempo che intercorre tra la mammografia e il momento in cui è possibile riferire il referto negativo o, per i casi con dubbio diagnostico, il momento in cui si effettua una seduta di approfondimento o l’intervento chirurgico, sono indicatori fondamentali della qualità di un programma di screening. Nel nostro Paese purtroppo, come ribadito nel documento dell'Osservatorio Nazionale Screening, «un gran numero di programmi di screening continua a essere in difficoltà nel garantire nel tempo la buona qualità di questi indicatori e i valori permangono ben al di sotto del livello accettabile». Un esempio? Per essere considerato un servizio efficiente, l'approfondimento entro 28 giorni dall'esecuzione della mammografia in caso di sospetto deve avvenire nel 90% dei casi. Per l'Italia, nel 2020, l'obiettivo è stato raggiunto solo nel 60% dei casi.

GLI SCREENING IN EUROPA

Andando ad analizzare i dati relativi alle campagne di screening in Europa, la situazione non è affatto omogenea. Innanzitutto le diverse campagne sono partite temporalmente in periodi molto differenti. Se in Italia si è iniziato nel 1990, nazioni come l'Austria hanno istituzionalizzato lo screening mammografico solo nel 2014. Per quanto riguarda le adesioni, secondo i dati riferiti al 2016 e dunque senza l'effetto pandemia, quanto accade in Italia è sovrapponibile a nazioni come Francia e Germania con tasso di adesione pari al 51% e 56% rispettivamente. Nazioni virtuose sono invece Slovenia, Danimarca, Finlandia e Olanda, con tassi di adesione superiori all'80%

SCREENING PERSONALIZZATI

Attenzione però a pensare che i programmi di screening mammografico siano destinati a rimanere tali. Secondo le nuove raccomandazioni della Commissione europea contenute nel documento "Un nuovo approccio allo screening oncologico" presentato lo scorso 20 settembre, per quanto riguarda il tumore al seno si raccomanda di estendere lo screening per il tumore della mammella dalle donne fra i 50 e i 69 anni a quelle dai 45 ai 74 anni, e di considerare misure specifiche per la diagnosi precoce nelle donne con seno denso. Indicazioni preziose in attesa di programmi di screening basati sulla stratificazione del rischio in base all'analisi della storia famigliare e della presenza di mutazioni nei geni predisponenti. Una stratificazione che abbiamo raccontato qui in occasione del recente congresso ESMO Breast 2022.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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