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Oncologia
Caterina Fazion
pubblicato il 01-12-2023

Tumore della prostata: quando aumenta il rischio di depressione?



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Quando la diagnosi di tumore della prostata coincide con un momento di vita particolare come l’inizio della pensione, l’impatto psicologico potrebbe essere particolarmente importante. La storia di Marco

Tumore della prostata: quando aumenta il rischio di depressione?

I cambiamenti che derivano dall'affrontare un tumore della prostata riguardano anche la sfera psicologica. A volte, quando la diagnosi e le cure coincidono con un periodo complesso e di transizione come ad esempio l’inizio della pensione, il rischio di cadere in depressione è dietro l'angolo. Marco, che si è trovato in questa situazione, ci racconta come ha affrontato la malattia e le sue conseguenze anche, e soprattutto, grazie al supporto psicologico.

 

L’IMPATTO DELLA DIAGNOSI

«Negli ultimi mesi del 2019, in procinto di compiere sessantotto anni e in attesa di andare in pensione a breve – racconta Marco – mi è stato rilevato un valore altissimo di PSA (antigene prostatico specifico). Con esami successivi è arrivata la conferma: si trattava di un carcinoma prostatico. La prima sensazione che ho provato, e che mi sono portato dietro per un po’, è che la sentenza fosse stata emessa: mi sentivo come un prigioniero nel braccio della morte. Questo atteggiamento così catastrofico derivava dal fatto che avessi vivide nella mente esperienze negative di amici e parenti. Il tumore della prostata ha però una percentuale di sopravvivenza piuttosto elevata e questo ho potuto constatarlo personalmente quando, subito dopo l’operazione, sono entrato in contatto con un gruppo di pazienti che come me avevano ricevuto una diagnosi di tumore della prostata ormai molti anni prima».

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I CAMBIAMENTI POST-OPERATORI

«Una volta subito l’intervento – prosegue Marco –, le preoccupazioni e le pressioni dettate da un naturale istinto di sopravvivenza sono scemate e sono così emersi più liberamente pensieri, emozioni e paure legate a cambiamenti, morfologici e funzionali, che il mio corpo stava subendo. L’incontinenza è stata la prima conseguenza ad emergere, ma fortunatamente si è risolta in pochi mesi: gli esercizi iniziati circa un mese prima dell’intervento volti a rinforzare il pavimento pelvico hanno aiutato un più rapido recupero. Ad ogni modo, l’incontinenza non mi è pesata, al contrario della disfunzione erettile. Mia moglie si è mostrata estremamente comprensiva, ma a me, soprattutto in passato, è pesato molto questo cambiamento che mi faceva sentire menomato. Insieme all’andrologo ho cercato di capire come risolvere questa problematica: le possibilità per tentare di recuperare la funzione erettile sono molteplici, ma non tutte vanno bene per ognuno di noi. Nel mio caso, il farmaco cialis non ha minimamente aiutato, mentre ho provato a utilizzare qualche volta il vacuum device (pompa a vuoto per l’erezione, ndr), ma in tutta onestà mi sembrava una forzatura per cui ho smesso di farne uso dopo breve tempo. Mi sono riproposto di fare un ultimo passaggio dall’andrologo per valutare altre soluzioni come ad esempio le iniezioni, ma vedremo. Attualmente sono consapevole del fatto che non sono più in grado di avere un’erezione, ma solo qualcosa che, seppur vagamente, ci assomiglia».

 

UN MOMENTO DI VITA PARTICOLARE

«I cambiamenti dettati da un tumore della prostata sono complessi da affrontare – riflette Marco –, ma quando a queste difficoltà si somma un momento di vita particolare, il disagio, il malessere e lo scombussolamento interno possono essere di molto accentuati. Nel mio caso i mesi successivi all’intervento hanno coinciso con il lockdown, che mi ha costretto a fare lezione ai miei studenti tramite un computer in un’aula totalmente vuota. Come se non bastasse, queste lezioni alienati sono state le ultime della mia carriera di professore universitario. A novembre del 2020, infatti, sono andato in pensione, con il rimpianto di non aver raggiunto i massimi livelli di carriera possibili. Questo sommarsi di situazioni hanno fortemente inciso sul mio umore: non riuscivo più a riconoscermi nella mia routine, dormivo molto e non provavo più alcun gusto per le cose della vita».

 

L’AIUTO PSICOLOGICO E FARMACOLOGICO

«Fortunatamente sono stato fin da subito disposto a chiedere un aiuto, non solo medico, ma anche psicologico», ricorda Marco. «Ho avuto un primo approccio con Europa Uomo Italia, associazione nata nel 2003 per difendere il diritto degli uomini ad essere informati a 360 gradi sul tumore della prostata, che mi ha permesso di conoscere e confrontarmi con altri uomini nella mia stessa situazione, e di avere un primo supporto psicologico. Successivamente, desideroso di intraprendere un percorso più strutturato, sono entrato in contatto con la dottoressa Simona Donegani, psicologa presso l’Unità Operativa di Psicologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori. Questo percorso individuale mi ha aiutato a mettere in luce le cose a cui tengo di più e che hanno più valore della mia vita, accettando la situazione in cui mi trovavo. Una cosa che ho molto apprezzato, infatti, è che la dottoressa non mi ha mai illuso quando si toccavano certi argomenti come ad esempio la disfunzione erettile. Il responso era chiaro e il cambiamento andava accettato, iniziando proprio da lì a ricostruire un’immagine di me valida, capendo cosa la malattia mi avesse tolto, quali parti percepissi come compromesse e soprattutto come ricostruirle, o quantomeno accettarle. Oltre all’aiuto psicologico che è stato fondamentale, nel mio caso mi sono avvalso anche di un aiuto farmacologico per migliorare il tono dell’umore».

 

LA PRESA DI COSCIENZA

«Il percorso psicologico mi ha aiutato a capire che la malattia non mi ha solo tolto – spiega Marco –, ma mi ha anche donato. Ad esempio ho imparato ad esprimermi e a confrontarmi con le persone in maniera molto più diretta, esplicita, senza filtri. Ho poi imparato a lasciare andare le cose meno importanti, stabilendo una scala di priorità e di valori. Ora sono in grado di percepire in modo più chiaro e più netto quello che mi succede e che mi circonda. Penso che sia un aiuto importante per gestire la propria vita».

 

CONFRONTO E PREVENZIONE

«Oltre a rivolgersi agli esperti – conclude Marco –, vorrei ricordare quanto sia importante potersi confrontare con persone che vivono, o che hanno vissuto, sulla propria pelle le medesime problematiche legate al tumore della prostata. Esistono associazioni di pazienti a cui potersi rivolgere, nel mio caso Europa Uomo, con la quale oggi collaboro condividendo la mia esperienza che spero possa essere utile ad altri pazienti per affrontare la malattia, e soprattutto per sensibilizzare alla prevenzione e alla diagnosi precoce. Tra gli uomini il tumore della prostata è uno dei più diffusi: non serve a niente nascondersi e non considerare la realtà, è piuttosto consigliabile sottoporsi a controlli periodici. Io stesso in passato ho peccato di leggerezza: sapendo di avere una certa familiarità con il tumore della prostata mi sono sottoposto ad alcuni controlli ma, una volta riscontrate delle anomalie, ho atteso per due anni prima di effettuare ulteriori approfondimenti che hanno poi permesso di diagnosticare il tumore. Controlliamoci senza posticipare e soprattutto senza vergogna, timore o reticenza».

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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